Avvenire – suppl. Bologna Sette 21 luglio 2014
di Carlo Bellieni
Oggi suggeriamo di dare un occhio alla pubblicità Tv; già, come fosse un programma a sé. E in fondo lo è: siamo passati in 40 anni da una Tv che inseriva pubblicità tra uno spettacolo e l’altro (per pagarne i costi), ad una Tv che inserisce gli spettacoli tra una pubblicità e l’altra (per tener più attaccate le persone allo schermo e riempirle di spot). Anche se non ce ne sarebbe bisogno, perché gli spot sono spesso più accattivanti di tanti spettacoli: sono più attraenti, più pieni di colori, più suadenti, ed è ovvio, perché devono letteralmente attrarre; e vi sono fior di studiosi pagati per renderli sempre più accattivanti in maniera scientifica. E ci troviamo di tutto.
Ci sono spot che palesemente mettono a confronto la vita da single con quella da sposato, mostrando la seconda come una vita meno desiderabile della prima (e soprattutto ci sono nel campo degli spot delle automobili), la questione inizia a non piacerci. Ma ci sono spot in cui vediamo bambini baciare il pancione della mamma con dentro il fratellino non ancora nato, o in cui si tratteggia la famiglia in maniera positiva; e questo ci piace.
Pensiamo agli spot della Ferrero o Barilla in cui si vede una famiglia che si aiuta reciprocamente ad affrontare la giornata. E vi invito ad un piccolo sforzo e ad andare su YouTube per cercare le pubblicità fatte in Argentina da Coca-Cola o da MacDonald: non serve conoscere lo spagnolo per vedere raccontata in una manciata di secondi la vita di una famiglia anche qui con i suoi momenti belli e i suoi momenti duri, con le sue crisi e le sue esperienze.
Questo non significa dire «bravo» ai prodotti che reclamizzano; ma indica un fatto interessante: o lo fanno perché ci credono o lo fanno perché «rende»; in entrambi i casi è una vittoria. Se lo fanno perché ci credono, tanto di cappello: delle multinazionali che fanno degli inni alla famiglia tradizionale sono davvero coraggiose oggigiorno (è comunque vero che in qualche spot occhieggiano a «famiglie alternative», su cui abbiamo i nostri distinguo). Se lo fanno perché «rende»… paradossalmente è ancora meglio, perché vuol dire che spot che ritraggono la famiglia tradizionale sono quello che il pubblico vuole, al di là di tanta retorica «multifamilista».
Questi sono messaggi buoni; ma quanti inneggiano allo spreco e usano impropriamente immagini di bambini o di donne? Insomma, la pubblicità non è un «incidente», ma la sostanza stessa della Tv: veicolano messaggi senza che lo sappiamo.
Per questo ecco sei regole per capire: 1) Se interrompono un film durante un’azione di suspense per «colpire» il pubblico; 2) se irrompono in trasmissioni per bambini; 3) se compaiono improvvisi in un punto dello schermo durante la partita obbligando a guardarli se non si vuole interrompere la visione; 4) se non danno esplicitamente il messaggio, non spiegando il prodotto e vogliono solo prendere la tua attenzione e darti un messaggio mnemonico; 5) se usano bambini per impietosire o donne per invogliare; 6) se danno una brutta immagine del tuo essere mamma o papà… allora considerate se ancora vale la pena di guardare quel canale!