È in corso a Ginevra la prima sessione del nuovo Consiglio per i Diritti Umani, che avrebbe dovuto, almeno nelle intenzioni di alcuni Stati tra i quali gli USA, accogliere Paesi di provata dedizione alla promozione dei diritti umani e votati almeno da due terzi dell’Assemblea Generale. Invece sono stati eletti, tra gli altri candidati, e con ampio margine, Cuba, Arabia Saudita, Repubblica Popolare Cinese, Pakistan, Algeria, Bangladesh, Nigeria, Gibuti: vale a dire, esattamente come accadeva nel caso della Commissione, Paesi in cui esistono istituzioni che violano la libertà e l’integrità fisica e morale dei loro cittadini
“Oggi siamo partecipi di un’occasione storica” è stato il commento del Presidente dell’Assemblea generale dell’ONU, Jan Eliasson. “Una nuova era è iniziata per l’azione delle Nazioni Unite nel dominio dei diritti umani” ha detto il Segretario Generale, Kofi Annan, auspicando che le attività del Consiglio si distinguano da quelle della Commissione.
Quest’ultima, in effetti, in tanti anni non è riuscita a indurre neanche un governo a pentirsi ed emendarsi per le violenze istituzionalizzate inflitte ai propri connazionali, ma in compenso si è fatta strumento di uno dei maggiori attacchi all’Occidente da parte dei Paesi araboislamici: quello sferrato durante la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui diritti umani svoltasi a Durban, Sud Africa, appena prima dell’attacco terrorista dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle e al Pentagono, e che Stati Uniti e Israele abbandonarono prima della conclusione per protesta.
Si voleva che il Consiglio fosse un organismo molto più piccolo, capace di agire più in fretta e con più efficacia, ma dai 53 componenti della Commissione si è passati a 47 e in termini organizzativi la differenza non sembra significativa. Soprattutto avrebbe dovuto, almeno nelle intenzioni di alcuni Stati tra i quali gli USA, accogliere Paesi di provata dedizione alla promozione dei diritti umani e votati almeno da due terzi dell’Assemblea Generale (che sostituisce l’Ecosoc, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, nel compito di eleggere i tutori dei diritti fondamentali dell’uomo).
Invece i voti necessari – su 191 Stati rappresentati all’ONU – sono 96 e alla prima consultazione svoltasi il 10 maggio sono stati eletti, tra gli altri candidati, e con ampio margine, Cuba, Arabia Saudita, Repubblica Popolare Cinese, Pakistan, Algeria, Bangladesh, Nigeria, Gibuti: vale a dire, esattamente come accadeva nel caso della Commissione, Paesi in cui esistono istituzioni che violano la libertà e l’integrità fisica e morale dei loro cittadini – come le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio imposto, il ripudio, l’infanticidio forzato, l’omicidio d’onore – senza considerare che nessuno di essi si può dire uno Stato democratico.
Basta questo per capire che, di nuovo, ai lupi si affida la custodia degli agnelli come da sempre è successo alle Nazioni Unite: tanto più che il rispetto delle quote regionali fissate attribuisce all’Occidente, ovvero ai Paesi realmente democratici e fondati sulla libertà, soltanto 7 seggi, mentre 13 vanno rispettivamente ad Africa e Asia, 8 all’America Latina e 6 all’Europa Orientale.
Per chi tuttavia nutriva delle speranze, la delusione sul funzionamento del nuovo organismo è arrivata quasi subito. Il giorno successivo all’inaugurazione, i lavori del Consiglio sono incominciati con un lungo e baldanzoso discorso del ministro degli Esteri cubano, Félipe Perez Roque, contro gli Stati Uniti: “questo è un giorno di particolare significato simbolico. Cuba è uno dei componenti fondatori del Consiglio e gli Stati Uniti no. L’assenza degli Stati Uniti è la sconfitta delle menzogne; la punizione morale per l’arroganza di un impero”, e contro l’Unione Europea accusata di essere complice delle nefandezze americane e del tentativo di trasformare gli organismi ONU a tutela dei diritti umani in tribunali inquisitori contro i Paesi in via di sviluppo.
Dalle parole del portavoce cubano si potrebbe pensare che gli Stati Uniti non siano stati ammessi per mancanza di voti sufficienti. Invece, perse le speranze di creare un organismo efficiente, non hanno neanche presentato la loro candidatura. È motivo di soddisfazione, e di apprezzamento per l’operato del governo Berlusconi, che anche l’Italia abbia rifiutato di candidarsi.