Quale obbedienza? La legge morale nella vita del cristiano

Nova Civitas Giovani   

Conferenza di on line del di 28 Settembre 2022

Quale obbedienza? La legge morale nella vita del cristiano

[testo non rivisto dall’autore]

Fra Pietro M. Pedalino (*)  

Per me è una gioia e direi un onore poter parlare a voi giovani che vogliono impegnarsi nella testimonianza cristiana e sanno che per questo è importante la formazione. Non si può trascurare la formazione all’interno di una qualsiasi realtà, gruppo o movimento se si vuole fare del bene all’esterno, altrimenti tutto si sfalda.

Rispetto al tema concordato la mia idea è di ampliare leggermente lo spettro della discussione comprendendo oltre al tema della sola obbedienza anche il problema, molto attuale, di quando è doveroso obbedire e quando no. Per questo introduco il discorso – che sarà poi focalizzato sull’ obbedienza – parlando della legge morale, a cui ogni cristiano è tenuto a obbedire. Non capiremmo l’obbedienza e il concetto stesso di virtù; perché l’obbedienza è una virtù – per i religiosi addirittura un voto, che è una modalità più stretta di osservanza di questa virtù – per tutti i cristiani ed è anche una virtù molto importante. Anche se oggi ci troviamo in situazioni talmente particolari in cui non basta dire che bisogna obbedire. Tuttavia se parliamo di obbedienza, intesa come una virtù da praticare, è perché esiste una legge morale, che contempla l’obbedienza assieme ad altre virtù.

Sono tante le proposte religiose odierne che attirano la moderna sensibilità, perché in qualche modo prescindono dalla morale. A partire dall’ eresiarca per eccellenza, Martin Lutero, potremmo dire che la morale è stata buttata per aria. Come saprete Lutero era una persona profondamente instabile, non aveva neppure la vocazione e viveva un profondo dissidio interiore; aveva il terrore di Dio. Non lo amava ma ne aveva il terrore e sappiamo che addirittura arrivò a confessarsi dieci volte in una sola giornata per come era angustiato dal senso di colpa. A un certo punto cercò nella Bibbia qualcosa che potesse liberarlo da questa paura, ma a modo suo e non secondo verità, Così si inventò la teoria della sola fede. A partire da Lutero dunque diventa una sorta di moda il dire: crediamo ma non pratichiamo. Lutero infatti diceva: pecca fortiter, creda fortius ovvero pecca fortemente ma credi ancora più forte; quindi: fai tutte le peggiori cose che puoi fare e non ti preoccupare, basta che poi fai un atto di fede. Anche se poi bisogna capire cosa si intende per atto di fede, perché una fede non informata dalla carità non è vera fede.

Comunque sia da quel momento è entrato quel veleno nel pensiero religioso e anche le mode culturali di oggi, che apparentemente non hanno nulla a che fare con Lutero, in qualche modo sono inquinate da questo pensiero. Oggi ad esempio vanno tanto di moda l’orientalismo e le filosofie e spiritualità orientali perché alla fine sono delle spiritualità molto misticheggianti ma senza ascesi; cioè nelle quali non bisogna praticare le virtù o sforzarsi di combattere il peccato perché Deus in de natura: tutto è Dio, la natura è Dio e quindi se tutto è Dio io posso fare tutti i peccati che voglio tanto le creature sono Dio e quindi mi unisco di più a Dio. Chiaramente capite bene le conseguenze di ciò sul piano, ad esempio, della sessualità e della vita morale sessuale di una persona. Ecco perché parlare di morale oggi è fondamentale; non di una morale qualsiasi ma di una morale cristiana.

Che cos’è la morale? La morale è quell’insieme di regole che servono a dirigere i costumi e le azioni dell’uomo secondo i dettami della retta ragione, in conformità alla volontà di Dio. Capite che la morale cristiana è qualcosa di molto serio. Si tratta di un insieme di regole anche se oramai, a noi che viviamo in una cultura post sessantottina le parole “legge”, “regola” e “norma” ci danno fastidio. Eppure non dovremmo essere infastiditi dal concetto di regola e legge, perché in realtà dove c’è regola, c’è legge e c’è morale c’è ordine e dove c’è ordine, c’è pace.

Sant’Agostino

Come ci ricorda Sant’Agostino la pace è la tranquillità dell’ordine; dove c’è l’ordine c’è la pace, dove c’è la pace c’è Dio e dove c’è Dio non c’è nessun male c’è tutto il bene, come diceva San Francesco. Dove non c’è ordine c’è il disordine, c’è il nemico, non c’è Dio e non c’è pace. Il problema è che non si può avere la pace senza l’ intendimento di una vita cristiana vissuta secondo le regole. Non le regolette, ma le grandi regole stabilite da Dio le grandi leggi – che sono soprattutto i dieci comandamenti – e tutte le virtù morali connesse.

La morale naturale è quella scienza che regola i costumi, cioè comportamenti umani, secondo la retta ragione; quindi la morale naturale dovrebbe accomunare tutti gli uomini. Noi abbiamo un terreno di incontro con tutti gli altri uomini, anche se non sono cristiani. sul piano della ragione.

Sul piano della ragione ci sono dei principi basilari che tutti dovrebbero riconoscere; ad esempio l’esistenza di Dio è una verità razionale. La confessione di Dio Trinità no, essendo una verità che ci è stata rivelata da Gesù Cristo. Però Dio esiste, è buono ed è giusto e remuneratore, ovvero premia o castiga a seconda dei comportamenti umani. Queste sono verità che tutti gli uomini devono riconoscere e quindi se Dio premia o castiga in base al comportamento degli uomini, esisterà una legge naturale, una morale naturale, che tutti gli uomini devono praticare.

Noi siamo diventati peggio delle bestie, perché neppure la morale naturale seguiamo più.  Nelle nostre, chiamiamole civiltà, di oggi che sono in realtà inciviltà. troviamo legislazioni in aperto contrasto con la legge naturale.

La morale cristiana invece è quella scienza pratica che regola i nostri comportamenti secondo i principi della rivelazione. Perché ci viene data questa morale cristiana, compiuta, completata, ultimata perfezionata da Gesù Cristo e poi tramandataci e illustraci dalla Chiesa? Per farci raggiungere il nostro fine ultimo che è la salvezza eterna e il possesso di Dio. Intesa in questo modo la morale non solo non è qualcosa di pesante e antipatico, ma è qualcosa di dolce. Se noi non avessimo dei segnali stradali o se non ci fosse un codice stradale sarebbe il caos. Io nei tre mesi che ho vissuto in Africa ho sperimentato la giungla stradale; ho visto camion ribaltati e macchine che camminavano fuoristrada, ammesso si capisse dove stesse la strada… Insomma, per farvi capire che quando non c’è un codice di comportamento non si capisce più niente e tutto si trasforma in una giungla. Esattamente quello che avviene nella vita degli uomini se non c’è alcuna regola di retto comportamento. Non bisogna allora avere in antipatia il codice morale ma anzi essere ferventi nell’osservarlo sapendo che da questo deriva quell’ ordine che altrimenti sarebbe impossibile.

Uno degli inganni del demonio è stato proprio questo. Perché all’uomo d’oggi non piace il cristianesimo e non piace la chiesa? La gente vuole la sua libertà ma una libertà intesa a modo loro e per non essere ostacolati in questo perseguimento della propria volontà si trovano anche delle scuse, come il dire che non vale la pena seguire Gesù Cristo e la Chiesa. Ma in realtà il problema è che nella Chiesa c’è la morale, mentre nelle altre confessioni religiosi o c’è una pseudo morale o non ci sta proprio una morale e questo fa molto comodo. In realtà si tratta di un problema antico, sorto già con le prime eresie con cui la Chiesa ha dovuto combattere e che avevano un minimo comune denominatore: la gnosi.

Non vi farò una catechesi sulla gnosi, ma sostanzialmente, in due parole, secondo la gnosi c’è un gruppo di illuminati e di eletti da una divinità, o altro, i quali ritengono di possedere la verità mentre chi è fuori dalla setta degli eletti non sa niente e non capisce niente. Questi illuminati poi possono fare quello che vogliono, perché sono loro gli autori e i creatori del bene e del male e nulla è al di sopra di loro. Chiaramente questa gnosi permette di sganciarsi da ogni morale. Il veleno gnostico è in ogni atteggiamento di chi dice: “la vita è la mia e me la gestisco io”; “io so”, “io capisco e non ho bisogno di niente e di nessuno e non esiste nessuna norma cui io debba riferirmi”.

Capite che prima di parlare di obbedienza, disobbedienza, legge giusta e legge ingiusta c’è questo principio basilare: è importante la virtù dell’obbedienza perché ci permette di renderci conto che la morale, quindi tutte le norme stabilite da Dio, che è il nostro creatore e legislatore, sono per noi salvezza.

La prima cosa dunque è un’obbedienza vera, che è doverosa per il cristiano, a Dio e l’obbedienza alla Chiesa in tutto ciò che la Chiesa ha di divino. In quel santo e bellissimo aiuto che è il catechismo di San Pio X – che oramai non si studia più e la gente non sa neanche che esiste – le cose erano spiegate in modo semplice e chiaro. Vi si diceva: perché la Chiesa è santa?  Questa è una domanda che si fa anche oggi. Si vedono rovine, scandali, guai; come si fa a dire che la Chiesa è santa?  La Chiesa è santa perché come il suo fondatore è uomo e Dio, anche la Chiesa è umana e divina. Nella sua parte umana c’è il male, c’è l’umanità, c’è il peccato, ci sono le deviazioni; ma la sua parte divina è santa. La sua parte divina è innanzitutto il suo capo: Gesù Cristo, il fondatore; poi la sua legge, i sacramenti e molti dei suoi membri. In tutto questo la Chiesa va seguita perché è divina e ci conduce a Dio; ecco allora l’importanza di conoscere rettamente la dottrina cristiana e il catechismo, perché quel catechismo e quella vera fede e morale trasmessa sono infallibili. Sono per noi quei segnali stradali che ci fanno camminare sulla retta strada.

Col pontificato odierno si aprono tante problematiche. C’è una vignetta simpatica che ho visto qualche tempo fa in cui Papa Francesco era raffigurato mentre toglieva e metteva fogli in un quaderno ad anelli mentre diceva: “ecco, il nuovo catechismo della Chiesa cattolica sarà un quaderno ad anelli”. Ovvero un togliere e mettere a seconda della sensibilità di oggi: questo mi piace, questo non mi piace; questo è vecchio, apriamo il quaderno ad anelli per togliere questo foglio e metterne un altro, perché oggi va di moda il dialogo interreligioso e l’ecumenismo, dire che non c’è l’inferno e che Dio è buono e non è giusto. Ma questo non è più il catechismo della Chiesa cattolica ma un Vangelo e una dottrina fai da te che non salva più nessuno perché non discende da Dio. A parte queste aberrazioni odierne però noi abbiamo i catechismi, dove è codificata la vera fede. Nella vera fede si parla anche della morale e infatti una sezione fondamentale di ogni catechismo è appunto la legge morale e i dieci comandamenti

Ma adesso vediamo di capire che cos’è la legge, quante leggi ci sono e in che modo siamo vincolati ad osservarle.

Non è che tutto è uguale; ci sono delle differenze. Legge viene dal latino lex, legis, che viene a sua volta dal verbo ligare, cioè legare. Essa è un vincolo che obbliga a qualche cosa. L’etimologia suggerisce anche la provenienza dalla parola latina eligere, cioè scegliere; perché la legge indica quello che dobbiamo scegliere, cioè la scelta giusta da fare, le azioni corrette da compiere e quelle che invece vanno evitate. San Tommaso, uno dei massimi teologi della Chiesa di tutti i tempi, definisce la legge come l’ordinamento secondo ragione che ha per fine il bene comune e che è promulgato da chi ha il governo della società. Questa è una definizione classica e da questa definizione noi capiamo che ogni legge è ordinamento, cioè non si tratta semplicemente di un consiglio ma è un comando: si fa questo, bisogna far quello.

Questo ordinamento però non è scriteriato. Perché una legge sia veramente legge e abbia l’autorità di legge deve essere secondo retta ragione; rationis ordinata, dice San Tommaso; cioè cose ordinate secondo ragione. Se una legge non è rationis ordinata non è una legge giusta. Inoltre deve essere finalizzata al bene comune ovvero essa deve avere di mira non l’utilità particolare del superiore che si avvale di quella legge per i propri comodi ma il comune vantaggio. Peggio ancora se chi emana la legge lo fa a detrimento, a condanna o a danno della comunità che gli è affidata. Questo vale sia a livello ecclesiale che a livello civile. San Tommaso dice anche che ogni legge, perché sia veramente legge, deve essere emanata da chi ha il governo della società civile o ecclesiale, quindi da chi ha la vera autorità

Adesso un concetto importante da chiarire è quello delle varie leggi.

Propriamente non c’è che una unica legge: la suprema volontà di Dio. I santi di tutti i tempi avevano unicamente di mira il fare la volontà di Dio. Qualche giorno fa ho postato su Telegram un bel pensiero di sant’ Alfonso Maria De Liguori, uno dei più grandi dottori della Chiesa, che dice: la santità alla quale noi tendiamo, per la quale noi esistiamo, senza la quale abbiamo fallito la nostra vita – perché il cristiano che non diventa santo è un fallito – consiste nell’amare Dio e adempiere la sua volontà. Questa è la vera legge: santificatio vestra. Nella volontà di Dio sta la nostra vita: «Chi sta unito alla volontà di Dio», dice sempre sant’Alfonso, «sta sempre in pace, poiché la divina volontà toglie l’amarezza a tutte le croci. Le anime sante col dire “così ha voluto Dio” trovano pace in ogni travaglio e qualunque cosa accada loro non si contristeranno. Qualcuno dice: “tutte le cose mi vanno storte”, oppure: “tutti i guai Dio li manda a me”; ebbene sono storte fratello mio, perché voi le storcete. Se voi vi rassegnaste al volere di Dio sarebbero tutte dritte e di vostro bene. Le croci che Dio vi manda sono guai perché voi le fate diventare guai; se le prendeste con rassegnazione dalle sue mani, non sarebbero per voi guai ma ricchezze di paradiso». Questo pensiero l’ho letto perché è bello e perché stiamo dicendo un fatto molto importante: la Suprema volontà di Dio è legge assoluta per l’uomo.

Però si apre la problematica: come conosco io la volontà di Dio? Ecco perché Dio ha stabilito un codice, o meglio una serie di codici gerarchicamente ordinati tra di loro. Esiste innanzitutto una legge divina, e poi esiste anche una legge umana.

Voi capite bene già da questa distinzione che una di queste leggi è da osservare sempre e non ammette nessuna deroga, perché è divina. Ci fa conoscere la volontà di Dio certa e a questa, anche se costa sacrificio, dobbiamo sottometterci. Gesù dice: il mio giogo è leggero, il mio peso è soave. Il giogo della volontà di Dio e il peso della legge di Dio… sembra quasi una contraddizione: legge, peso; però dolce e soave. Ma è una contraddizione solo per chi non ne fa esperienza.

Noi siamo come le piante. Una piantina cresce da tutte le parti con i suoi rametti. Ma ha bisogno di potatura e se non la si pota non porta frutto; questa è una metafora che piaceva tanto al Nostro Signore. Noi vorremmo andare a destra e a sinistra, sopra e sotto o come ci dice la testa e il cuore come dice uno degli slogan oggi di moda: “segui il tuo cuore”. Si, ma se segui il tuo cuore cadi nell’abisso; questa è la verità, perché il proprio cuore, ovvero il proprio essere è segnato dalla corruzione, dal male e dal peccato e non conduce verso la volontà di Dio ma verso la propria volontà, fatta di male e di peccato.

Però questo giogo è leggero

Ma esiste anche una legge umana. La legge è divina se promulgata da Dio in persona; la legge è umana se promulgata dagli uomini che però hanno da Dio ricevuto l’autorità per farlo.

La legge divina si distingue in tre tipi: legge divina eterna, legge divina naturale e legge divina positiva. La legge eterna è un sinonimo di divina Provvidenza, perché è regola prescritta dalla sapienza di Dio per dirigere al proprio fine gli atti e i movimenti delle creature, come dice San Tommaso. E’ chiaro che a questa legge eterna sono sottomesse tutte le creature; pensate al sole che riscalda e che illumina, ai pianeti che seguono la loro orbita, al fiorellino che dà il suo profumo o all’uccellino che canta e fa il nido. Ecco, tutto questo è legge eterna perché è quella regola prescritta dalla divina sapienza per dirigere tutti i movimenti e le creature; però ci sono le creature che non hanno intelletto e volontà, per cui seguono tutti questi movimenti secondo un istinto che Dio ha messo in loro.

L’uomo invece è libero, quindi può sganciarsi da quello che Dio vuole. Ciò nonostante Dio fa servire ogni cosa; come diceva San Francesco persino i demoni sono come e sudditi al servizio del re. Pensate alla vita dei santi, ad esempio padre Pio, Santa Gemma, Santa Veronica Giuliani o lo stesso San Francesco, perseguitati in tutti i modi e in tutte le forme fisiche dai demoni o dagli stessi uomini di chiesa; eppure non sono andati alla perdizione ma sono diventati più santi. Quindi chi veramente sta in Dio non ha nessun ostacolo per fare la Sua volontà e per farsi Santo; e persino le cose peggiori o gli esseri peggiori non fanno altro che realizzare quel progetto che Dio ha. Pensiamo a cosa dice San Paolo: tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.

Poi c’è la legge divina naturale. Voi direte: se è legge naturale, come si fa a dire che è divina? La legge naturale è divina perché è Dio che l’ha messa dentro l’uomo e l’ha scritta insieme al nostro codice genetico. Ancora meglio e ancora di più: è Dio che ha scritto le dieci parole di vita, cioè i dieci comandamenti. E siccome è divina è anche infallibile. Una morale che prescinde dai dieci comandamenti è una morale falsa e diabolica.

Ricordo che mi trovai a messa in un santuario mariano e un sacerdote, pure religioso francescano, iniziò l’omelia lamentandosi delle persone che andavano a confessarsi dicendo: “padre, ho peccato contro questo o quell’altro comandamento”, perché secondo quel sacerdote bisognava sganciarsi da una morale basata sui dieci comandamenti e capire finalmente che oggi la vera morale è sulle beatitudini. Che significa? Si può dire io sono stato povero in spirito? Ma che significa?

A questi sacerdoti e uomini di chiesa “modernizzati” andrebbe ricordato che Gesù stesso nel Vangelo ha ribadito la validità assoluta ed eterna dei dieci comandamenti; a loro che vogliono fare tanto gli evangelici. Secondo loro i dieci comandamenti fanno parte del Vecchio Testamento, in cui Dio è un padre mezzo cattivo, dopo il quale è venuto Gesù, tutto buono e tutto dolce. Ma se rileggessero il Vangelo al giovane ricco che chiese cosa dovesse fare per avere la vita eterna, Gesù disse: «Conosci i comandamenti, osservali». Più chiaro di questo! Invece oggi si dice di fare una morale sulle beatitudini, e se mi vado a confessare che gli dico al prete? No, non funziona così. I dieci comandamenti hanno una valenza assoluta ed eterna.

A un certo punto però, questa legge naturale chiara all’inizio, è diventata sempre più sbiadita nell’uomo, perché peccato dopo peccato si sono formate come delle incrostazioni che hanno occultato sempre di più questa legge nel cuore dell’uomo, per cui si è arrivati a un punto in cui la si trasgrediva a cuor leggero. Pensate ai grandi racconti biblici; perché Sodoma e Gomorra furono incenerite? per il peccato contro natura, ed erano città intere non dieci o venti persone, pensiamo a quale aberrazione si era arrivati. Da allora Dio ha dovuto richiamare alla Sua legge e quindi la legge naturale, i dieci comandamenti, da quel momento è diventata anche legge positiva, cioè proclamata esplicitamente, pubblicamente e potremmo dire ufficialmente da Dio.

La legge divina positiva è quella legge che Dio ha dato con un suo intervento per far raggiungere all’uomo il suo fine soprannaturale, cioè portarlo in paradiso. Certo, a un uomo che non conose la rivelazione cristiana, basterà la legge naturale per salvarsi? A a dirlo è facile ma a farlo…. Quindi, ben vengano i missionari che proclamano la verità, la vera fede in Gesù e fanno conoscere tutta la fede e la morale dispensando i sacramenti che trasmettono la grazia, perché l’uomo senza la grazia è un poveraccio. Certo, a uno che non conosce non per sua colpa ma perché nessuno gliel’ha mai annunciato, Dio gli renderà conto di quello che ha fatto o non ha fatto sulla base della sola legge naturale. Comunque ben vengano i missionari ad insegnare la pienezza della morale come ci è stata rivelata da Gesù

La legge positiva quindi è quella data da Dio per farci conseguire il nostro fine soprannaturale e ha per oggetto quelle cose che l’uomo non conosce naturalmente ma che diventano buone o cattive in conseguenza del comando o della proibizione fatta da Dio. Facciamo l’ esempio: amare i nemici. Questo non fa parte dei dieci comandamenti, però è un precetto di Nostro Signore. Non è un consiglio ma un precetto. Egli dice: fate del bene a coloro che vi fanno del male. L’ occhio per occhio, dente per dente non vale nella legge evangelica ma bisogna essere benefattori anche di coloro che ci fanno del male.

Questo esempio è per dire che senza la legge positiva l’uomo da sé non poteva arrivarci, così come l’uomo non poteva arrivare alla Santissima Trinità, ovvero un Dio in tre persone uguali e distinte. Se non ci fosse stato Gesù rivelatore a dircelo non avremmo potuto sapere, Così per quanto riguarda i precetti più perfetti del comportamento umano e della legge morale, senza Gesù noi non avremmo potuto saperli; ma da quando Gesù è venuto non possiamo più dire: ah vabbè, non avremmo potuto saperli e allora lasciamoli fare. No, è venuto; ed è venuto per dire: caro uomo, tu che stai al 30% ti porto al 100%, Io ti dò la dignità piena di uomo sia con la verità piena che ti faccio conoscere che con la morale perfetta che ti dono.

Queste tre leggi – divina, naturale e positiva – insomma vanno osservate senza sconti.

Poi ci sono le leggi umane, quelle fatte dagli uomini; uomini che però hanno autorità. Non è che io domani mi sveglio, prendo un megafono e dico: cari abitanti di… da oggi bisogna osservare questa norma; e loro giustamente mi dicono: tu chi sei? Ci deve essere quindi un principio di autorità che deve essere esercitato per il bene della società. Queste leggi si distinguono in ecclesiastiche e civili. Le leggi ecclesiastiche sono fatte dalle autorità ecclesiastiche per il bene spirituale dei fedeli e sono contenute soprattutto nel diritto canonico, dagli atti della Santa sede ai decreti diocesani del vescovo.

Le leggi civili sono quelle fatte dal governo per il bene temporale della società e sono contenute nei vari codici che regolano le nazioni. Evidentemente le leggi umane non sono assolute ma sono soggette a condizione. Qual è la condizione? Devono essere giuste, per il bene comune – come abbiamo visto prima –  e fatte dalla legittima autorità.

Un esempio di legge ecclesiastica – per farvi capire come le leggi ecclesiastiche non sono assolute, ma se sono giuste vanno seguite per tutto il tempo in cui sono in vigore – è il digiuno eucaristico, una legge non divina ma umana; ecclesiastica, appunto, alla quale magari non obbedisco perché non ha quella assolutezza che ha, ad esempio, il “non rubare”. Ma posso fare questo ragionamento? No, non posso se sono figlio della Chiesa, perchè è legge giusta, però non è assoluta nel senso che tra cinque anni può venire un nuovo Papa oppure viene ritoccato il diritto canonico in modo che il digiuno eucaristico valga non più un’ora ma valga come prima: dalla mezzanotte del giorno prima. Il digiuno ecclesiastico è rimasto ma è stato ridotto e questo è un fatto discrezionale della Chiesa e non spetta a noi dire se sia giusto o no.

Qual è il valore spirituale? Farci capire che non ci stiamo accostando ad un normale cibo ma a un cibo spirituale, Gesù Cristo in persona. Quindi dobbiamo astenerci innanzitutto dai peccati, specialmente mortali, ma il digiuno corporale ci educa a capire che la dignità dell’atto che stiamo facendo accostandoci alla comunione. E una legge giusta e a me non interessa se tra cinque anni cambierà, se cambierà, e io seguirò la nuova direttiva. Diverso il caso se una legge ecclesiastica è fuori dalla retta ragione o dalla tradizione della Chiesa, cosa che purtroppo oggi può veramente capitare. Chiaramente non è che andiamo a spulciare tutte le leggi ecclesiastiche che possono essere al limite o le leggi civili; questo è un discernimento di ciascuno o materia di ulteriori approfondimenti e conferenze con esperti che voi magari chiamerete. Avere i principi chiari però è di grandissimo aiuto e allora in quest’ultima parte arrivo al tema dell’obbedienza.

Innanzitutto l’obbedienza è una virtù morale che dipende dalla giustizia. L’impalcatura morale del cristiano è uno splendido edificio in cui tutto sta al posto giusto; ogni pietra sta sotto l’altra, c’è il tetto, il pavimento; tutto è in armonia. Quindi non tutte le virtù stanno sullo stesso piano e il fatto che alcune dipendano da altre ci fa capire che c’è una gerarchia. La virtù dell’obbedienza dipende dalla giustizia, che è una delle quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, e temperanza. Al di sopra delle virtù cardinali ci sono le virtù teologali: carità, fede e speranza. Da queste sette virtù principali dipendono altre virtù, per così dire, minori; così la virtù della castità dipende dalla virtù della temperanza, quindi anche la temperanza è una delle quattro virtù cardinali e l’obbedienza dipende dalla giustizia. Questo ci fa capire che non può esserci una vera obbedienza al di fuori della giustizia; se una cosa non è giusta non ci può essere obbedienza. L’obbedienza è una virtù morale che rende la volontà pronta eseguire i precetti superiori.

Adesso vediamo: quale obbedienza, a chi obbedire e come obbedire? Quando obbedire?

La virtù morale dell’obbedienza discende dal decalogo. Il quarto comandamento ci dice: onora il padre e la madre; la famiglia è il primo luogo in cui l’essere umano impara il valore dell’obbedienza. Il quarto comandamento contiene il dovere di ubbidire non solo ai propri genitori ma ad ogni autorità in quanto espressione della volontà di Dio. Però l’obbedienza ha anche un fondamento soprannaturale, oltre che un fondamento naturale radicato nel quarto comandamento, che diventa regola nella vita spirituale di ogni cristiano. San Paolo dice che Gesù Cristo fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce. I santi seguendo l’esempio del maestro non si sono limitati a obbedire alle autorità ma hanno cercato di obbedire alla volontà degli altri rinunciando alla propria: beato colui che non fa mai la propria volontà ma sempre e solo quella degli altri, che siano i propri genitori, i superiori, il proprio marito o la propria moglie. Persino il prossimo che incontriamo e che dobbiamo amare come noi stessi. Ecco che in questa modalità l’obbedienza diventa un principio spirituale di grande santificazione perché ti fa morire all’amor proprio.

Chiaramente qui non stiamo parlando di una obbedienza come virtù spirituale, il che ci porterebbe a dover fare una conferenza più spirituale, ma dell’obbedienza in un quadro, diciamo, della vita ecclesiale e civile, che è quello che mi avete chiesto. Il discorso quindi è impostato più sull’assetto morale. E’ però bellissimo parlare dell’obbedienza in modo spirituale perché si capisce veramente che è il fulcro attraverso cui tutto ruota, perché pur essendo l’obbedienza una virtù minore rispetto alle teologali o cardinali, diventa quasi più importante di queste, perché, dice San Francesco in uno dei suoi pochi iscritti, le Lodi alle virtù, che l’obbedienza e sorella della carità.

La carità e l’obbedienza sono sorelle. Lui in verità fa anche altri abbinamenti; ad esempio la povertà e la penitenza, in ogni caso obbedienza e carità; infatti Gesù dice: «Colui che mi ama osserva i miei comandamenti». Chi ama osserva quello che Dio vuole e in questo senso l’obbedienza è sempre stata vista dai santi di ogni tempo come il grande segreto. Uno dei grandi santi che ha capito questo principio e l’ha fatto suo, non solo per lui ma anche per la comunità che anche da lui dipendeva è stato Massimiliano Kolbe, il quale diceva: v + V = S; ovvero: quando la volontà dell’uomo si adegua in tutto alla volontà di Dio diventa santa.

Fatta questa parentesi più spirituale bisogna dire che il contrario dell’ubbidienza – quell’affermazione disordinata del proprio io, l’egoismo, la ricerca di sé stessi e della propria volontà – non è mai un bene perché ci conduce al peccato.

Il principio secondo cui l’obbedienza è dovuta e superiori, perché rappresentano l’autorità Dio, ha conseguenze importanti. La legge divina non è tale perché il superiore ce la impone ma perché ha in sé stessa, cioè in Dio, il suo fondamento. Chi ha l’autorità, dice San Paolo, è ministro di Dio per fare il bene. Però proprio l’amore alla volontà di Dio – e qui entriamo nel nostro tema più specifico – ci può spingere a rifiutare quelle autorità e quelle leggi che rifiutano Dio e rifiutandolo camminano e fanno camminare in direzione contraria alla sua gloria mettendo in pericolo il bene spirituale e sociale. E’ proprio l’amore alla volontà di Dio che ci spinge a questo; ecco perché più che disobbedienza civile o ecclesiastica bisognerebbe parlare di resistenza. Non si disobbedisce a un ordine giusto a un’autorità illecita ma si resiste. La resistenza si che è una virtù.

Resistete al male, dice San Pietro, resistete al diavolo e lui fuggirà da voi. Resistere al male ci rende forti e ci pone in una situazione di grande assistenza spirituale da parte di Dio, anche se siamo in una situazione di prova, di sofferenze. Resistere al male deve essere un grande principio della nostra vita. E’ per la resistenza al male e la resistenza contro leggi ingiuste che i martiri sono stati martirizzati e non ogni martire lo è stato a causa di una legge ingiusta. A loro i prefetti romani – che erano autorità subordinate all’imperatore – dicevano: dovete osservare le prescrizioni dell’imperatore che dice di sacrificare agli idoli. I santi martiri di ogni tempo hanno detto: non posso, perché gli idoli sono falsi e non posso onorare un falso dio; me lo vieta il mio Dio ed è contro il primo dei comandamenti del mio Dio. Per questo erano messi a morte, come San Lorenzo, che messo sulla graticola ad arrostire ebbe anche la incredibile forza di spirito, soprannaturale, di dire sarcasticamente all’aguzzino che lo stava ammazzando di girarlo perché da una parte era già bell’e cotto.

Voi direte: ma i martiri sono martiri. Il martire non è un uomo speciale, è un cristiano che ha fatto il cristiano fino in fondo e poiché le circostanze sono gravi si è dovuto adeguare alle circostanze gravi. Il non martirio è l’apologia dell’apostasia, perché se martiri avessero sacrificato agli idoli per aver salva la vita avrebbero apostatato e l’apostasia è peccato mortale; se non ci si pente e si muore apostati si va all’ inferno. Voi capite quanto è importante che ci abituiamo a resistere.

Penserete: fino ad ora ho parlato di obbedienza e adesso invito a resistere? Si perché la resistenza è nel quadro della legge morale del cristiano. Quando San Tommaso si pone la questione se i sudditi sono tenuti a obbedire in tutto ai loro superiori la sua risposta è negativa. I motivi per cui il suddito può non essere tenuto a ubbidire in tutto al proprio superiore, spiega sempre San Tommaso, sono due. Il primo è se c’è il comando di un’autorità più grande, poiché bisogna rispettare la scala delle gerarchie. Faccio un esempio: la norma emanata per tutto il periodo Covid della comunione sulla mano e giustificata col dire: bisogna obbedire alla CEI e bisogna obbedire al governo… Ma il Codice di diritto canonico, che non è stato ancora mutato grazie a Dio, dà il diritto a tutti i fedeli di ricevere la comunione in bocca, e quindi vale di più il Codice canonico o la Cei, che di per sé non ha autorità normativa ? Ovviamente il Codice canonico. A parte che è ingiusto, ma pure fosse giusto c’è una norma superiore a cui sono più obbligato.

Questo è il primo motivo: un comando di un’autorità più grande.

Oppure, dice San Tommaso, il comando potrebbe non essere vincolante e non si è tenuti a obbedire se il superiore ordina delle cose illecite. Attenzione! quando si dice “illecite” non si parla solo dei grandi peccati mortali, ad esempio nel caso in cui l’autorità comandasse di uccidere un povero bambino; che peraltro rappresenta un caso assai raro. Ma illeciti sono anche i comandi che spingono ad un qualsiasi peccato, anche lieve, perché Dio aborrisce non solo il peccato mortale ma ogni peccato, ogni macchia per quanto piccola sia. Noi dobbiamo ricercare la santità e ogni legge, ogni norma, ogni obbedienza deve portare alla santità, non al male. Dicevano i santi: piuttosto la morte che un peccato veniale. La morte! Quindi capite che qualsiasi tipo di male, anche piccolo, venga richiesto da un’autorità è illecito. Faccio l’esempio dei figli che non sono tenuti a obbedire ai genitori quando si tratta di contrarre il matrimonio, consacrarsi o se un genitore obbligasse ad uno stato di vita.

San Tommaso conclude: a Dio l’uomo è soggetto in modo assoluto ma non ai superiori; a loro soltanto in alcune cose determinate. E così si possono distinguere tre tipi di obbedienza: la prima, sufficiente a salvarsi, si ferma a ubbidire nelle cose d’obbligo; la seconda, perfetta, ubbidisce in tutte le cose lecite – questa ad esempio è l’obbedienza dei religiosi, che non si sottomettono semplicemente ai soli comandamenti e ai precetti della Chiesa, che sono normativi per ogni cristiano, ma anche ad un superiore per tutta la vita, il quale può dire: oggi fa il cuoco, domani il sacrestano, ecc. – ; una terza obbedienza dice San Tommaso è quella disordinata, che ubbidisce anche nelle cose illecite. Questa obbedienza non è virtù ma vizio. Alle cose illecite non bisogna obbedire, se si obbedisce si è deboli; è una obbedienza che si fa per debolezza, perché è più facile farlo, e non per virtù, anche se la si colora di virtù.

Tutto ciò significa che l’obbedienza non è cieca e incondizionata ma ha dei limiti, non solo come dicevamo in caso di peccato mortale, ma anche leggero. Pure in questo caso avremmo il diritto di disubbidire, o più precisamente di resistere; anche se ci fosse comandato qualcosa di nocivo nella vita spirituale; anche se l’autorità non comandasse esplicitamente un male, anche piccolo, ma in quello che comanda non ci fa evitare il male e ci mette nell’occasione di compiere del male. Anche in questo caso una coscienza ben formata può resistere, perché la legge morale ci obbliga a fuggire le occasioni di peccato. Non solo il peccato in sé, ma le occasioni.

Chi ci dice che il precetto dei nostri superiori e illecito? Ce lo dice la nostra coscienza rettamente formata secondo la legge cristiana. La coscienza non è un vago sentimento dello spirito ma il retto giudizio della ragione sulle nostre azioni; perciò è così importante formare la propria coscienza, perché quando la coscienza è ben formata è veramente arbitra del bene e del male. La coscienza non è assoluta, perché deve appunto costruirsi e formarsi sulla legge morale e su quella divina ma una volta che lo fa allora sì che diventa assoluta. Se è ben fondata ecco che possiamo dire ad esempio: in coscienza non posso vaccinarmi, perché ho analizzato accuratamente la questione e ho visto che questo obbligo mi fa commettere un peccato – la questione grave è quella appunto degli aborti [i feti umani utilizzati per la preparazione dei sieri n.d.r.] – e che ne dicano gli altri e nonostante tutte le giustificazioni e le spiegazioni secondo la coscienza rettamente formata non potete obbligare. Possiamo perdere il lavoro ecc. Ecco il martirio

mons. Athanasius_Schneide

Diceva bene monsignor Schneider all’inizio del Covid-19, quando non si poteva andare nelle chiese che erano chiuse, il quale invitava i genitori a una liturgia e preghiera domestica, leggere ai bambini prima di mandarli a letto la vita di qualche santo, soprattutto martiri. Perché siamo in una condizione di martirio dal momento che chi non obbedisce alla legge illecita passa dei guai. Magari ancora non lo ammazzano ma conducono verso una tale difficoltà di vita; e il cristiano vero non si sottomette e sperimenta la Provvidenza di Dio. Nessuno di quelli che hanno avuto la forza e il coraggio di resistere sono stati abbandonati da Dio e io ho avuto tante testimonianze che mi hanno dato la conferma. Soprattutto nella fase in cui persone che sembravano essere di fiducia dicevano che ci si poteva vaccinare ho visto persone che hanno resistito fino alla e prima o poi è venuto l’aiuto di Dio: non sono morte di fame, hanno trovato delle scappatoie o hanno avuto l’assistenza miracolose da parte della Provvidenza; perché bisogna affidarsi più di Dio che degli uomini. Quella del vaccino è stata una prova per gli uomini empi che volevano vedere fino a che punto siamo disposti a obbedire a loro. Ma anche Dio si è servito di questo e si sta servendo per vedere noi fino a che punto siamo disposti a obbedire a Lui e a non tradirLo. Capite?

I martiri non obbedivano alle autorità dello Stato che imponevano loro di incensare gli idoli e neppure ai genitori, ai figli, ai mariti, alle mogli che supplicavano loro di fuggire il martirio in nome del bene familiare. San Tommaso Moro era un leale servitore di Enrico VIII ma non fece la sua volontà e non fece neppure la volontà della moglie Alice, la quale negli ultimi colloqui lo supplicava di non abbandonare lei e la infelice famiglia. Ma il martire rispose alla moglie: «Per quanti anni mia cara Alice credi che possa ancora godere quaggiù di quei piaceri terreni che mi dipingi con un eloquenza tanto persuasiva? Vent’anni, se Dio vuole? Ma carissima moglie, non sei una buona negoziante. Che è mai una ventina d’anni a confronto di un’eternità beata?». Così parlano i veri cristiani.

Ultimo punto prima della fine.

Il fatto della distinzione tra la resistenza e obbedienza non è una cosa campata in aria, Nel Medioevo i teologi e i giuristi avevano chiaro questo principio. I medievali distinguevano accuratamente tra la legge naturale o divina e quella positiva elaborata dagli uomini. C’è un aforisma tradizionale molto esplicativo: non est tenim Rex ubi dominatur voluntas et no lex cioè: non esiste re dove la volontà si sostituisce alla legge; cioè dove c’è l’arbitrio umano del legislatore, che fa le cose come dice la sua testa perché ha il potere. Non est tenim Rex, cioè non c’è il re. Ovvero non interessa che egli sia re perché in quel momento non c’è, non esiste poichè la sua volontà si sta sostituendo alla legge.

Il principio che il sovrano è sciolto da ogni legge – sovrano leggibus solutus – è un principio rivoluzionario e i primi ad averlo enunciato ufficialmente sono stati i giuristi di Filippo il Bello, che era una specie di antesignano dei moderni uomini di governo. Era del 1400 però aveva già una mentalità moderna in quanto voleva la sottomissione assoluta e incondizionata di tutti i suoi sudditi. Ma una roba del genere non esiste nella tradizione cristiana vera. Nella concezione medievale, al contrario, il sovrano è ponte tra la legge civile e la legge naturale e divina a cui ogni legge umana deve uniformarsi. In caso di conflitto tra legge umana e quella divina bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini Come dice San Pietro davanti al consesso di scribi, farisei e altri i quali dicevano di non predicare più Gesù: dite voi se è giusto obbedire a voi piuttosto che a Dio; a noi sembra proprio il contrario: ovvero che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Ecco la conflittualità

Finisco con un paio di citazioni del magistero che ci dicono con autorevolezza che esiste la distinzione e che in caso di conflitto bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.

Leone XIII nell’enciclica Libertas dice: «Nei governi tirannici dove il comando si opponga alla ragione, all’eterna legge del divino impero allora il disobbedire agli uomini per obbedire a Dio diviene un dovere». Attenzione! non un diritto, ma un dovere. E noi non siamo in un governo tirannico? Quante cose ingiuste ci sono state comandate con la scusa dell’obbedienza in tutto questo periodo [della pandemia Covid-19 n.d.r.]?

Nella Sapientie cristianae, un’altra enciclica, si spiega che quando leggi dello Stato sono in contrasto con la legge divina e l’autorità si mette al servizio dell’ingiustizia, resistere officium est, parere scelus; cioè: resistere è un dovere e piegarsi è un delitto. Da scelus  viene scellerato e una persona scellerata che cos’è? E’ colpevole e delittuoso obbedire. Ma c’è ci potrebbe dire: come faccio io a sapere quando c’è un contrasto? Eh già, ma tu, figlio mio, hai il dovere di informarti bene e non puoi dire “non lo so”. La coscienza dubbia deve diventare certa e quando si ha un dubbio di coscienza si deve risolvere. Mi dicono che i vaccini sono fatti con i feti abortiti? Si, no, boh? vabbè allora poiché non lo so, faccio quello che mi pare. No, devi risolvere il problema.

Alla coscienza retta che vuole uscire dal dubbio Dio dà tutti i mezzi per conoscere la verità e per risolvere quel dubbio. Quello a cui deve giungere un cristiano è agire sempre con coscienza retta, quindi tutti i dubbi che ha – almeno quelli fondamentali che lo chiamano a un’agile immediato – deve risolverli. E’ un dovere di cui Dio chiederà conto: risolvere i dubbi per agire sempre in modo morale. Una volta risolto il dubbio e costatato che quella legge è in contrasto con la legge divina e con la legge naturale resistere ufficio est, parere scielos (Leone XIII)

Per citare un Papa più recente Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae scrive che fin dalle origini della Chiesa la predicazione apostolica ha inculcato ai cristiani il dovere di obbedire alle autorità legittimamente costituite ma nello stesso tempo ha ammonito fermamente che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il potere è legittimamente esercitato quando rispetta la vita, la libertà di educazione, la famiglia, il matrimonio naturale, la proprietà privata, i principi religiosi e morali. Ma quando uno stato legifera contro queste cose, quando viola la morale e la legge naturale, quando perseguita e la discrimina i buoni è uno stato iniquo che deve essere non solo privatamente non seguito ma bisognerebbe avere la forza di pubblicamente combatterlo per farlo cadere.

Certo, non tutti sono chiamati a questo ma onore a quegli uomini e donne di buona volontà che non interessandosi di resistere solo loro personalmente cercano di fare di più e di arrivare addirittura a combattere per il bene pubblico, di tutti i cittadini, dei propri fratelli e quindi anche chi resiste alle cose ingiuste che vengono nella Chiesa. Certo in modo sempre rispettoso, non violento che poi rende brutta e sbagliata la modalità di resistenza. Ma chi fa questo dovrebbe essere ringraziato, perché aiuta a capire quelle cose sbagliate che vengono dette o fatte all’interno della Chiesa dagli uomini attualmente al potere e illumina le coscienze delle pecorelle che poverine non sanno più da che parte andare.

Quindi il diritto di resistenza deve essere esercitato non solo nella sfera civile ma anche in quella ecclesiastica.

Su questo mi fermerei e se siete sopravvissuti solleciterei qualche domanda o qualche curiosità.  

Domanda: Se ho un dubbio su cosa seguire sul piano spirituale, ad esempio la questione della comunione sulla lingua, e vado da uno, due o tre sacerdoti che mi dicono tutti che va benissimo prendere l’ostia sulla mano io cosa dovrei fare?

Risposta: Se ti dicessero così e tu in buona fede sei andata a consultare quel sacerdote pensando ti desse una risposta giusta e quindi tu sei sicura che in qualche modo ti ha detto il vero, specialmente se ne hai consultato più d’uno, non hai colpa perché la colpa è dei sacerdoti e di chi ti ha dato la norma sbagliata. Però nonostante le rassicurazioni se dentro di te senti che qualcosa non va o magari ti è capitato di leggere e ascoltare qualche altra campana che ti ha messo una pulce nell’orecchio allora devi andare ad approfondire quel dubbio, che magari viene dalla voce di Dio. Poi per capire meglio la questione come si fa? Bisogna vedere gli aiuti e i mezzi che Dio dà. Magari ti fa incontrare un amico o un conoscente più retto nella fede che può indicarti un buon scritto col quale chiarire la questione. A quel punto devi combattere e dire no, io a comunione sulla mano, come tante altre cose sbagliate, non la faccio, perché devo dare a Dio piuttosto che agli uomini

Domanda: Ho perso il passaggio in cui diceva che il cristiano attaccato a Dio e alla Madonna non deve essere nè ottimista nè pessimista.

Risposta: In realtà è una cosa che ho detto in attesa del collegamento. Sui tratta di una bella frase che ho letto e che mi ha colpito. L’autore scrive che un cristiano non è ottimista, perché l’ottimismo è una deformazione psicologica della realtà, ovvero devo convincermi  che le cose vanno bene, andranno bene e finirà tutto bene. Non è proprio così, perché nel mondo è entrato il male, c’è il lavoro del nemico e c’è sofferenza quindi non le cose vanno sempre bene. Però c’è la speranza, ovvero la convinzione che le cose comunque vadano, bene o male, hanno un senso e quel senso glielo dà Dio e permette veramente di scoprire un disegno. Nulla esce fuori di quel disegno e anche la mia sofferenza o la cosa che va male. se rimango unito a Dio, custodisco la pace perché c’è Dio che mi sostiene e mi aiuta. E’ questo il discorso, ma era soltanto una mia parentesi.

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(*) fra Pietro Pedalino è membro della associazione privata di fedeli francescano-mariana Famiglia dell’immacolata di San Francesco, al cui interno i membri emettono i voti privati di povertà castità e obbedienza e vivono la consacrazione Marianna secondo i più recenti sviluppi teologici e spirituali, con particolare riferimento a San Massimiliano Maria Kolbe. Fra Pedalino è fondatore del sito Tempi di Maria che conta quasi 50.000 iscritti, collabora con la rivista Settimanale di Padre Pio ed interviene con alcune rubriche periodiche sull’ emittente religiosa Radio buon consiglio

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