da La Verità, 7 aprile 2019 (Versione integrale)
di Maurizio Caverzan
Non l’aveva fatto ancora nessuno. Nessuno si era messo lì, a studiare il politicamente corretto. Origini, caratteristiche, scenari. Solo un costume e un linguaggio edulcorati o qualcosa di più solido e pregnante? Ad approfondire scientificamente la questione ha pensato Eugenio Capozzi, docente di storia contemporanea presso la facoltà di lettere dell’università «Suor Orsola Benincasa» di Napoli.
Politicamente corretto – Storia di un’ideologia(Marsilio) è lo studio più serio sull’argomento, uno studio nel quale fioccano le definizioni: «erede estremo del progressismo», «catechismo civile», «religione secolare».
Perché ha scritto un saggio sul politicamente corretto ora che sembra aver iniziato a declinare?
«Benché sfidato da forze di altro orientamento, il politicamente corretto continua a dominare il sistema dei media, della formazione universitaria, il linguaggio della politica e delle istituzioni. Sembra in declino, ma è in buona salute e condiziona il dibattito del mondo occidentale. Comprenderne la natura è utile perché oggi si tendono a considerare certe censure come semplici tic, eccessi di zelo della mentalità liberale. Siamo tutti d’accordo a rispettare le diversità e le minoranze, si dice, solo che i depositari del politically correct esagerano…».
Invece?
«Se si guardano con attenzione queste censure ci si accorge che siamo di fronte a un’ideologia diversa dal liberalismo e dalla democrazia: un sistema pervasivo e pericoloso».
Addirittura?
«Imbattendomi quotidianamente in qualche tempesta mediatica scatenata per un vocabolo o un pronome che offendeva questa o quella minoranza, sostituito da espressioni considerate più corrette, mi è venuto in mente il Ministero della verità di 1984 di George Orwell che modifica il linguaggio e la storia creando la neolingua e il bispensiero. È esattamente ciò che fa oggi la propaganda del politicamente corretto».
Non vedente, diversamente abile, operatore ecologico: quanto è importante la creazione di un vocabolario più dolce e liofilizzato?
«Si è cominciato a parlare attraverso eufemismi».
Sinonimo d’ipocrisia.
«Ora però siamo ben oltre questo. Prendiamo l’ideologia gender che considera l’identità sessuale come frutto di una scelta soggettiva e gli individui come esseri fluttuanti. Se fosse davvero così, dovremmo esprimerci in base alla rappresentazione che ognuno dà di sé stesso in quel momento: uomo, donna, nessuna delle due… Ogni volta dovremmo cercare i termini adatti. Ma se il linguaggio si soggettivizza, scompare il minimo comun denominatore indispensabile per dialogare».
Alcune correzioni sono rivelatrici: perché il termine migrante ha preso il posto di emigrato o immigrato
«Le persone che si muovono da un Paese a un altro sono emigranti o immigrati. Ma il relativismo culturale rifiuta l’idea stessa degli Stati con confini e sovranità stabiliti dal diritto internazionale, afferma che il genere umano è per sua natura nomade e che spostarsi da una parte all’altra del mondo è una condizione esistenziale. Anche in questo caso si assume la liquidità come carattere fondamentale delle comunità. Perciò non è lecito porre un freno agli spostamenti degli individui».
Tranne quando scappano dalla guerra, dalla povertà e dalla fame.
«Oltre all’argomentazione umanitaria, dietro l’immigrazionismo illimitato c’è un’altra filosofia radicata. L’occidente deve mescolarsi con le altre civiltà fino a creare un sincretismo nel quale l’umanità è un crogiuolo, una mescolanza indistinta di culture. Questo perché la way of life occidentale è un’eredità negativa per la protezione e la sicurezza delle persone. Ma è un altro dogma lacunoso».
«La pretesa universalistica dei diritti umani si ferma di fronte ai paesi islamici che praticano le più brutali aggressioni sulle donne e gli omosessuali. Le stesse femministe che in Europa vedono bigotti e reazionari ovunque, non dicono una parola su donne e gay lapidati e segregati nello stato del Brunei, in Iran o in Arabia saudita».
Perché in alcune prove elettorali in Europa e in America il politically correct arretra?
«Le élite occidentali hanno visto calare i loro consensi dopo la crisi del 2008 perché è caduta la fiducia nella globalizzazione».
Il fatto che all’apice della globalizzazione sia esplosa questa crisi avrebbe dovuto far riflettere.
«Questo è il problema. La modernità liquida come opportunità illimitata ha cominciato a perdere prestigio. Nuovi movimenti di opinione e partiti si sono contrapposti alle élite transnazionali. Ma il politicamente corretto incarna un potere stratificato. Negli Stati uniti ha vinto Donald Trump, ma il 95% del sistema mediatico, culturale e accademico gli è ferocemente avverso».
Quanto l’espansione del politicamente corretto deve al ruolo crescente dei cosiddetti radical chic?
«La nozione di radical chic è spesso usata in maniera impropria. Tom Wolf la coniò nel 1970 dopo un party nell’attico a Manhattan del compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, organizzato per raccogliere fondi in favore del movimento marxista leninista delle Pantere nere. Nella sua essenza, radical chic indica un appartenente alla borghesia della conoscenza che flirta con espressioni estremiste della politica, perché la concepisce in una veste estetica ed eticista, non basata su conflitti sociali ed economici. Il radical chic è l’embrione del buonista, il quale pensa che l’emergenza immigrazione si risolva con la bontà e che chi non accoglie tutti i migranti è cattivo e, di conseguenza, razzista».
Descrive il politicamente corretto come una forma di «catechismo civile» che opera attraverso dogmi, liturgie, precetti e anatemi quando si sfiorano temi come aborto, diritti delle donne, degli omosessuali, persone di colore.
«Le vecchie ideologie si fondavano sulla concezione dialettica della storia e della politica. Invece il politicamente corretto rifiuta la dialettica perché attribuisce al relativismo la capacità di assicurare una convivenza senza conflitti. Perciò, chi continua a non accettare i dogmi e i precetti della nuova religione non può avere cittadinanza nella discussione e va scomunicato perché è pazzo o finge».
Tra l’ugualitarismo postmarxista, il relativismo, l’ecologismo, la difesa delle minoranze e il multiculturalismo qual è l’ingrediente principale di questa nuova religione?
«Direi il relativismo culturale, dal quale deriva tutto il resto».
L’aveva capito papa Ratzinger?
«Esattamente, nasce tutto da lì. Anche la variante, più sofisticata e intransigente, dell’antiumanesimo ambientalista».
Che sarebbe?
«Quel pensiero che considera la difesa dell’ambiente non come condizione per una vita migliore dell’uomo, ma vede l’uomo stesso come un potenziale danno per l’ambiente. Il punto d’arrivo finale è la sparizione dell’uomo o la riduzione della sua presenza, per non collaborare all’inquinamento attraverso l’atto di consumare e produrre. Uno stadio di passaggio in questa direzione è l’antispecismo: essere esseri umani non è più un valore aggiunto rispetto alle altre specie animali».
Come vanno letti il movimento Me too e quello in difesa del clima trainato da Greta Thunberg?
«Sono due fenomeni d’immediata valenza precettistica, traducibili in prescrizioni di comportamenti ipocritamente redentivi. Il Me too è la trasformazione definitiva del femminismo in ideologia. Un élite di donne al potere nelle professioni e nella politica combatte, dietro una maschera buonista, la propria battaglia per sconfiggere i maschi oppressori. Il gretismo è la sublimazione delle borghesie Ztl purificate che additano come ignoranti e volgari coloro che continuano a occupare il mondo con pretese di qualità della vita migliore per sé e i propri figli. È un nuovo farisaismo ambientalista».
L’occidente non è esente da colpe avendo prodotto il colonialismo e l’esportazione della democrazia…
«Quello che chiamiamo occidente è frutto di una storia tormentata e conflittuale. Attraverso questa storia, pur sanguinosa e violenta, si è arrivati a un modello sociale e politico in cui la dignità dell’uomo e i diritti delle minoranze sono maggiormente garantiti. L’occidente ha colpe orripilanti, ma solo in questa civiltà, risultato dei contributi dell’ebraismo, del cristianesimo, dell’età greca e romana, la difesa della dignità della persona ha trovato compimento. In Cina, in India, in Africa, non c’è nulla che si avvicini a questo grado di rispetto dell’uomo».
Che ruolo hanno l’industria culturale, il cinema e la televisione nella creazione dell’immaginario politicamente corretto?
«Essendo un sistema di pensiero liquido e pervasivo, il politicamente corretto ha sostituito i testi sacri come il Libretto rosso, Il Capitale e il Mein Kampf con l’industria dell’intrattenimento, la cultura pop e la comunicazione digitale dei social media che, non a caso, sono concentrati in pochi grandi gruppi. E che, ancora non a caso, su piattaforme come Netflix, Amazon prime e Google, si concentrano le richieste di censura e controllo con l’insistente evocazione di fake news e hate speech (discorsi d’odio ndr)».
Che cosa pensa del giro delle televisioni dei due ragazzini, l’italo egiziano Ramy e l’italo marocchino Adam, seguito al dirottamento del pulmino dei bambini?
«L’episodio di San Donato milanese è il classico esempio di come il sistema dei media diventi cassa di propaganda ideologica. Il fatto che un italiano di origine senegalese abbia minacciato di uccidere decine di bambini è stato trasformato in un’apologia dello ius soli utilizzando il fatto che alcuni di quei bambini non erano di origine europea. Non a caso l’intervento di altri bambini nati in Italia è stato sottaciuto».
Perché un’editorialista frequente ospite dei talk show può permettersi di bollare come «fossili viventi» i partecipanti al Congresso mondiale della famiglia di Verona?
«È un esempio lampante di quello che abbiamo detto: il politicamente corretto non ammette dialettica e dissenso. Chi esprime una posizione alternativa, in questo caso la difesa della famiglia, viene bollato come retrogrado perché il fatto stesso di esserci viene vissuto come un attacco, un’offesa e una violenza verso il dogma, in questo caso le famiglie plurali e arcobaleno».
Oggi il propellente più efficace del politicamente corretto è l’ideologia gender o l’antiumanesimo ambientalista?
«Non so cosa sia peggio. Sono entrambi componenti della stessa idea liquida della vita che ha una delle sue fonti ispirative in Imagine di John Lennon, non a caso cantata per decenni in tutti i raduni pacifisti, ambientalisti, in favore dell’amore libero. Sogna un mondo senza patrie, proprietà e fedi, solo votato alla soddisfazione dell’emozione istantanea dell’individuo».
È l’uomo che si sostituisce a Dio?
«E che, paradossalmente, si nullifica riducendosi a un fascio di pulsioni. Senza uno statuto proprio, è un’entità totalmente manipolabile. O, forse, sostituibile».
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