Come la lobby anti-famiglia influenza il paese reale
Il mese scorso è stato inserito un emendamento “contro l’omofobia” nel “pacchetto sicurezza” presentato dal ministro Mastella, poi ritirato; per “rimediare” all’ennesima sconfitta, la norma contro l’omofobia è stata inserita nel progetto di legge contro lo stalking (persecuzione), che ha ottenuto un corridoio preferenziale che non prevede la discussione in aula parlamentare.
In questo contesto, è assolutamente necessario che esista nel nostro paese – che ha parlamentari bisessuali, gay e transgender, un presidente di regione gay – un “allarme-omofobia”, che faccia apparire come necessaria e buona una persecuzione penale degli “omofobi”.
E’ capitata a fagiolo, quindi, l’inchiesta di un giornalista dell’organo del Partito della Rifondazione Comunista, Liberazione, che ha “scoperto” l’esistenza di professionisti che prestano sostegno a persone con attrazioni omosessuali indesiderate, che in termini tecnici viene definito “terapia riparativa”.
Niente di violento, prevaricatore, impositivo: semplice accoglimento di un disagio e ascolto della sofferenza che spontaneamente il giornalista ha presentato. Il metodo usato, però, è significativo: il giornalista si è finto omosessuale, ha mentito a chi lo ha accolto e si è fatto carico del suo (finto) disagio.
Secondo il giornalista, l’infiltrazione è stata necessaria perché questi pericolosi professionisti agiscono nell’ombra, detto in altri termini: non vogliono cambiare o convertire nessuno, non fanno battaglie, non cercano clamore, chi si rivolge a loro deve essere ben motivato e non è possibile, quindi, che subisca un trattamento indesiderato o che non condivide. A meno che non finga, come il giornalista di Liberazione.
L’infiltrazione come strumento per scoprire ciò che non è occulto non è una novità: nel 2005 Stefano Bolognini, giornalista e pubblicista gay, collaboratore dell’onorevole Grillini, aveva usato lo stesso stratagemma per “scoprire” una realtà talmente nascosta da avere un sito internet, un fascicolo sull’omosessualità pubblicato dalla San Paolo e una serie di incontri mensili di accompagnamento pastorale e umano per persone che soffrono a causa del loro orientamento sessuale.
Il clamore della notizie, si sa, non dipende però dai contenuti (anche in questo caso molto poveri) della notizia, ma dall’eco che ne danno i media e dalle conseguenze. L’inchiesta di Bolognini provocò, oltre alla persecuzione dei volontari di cui sopra, una interrogazione parlamentare dell’onorevole Grillini volta a vietare ogni tipo di sostegno alle persone omosessuali non conforme ai canoni dell’omosessualismo.
L’inchiesta di Liberazione – che, come abbiamo visto, capita in un momento politico diverso e più delicato – ha avuto però ben altre conseguenze. A fianco dell’inchiesta il giornale ha ospitato l’intervento del presidente nazionale della maggiore organizzazione omosessualista italiana che chiedeva all’ordine degli psicologi di prendere posizione contro l’ascolto terapeutico di persone con tendenze omosessuali indesiderate; questa richiesta ha avuto l’avvallo di alcune organizzazioni professionali legate ideologicamente orientate.
L’esito è stato un lettera del presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi – immediatamente ripresa dall’Ordine degli Psicologi del Lazio, che ha chiesto un documento ufficiale sulla questione – che, rifacendosi al Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, ha concluso il suo intervento con queste parole: “E’ evidente quindi che lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona“.
Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani, all’articolo 4, dice testualmente: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnìa, nazionalità, estrazione sociale, stato socioeconomico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità“.
Il Presidente dell’Ordine degli psicologi scrive che lo psicologo “non deroga mai” all’art. 4 del Codice, e quindi “non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale“. La cosa potrebbe essere motivata solo nel caso in cui gay (cioè persone con tendenze omosessuali accettate e considerate in modo positivo) fossero sottoposti a terapie riparative coatte senza il loro consenso, cosa impossibile e che non è avvenuta nemmeno nel caso del giornalista di Liberazione; in tutti gli altri casi è assolutamente contraddittoria. Tre esempi:
a) “il diritto all’autodeterminazione e all’autonomia di coloro che si avvalgono” delle prestazioni di uno psicologo o di uno psicoterapeuta vale solo per chi prova una omosessualità egosintonica? Chi prova una omosessualità egodistonica (cioè indesiderata) non ha questo diritto? Non può cioè scegliere il terapeuta, il suo orientamento clinico, tipo di terapia?
b) Se un cattolico ha tendenze omosessuali e si rivolge ad un terapeuta perché queste ultime gli causano disagio, lo psicologo può derogare al rispetto di “opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori” imponendogli di accettare come buona l’omosessualità? Può operare “discriminazioni in base alla religione o all’orientamento sessuale del paziente“, non rispettando, cioè, la sua fede religiosa solo perché ha un orientamento omosessuale?
c) Se una persona si reca da un terapeuta a causa di bassa autostima, difficoltà di relazione con gli individui dello stesso sesso, una immagine di sé distorta, distimia, il terapeuta può rifiutare il trattamento nel caso in cui questa abbia tendenze omosessuali indesiderate (cioè operando una discriminazione in base all’orientamento sessuale) o può adoperarsi per il superamento del disagio, anche se la terapia avesse come effetto collaterale un cambiamento, una diminuzione o una scomparsa delle tendenze omosessuali indesiderate (dopo averne, ovviamente, debitamente informato il paziente)?
E’ evidente, e il contesto in cui è stata fatta lo dimostra, che si tratta di una presa di posizione ideologica, che limita la libertà, senza alcun legame con la realtà dei fatti. Che paese è il nostro, in cui gli psicologi non fanno riferimento alla scienza, ma alla politica e all’ideologia? In cui si vuole vietare un tipo di terapia praticata con successo in tutto il mondo? In cui si permette ad un gruppo di attivisti, che propagandano una ideologia contraria alla ragione e al bene comune, di vietare a dei professionisti della salute mentale di prendere in carico la sofferenza dei loro pazienti?
In cui si stabilisce arbitrariamente, per legge, che non esiste una sofferenza legata alle tendenze omosessuali, che non esistono terapie efficaci, né persone che hanno tendenze omosessuali e non si adeguano allo stile di vita gay? Evidentemente, un paese in preda all’irrazionalità e ad un passo dalla dittatura ideologica.
Oltre a ciò, è triste constatare il sempre più evidente declino intellettuale del mondo scientifico, dimentico del suo compito di descrivere la realtà e impegnato nell’inventare una realtà sempre più simile all’utopia politicamente corretta. Facilmente riscontrabile, visto che le prese di posizione del mondo cosiddetto “scientifico” sempre più spesso non sono basate su dati di fatto incontrovertibili, ma su vere e propria menzogne. Non è un fenomeno solo italiano, e non riguarda solo l’evoluzionismo, l’ecologismo ed altri esempi di junk science, scienza spazzatura, ma anche il campo della salute mentale.
La deriva ideologica dell’American Psychiatric Association è testimoniata dal libro di due ex dirigenti della stessa associazione (il secondo addirittura presidente emerito): Rogers H. Wright, Nicholas A. Cummings, Desctructive trends in mental health. The well-intentioned path to harm (Routledge, New York 2005).Questa deriva è stata sottolineata anche dal nuovo presidente dell’APA, Alan Kazdin, che ha più volte sottolineato il principio del suo mandato, riassumibile con la posizione secondo la quale l’APA prenderà posizione o emetterà risoluzioni solamente su questioni riguardanti posizioni esclusivamente scientifiche e sulle quali c’è una adeguata esperienza clinica. Ovverosia, basta ideologia e political correctness, solo scienza.
Un bell’esempio per l’Ordine degli Psicologi Italiani.