di Guglielmo Piombini
Dalle panche vuote delle chiese alla culle vuote. Ora la conferma viene anche da uno studio accademico pubblicato nel settembre 2005 da tre economisti statunitensi: Eli Berman, Giuseppe Ragusa (entrambi dell’University of California di San Diego) e Laurence R. Iannaccone (della George Mason University). La ricerca, intitolata appunto “From Empty Pews To Empty Cradles. Fertility Decline Among European Catholics” (Dalle panche vuote alle culle vuote. Il declino della fertilità tra i cattolici europei) ha l’obiettivo di stabilire, sulla base dei dati empirici, le cause del rapido declino della fertilità avvenuto nei paesi cattolici a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso.
I dati presentati dai tre studiosi sembrano dimostrare che il declino della fertilità sia fortemente correlato con il declino sociale della religione. Da un lato ha certamente influito il minor rispetto per il tradizionale insegnamento cattolico contrario all’aborto e al controllo artificiale delle nascite, e favorevole delle famiglie numerose. Gli autori però, più che gli aspetti teologici, mettono in evidenza le ricadute sociali della scomparsa di gran parte dei servizi sociali per l’infanzia e la maternità prestati un tempo dalle istituzioni cattoliche, perlopiù grazie all’opera di suore.
I tre ricercatori rilevano che prima del Concilio Vaticano II il cattolicesimo si trovava all’apice di un lungo periodo di sviluppo. In particolare nel secondo dopoguerra, dal 1946 al 1965, la crescita del cattolicesimo nel mondo era stata esplosiva, nell’aumento del numero dei battesimi, delle conversioni, delle presenze alla messa domenicale, dei preti, delle suore, delle scuole e degli ospedali cattolici.
In Italia fino al 1966 più del 70 per cento degli asili-nido e delle scuole materne erano gestiti da suore. Negli Stati Uniti, quasi il 50 per cento dei bambini cattolici frequentavano scuole cattoliche, mentre gli ospedali cattolici fornivano un quinto di tutti i letti ospedalieri della nazione.
Immediatamente dopo il Concilio Vaticano II tutti gli indicatori volsero però rapidamente al peggio. Si discute ancora oggi se il Concilio Vaticano II sia stato o meno la causa scatenante del fenomeno, ma l’esistenza della crisi postconciliare viene universalmente riconosciuta. Le statistiche ufficiali della Chiesa cattolica forniscono infatti una conferma dettagliata dell’improvviso calo delle forze a disposizione della Chiesa, con conseguente rapida diminuzione dei servizi scolastici, educativi ed assistenziali.
Negli Stati Uniti, ad esempio, il numero delle suore era cresciuto da 140.000 nel 1948 a 180.000 nel 1966, ma da allora è sempre sceso fino a 81.000 di oggi. Tra il 1962 e il 1992 gli ordini religiosi femminili si sono ridotti del 42 per cento, e di conseguenza sono calati i servizi da loro prestati: gli ospedali del 23 per cento, le scuole superiori del 15 per cento, le scuole elementari del 42 per cento. Simili tendenze si sono verificate in quasi ogni altro paese.
In definitiva, i risultati della ricerca sembrano dimostrare che il declino della religiosità, combinato con un calo dei servizi sociali per l’infanzia fornito dalle istituzioni cattoliche tradizionali, sia all’origine del pronunciato calo di natalità tra i cattolici occidentali. Il ruolo che il personale religioso ha svolto nell’incoraggiare la natalità è stato dunque tanto importante quanto sottovalutato. Paradossalmente, i voti delle suore di non avere figli propri sono più che compensati dai loro effetti sulla fertilità degli altri!