Il Giornale 20 Marzo 2018
Bruxelles denuncia «elezioni viziate», Macron e Merkel si congratulano però ricordano a Mosca il caso Skripal
di Roberto Fabbri
Vladimir Putin ha vinto, anzi stravinto. Come questo sia avvenuto, è un altro conto. L’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa) ha denunciato che gli standard di credibilità del voto in Russia sono lontani da quelli cui siamo abituati in Occidente: il rapporto stilato in base alle testimonianze dei 481 osservatori internazionali inviati nei seggi elettorali lascia pochi dubbi. «Restrizioni alle libertà fondamentali di assemblea, associazione ed espressione hanno limitato lo spazio per il coinvolgimento politico e hanno portato a una mancanza di vera competizione», si legge nella relazione, mentre di converso molte aziende e scuole hanno esercitato pressioni su dipendenti e studenti perché si recassero alle urne organizzando bus e altro e facendo ben intendere per chi fosse opportuno votare.
Quanto al clima in cui le elezioni si sono svolte, l’Osce denuncia «un ambiente politico e giudiziario segnato da una pressione costante sulle voci critiche» e sottolinea «la mancanza di critiche nella copertura relativa al presidente Putin nella maggior parte dei media, che ha portato a condizioni di concorrenza ineguali» tra i candidati. Senza dimenticare le persecuzioni contro l’unico avversario che Putin temeva, quell’Aleksei Navalny la cui candidatura è stata impedita da una discutibile sentenza mentre «numerosi arresti, confische di materiale e altre misure hanno limitato la libertà di esprimere opinioni e di radunarsi» dei militanti del suo partito. Fin qui l’Osce.
Ma è a livello internazionale che si riscontra come quella di Putin sia stata una vittoria incompleta. Alle convinte felicitazioni giunte da fari della democrazia quali Cuba, il Venezuela e la Bolivia e da vari autocrati – dal cinese Xi all’iraniano Rohani, dall’egiziano al-Sisi al turco Erdogan al siriano Assad, che è ovviamente il più entusiasta del mazzo ed esalta la «vittoria naturale» dell’uomo che ha salvato il suo regime e la sua pelle – fa riscontro il gelo dell’Occidente: fino a ieri sera, solo il francese Macron e la tedesca Merkel avevano inviato un telegramma al Cremlino, salvo integrarlo con richiami «all’inaccettabile attacco in Inghilterra» e alle «sfide nelle relazioni bilaterali». Per il resto, silenzio.
Rotto in verità dall’Unione Europea, ma per denunciare «elezioni viziate dalla violazione degli impegni con l’Osce» e dalla Svezia, la cui ministra degli Esteri Wallstroem ha definito esplicitamente «truccate» le elezioni hanno incoronato Putin per la quarta volta consecutiva. Motivo principale del gelo è ovviamente il caso Skripal.
Putin ha nuovamente negato ogni ruolo nel tentativo di omicidio con il gas nervino della ex spia russa e di sua figlia, ma da Londra la premier May insiste: «Non c’è altra conclusione se non che la Russia è colpevole». Rimane il fatto che Putin ha trionfato con il 76,66% dei voti.
Oggi incontrerà i suoi umiliati avversari: il comunista Grudinin con l’11,1% e l’ultranazionalista Zhirinovski con il 5,6% sono gli unici rimasti in qualche modo in piedi. Ksenia Sobchak, che pretendeva di rappresentare l’opinione pubblica filoccidentale, ha racimolato un misero 1,67%. Ha tentato di convincere Navalny a coagulare un fronte comune, un nuovo «partito del cambiamento», ma ha rimediato da lui un diniego sprezzante: sei solo una pedina di Putin, le ha replicato, hai lavorato con lui per farmi fuori, tutto ciò che fai mi disgusta.
Piaccia o meno, da oggi l’unico avversario vero dello «zar» sarà proprio Navalny. Fuori dal Parlamento, nelle piazze, come aveva chiesto ai russi invitandoli ad astenersi da elezioni truccate o manipolate. Molti devono averlo ascoltato, visto che nonostante tutto l’affluenza si è fermata al 67,4%.