Professor Cardini, ma di quale Islam ci racconta?

Franco Cardini

Franco Cardini

Per Rassegna Stampa

23 ottobre 2010

Aldo Ciappi

Da vecchio abbonato seguo sempre con interesse “Toscana Oggi”, il settimanale delle diocesi della mia regione, e, di recente, il botta e risposta tra il grande storico Franco Cardini, abituale frequentatore delle pagine culturali, e qualche lettore che, in una lettera pubblicata di recente, in polemica con il medesimo, apertamente simpatizzante dell’Islam e incline a colpevolizzare l’occidente di qualunque nefandezza, aveva rilevato la strana e, a suo avviso non casuale, coincidenza di date tra due eventi di grande portata storica: la vittoria dell’esercito imperiale asburgico contro i turchi nell’assedio di Vienna del 1683 e l’attacco alle torri gemelle da parte di Al Qaeda, entrambi accaduti l’11 settembre.

Lo storico ha buon gioco, dall’alto delle sue indiscusse competenze, nel cercare di ridurre a mera nota di curiosità questa circostanza, oggettivamente inquietante, passata ai più inosservata. Non c’è dubbio: lo storico deve “problematizzare” e non semplificare, come ci insegnava il compianto Marco Tangheroni, collega e amico dell’illustre storico fiorentino.

Ma lasciamo pure queste quisquilie agli appassionati dei calendari anche se, da buon cristiano, il Prof. Cardini non sottovaluterà certo l’importanza delle ricorrenze nel simbolismo della nostra religione, per quanto, forse, minore rispetto all’Islam (almeno quello più colto).

Da semplice “uomo della strada”, resto però persuaso che i musulmani più lucidi e convinti (quali, per esempio, gli attentatori delle torri gemelle, tutti di buona famiglia ed elevato grado di istruzione, che si prepararono anche “spiritualmente” per anni al loro “gesto” curandone ogni minimo dettaglio) circa la necessità di tradurre in pratica l’imperativo della sottomissione (“Islam”) con ogni mezzo del mondo intero alla volontà di Allah, trasfusasi sic et simpliciter  nel Corano, di certo non sceglierebbero a caso la data della loro Jihad con cui si guadagnano il “paradiso” promesso da Maometto.

A mio avviso, il “Grande Satana” (come essi chiamano gli USA e, con essi, i paesi del vecchio continente, ritenuti loro “lacchè”) doveva essere colpito in un giorno particolare nella memoria collettiva della “Umma”  islamica; per esempio per vendicare degnamente un’antica ferita che, nella metanoia di ogni buon “mujahid” (combattente), non si richiude mai finché non sia stata lavata con altrettanto sangue degli odiati infedeli. Che siano americani, europei o cos’ altro, essi non si perdono in sottili inutili distinguo: sempre di “crociati” si tratta.

Certo, solo una minima parte dell’islam è pervasa da questa “mistica” della violenza, pur tuttavia tutti coloro che teorizzano e mettono in pratica lo strumento del terrore per finalità politiche, fatta esclusione per gli anarco-comunisti (oggi un po’ disparte, ma neppure poi tanto, se si pensa all’area antagonista dei cd. “no-global”), sono musulmani dichiarati e non c’è personalità alcuna, in tutto l’orbe islamico, che abbia l’autorità di sconfessarli su questo.

Quindi, l’ eccessivo intellettualismo di certi storici, rispetto a questo bel quadretto, mi pare come minimo deviante.

Del resto, se è vero che la storia ha conosciuto periodi di relativa tranquillità dei rapporti tra popoli cristiani e musulmani (come ci ricorda ogni momento, e fa bene, Cardini), non è meno vero che ci sono state tante e protratte impennate di spietata violenza contro inermi popolazioni cristiane (la qual cosa avviene. tutt’oggi, in varie zone del mondo nel silenzio generale) che saranno state dettate anche da ragioni politiche ma che, guarda caso, hanno trovato in alcuni frammenti del Corano dei buoni appigli per dargli giù di brutto.

Su questo punto, non avendo strumenti di prima mano per replicare alle tesi di Cardini, occupandomi d’ altro nella vita, e volendo evitare gli strali di chi ritiene che solo gli storici di professione abbiano titolo per intervenire su certi argomenti, preferisco mettermi al riparo di un grande storico e sociologo americano come Rodney Stark (di cui suggerisco vivamente anche la lettura de “La vittoria della ragione” ed. Lindau, 2006, sulla centralità del “cristianesimo” nello sviluppo culturale, economico e sociale dell’occidente) il quale, sui rapporti tra islam e occidente, con particolare riguardo al periodo delle crociate, nel suo recente documentatissimo volume dal titolo “Gli eserciti di Dio” (sempre da Lindau, 2010) conclude così: “le crociate furono la risposta alle continue provocazione dei musulmani. Esse non rappresentano il primo round del colonialismo per occupare nuove terre, predare ricchi bottini o fare nuovi convertiti al cristianesimo. I crociati non furono i barbari giunti a brutalizzare musulmani colti e civilizzati…”

Anche un altro noto e autorevole conoscitore del mondo arabo e dell’Islam dissente di molto dalle tesi di Cardini; il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, già docente di islamistica al Pontifico Istituto Orientale di Roma, oggi all’Università St. Joseph di Beirut, a proposito della violenza dell’islam estremista, ci dice che “la radice di essa è interna a questo mondo (…) fa parte dell’albero e dunque la malattia va cercata internamente all’albero…” (Islam, dall’apostasia alla violenza”, ed. Cantagalli, pag. 97).

Caro Professore, noi profani potremo perderci sulle date e nelle sottili interpretazioni in cui voi storici ci siete maestri, ma non venga a raccontarci che l’Islam è la religione della pace e del perdono: le fonti e la stessa storia ci autorizzano, semmai, a pensare il contrario!