Rassegna Stampa
a cura di Pietro Licciardi
L’ironia è un’arma potente, soprattutto quando fa breccia e diventa luogo comune. Così è diventata celebre la frase: «i comunisti mangiano i bambini», con cui si sbeffeggiano ancora oggi i più risoluti oppositori della peggiore ideologia del XXI secolo, peraltro sorella del nazionalsocialismo.
Eppure ci sarebbe ben poco da ironizzare con aria di superiorità sulla questione perché non solo i comunisti hanno creato le condizioni per atroci e diffuse forme di cannibalismo nei luoghi e nei tempi (anche presenti) del socialismo reale. Ma i bambini, e gli adulti, li hanno mangiati per davvero. L’orrore comunista ha fatto pure questo e le testimonianze sono numerosissime.
Si potrebbe cominciare ricordando Nazino, l’Isola dei cannibali (https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/?p=2056) nella Siberia profonda dei primi anni Trenta del secolo scorso, di cui ci narra lo storico Nicolas Werth (1), dove migliaia di deportati, ridotti ad una condizione estrema, si risolsero a divorare i più deboli fra loro per sopravvivere.
Oppure l’holomodor (https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/?p=2203) la terribile carestia artificiale provocata per dekulakizzare l’Ucraina, ma anche il Kazachstan e le regioni del Kuban, del Don e della Volga, in attuazione del piano di collettivizzazione della terra già iniziato da Lenin e portato a termine con singolare ferocia dal caro amico di Togliatti, Stalin. Neanche in tale occasione mancò il cannibalismo, che anzi fu diffuso e divenne un tragico costume: vennero procreati bambini per sopravvivere mangiandoli (2).
Se però anche queste testimonianze fossero ritenute di parte, o tali da far attribuire tali orrori allo «stalinismo», autentica categoria di comodo per giustificare l’«ideale» comunista, allora soccorre una testimonianza insospettabile di partigianeria anticomunista e soprattutto che colloca il cannibalismo tra i primi effetti dell’attuazione dell’«ideale» comunista.
È una lettera «segretissima» di Lenin al Politbjuro, estratta dagli archivi di Mosca, in cui il «fondatore» così si esprime: «È ora, solo ora, quando nelle regioni affamate la gente mangia carne umana e migliaia di cadaveri coprono le strade, che possiamo e dobbiamo procedere alla confisca dei preziosi della Chiesa con la più selvaggia e spietata energia […]. Quanto più clero e borghesia reazionari giustizieremo per questo, tanto meglio» (19 marzo 1922) (3).
Il riferimento del «capo» è alla prima carestia artificiale, che il comunismo fin da subito portò in dote ai popoli ch’ebbero la fortuna di conoscerlo bene e provarne sulla propria pelle la sperimentazione. Un testimone diretto ci offre il dettaglio di quanto noto a Lenin, e dissipa ogni sospetto di esagerazione.
«La gente mangiava soprattutto quelli che gli erano più vicini, a mano a mano che morivano; si alimentavano i bambini più grandi, ma i neonati, che non avevano ancora imparato a vivere, non venivano risparmiati, per quanto magro potesse essere il ricavato. Ciascuno divorava nel proprio cantuccio, non alla tavola comune, e nessuno ne parlava» (4).
Il fenomeno però è piuttosto comunista che russo. Infatti, se si registrano tutt’ora episodi di cannibalismo in Corea del Nord, dove il socialismo per quello sventurato popolo è ancora reale, è in Cina che sotto questo profilo il comunismo ha dato il meglio di sé. E non tanto a causa della mostruosa carestia artificiale – anche lì –, provocata per effettuare un «balzo in avanti» nella produzione agricola in violazione di tutte le leggi della terra, della chimica, della fisica, dell’economia e della ragione, e che causò, secondo le stime più prudenti, circa quaranta milioni di vittime, molte delle quali divorate dagli affamati (5).
Ci riferiamo soprattutto al cannibalismo praticato proprio dai comunisti (https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/?p=2250) (bisogna concedere che ad essere mangiati non erano solo i bambini). Come narra la storica cinese Jung Chang, all’epoca della Rivoluzione culturale, che molti ex giovani – oggi tutt’altro che innocui, visto che occupano spesso posti potere di vario tipo – all’epoca esaltarono come esperienza di libertà meritevole d’importazione pure nel nostro Paese, furono organizzati «banchetti di carne umana».
E non per fame, stavolta, ma come modo in un certo senso rituale per colpire e terrorizzare i «nemici del popolo», dentro e fuori il partito, che venivano divorati per significare che mettendosi contro il partito perdevano la loro umanità.
Le fonti cui attinge la Jung Chang sono costituite soprattutto da atti – oggi non più accessibili – d’inchieste e processi promossi dallo stesso partito comunista cinese all’epoca di Deng Xiao Ping , raccolti a suo tempo da Zheng Yi, già Guardia rossa e giornalista comunista. Da essi risulta come, in occasione delle pubbliche adunate di denuncia dei «contro-rivoluzionari», questi – anche Guardie Rosse della fazione perdente – venissero macellati, privati di cuore, fegato, talvolta del pene – anche prima che fossero morti –, che venivano cucinati e mangiati sul posto (6).
Come si vede, c’è poco spazio per il solito sorrisetto ironico e di superiorità, se non di compatimento, nei confronti dell’anticomunismo e degli anticomunisti, accusati di pensare che «i comunisti mangiano i bambini», visto che, se è sbagliato pensarlo, probabilmente è sbagliato per difetto, non potendosi mai immaginare quali livelli abbia raggiunto tale specifico – e reale – orrore.
A chi ancora fosse scettico consigliamo le letture in nota
Note:
1) Nicolas Werth, L’isola dei cannibali. Siberia, 1933: una storia di orrore all’interno dell’arcipelago gulag, trad it., Corbaccio, Milano 2007.
2) Cfr, fra tutti, Robert Conquest, Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica, trad. it., Liberal edizioni, Roma 2004.
3) Cit. in Richard Pipes, Il regime bolscevico. Dal Terrore rosso alla morte di Lenin, trad. it., Mondadori, Milano 2000, pp. 405-06 (trad. leggermente modificata).
4) Cit. in Mihail Geller [1922-1997] e Aleksandr Nekrič, Storia dell’URSS dal 1917 a Eltsin, trad. it., Bompiani, Milano 1997, p. 132.
5) Cfr. Jasper Becker, La rivoluzione della fame. Cina 1958-1962 la carestia segreta, il Saggiatore, Milano 1998.
6) Cfr. Jung Chang, con Jon Halliday, Mao. La storia sconosciuta, Longanesi, Milano 2006.