per Rassegna Stampa
25 Novembre 2021
Dalla giusta visione della persona deriva anche la correttezza nel vestire e una certa eleganza, secondo le circostanze
di Giuseppe Brienza
Quante volte ce la siamo presa con la moda insulsa che, seguendo i dettami del Politicamente corretto e della Rivoluzione sessuale, dal Sessantotto in poi ci ha inflitto una visione del corpo ridicola, mercificante ed iper-sessualizzata. Allo stesso tempo, però, sono da rigettare anche quelle visioni pauperistiche che vorrebbero precludere al cristiano la ricerca del buon gusto e dell’eleganza nell’abbigliamento, nell’arredo della propria abitazione, nell’automobile etc. Visioni tali da precludere, insomma, qualsiasi ricercatezza in tutti quegli ambiti personali e sociali del vivere dei quali non sarebbe giusto, tranne vocazioni particolari, fare a meno.
L’esercizio della retta ragione e la conformità alla morale naturale e cristiana farebbero propendere ad una concezione del corpo, della moda e del bello molto distante dalla prima e dalla seconda visione estetica della persona che abbiamo sopra accennato. Vediamo perché.
Rispetto della natura e buon gusto in casa e nell’abbigliamento
La prima visione antinaturale del corpo e della persona, frutto del conformismo e dell’ideologia progressista è, come detto, debitrice degli sconvolgimenti del Sessantotto. In pochi anni, ha portato alla deriva la “cultura della moda” a seguito soprattutto dall’abbandono del “mistero” e della dignità propria della figura e della bellezza femminile. All’insegna della trasgressione, questa tendenza pseudo-rivoluzionaria nella moda ha finito per fare il gioco del consumismo e della mercificazione, conducendo al rigetto non soltanto di ogni senso del pudore, ma anche di quello di bellezza e armoniosità del corpo umano.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, in questo contesto, ha insegnato che le prime e più dannose manifestazioni degenerative della «esposizione del corpo umano in funzione di una curiosità morbosa in certe pubblicità» sono quelle derivanti dalla «sollecitazione di certi mass-media a spingersi troppo in là nella rivelazione di confidenze intime» (1).
Il pudore, infatti, lungi dall’essere una “virtù del passato”, sarebbe oggi presidio soprattutto ai giovani per riconquistare una coscienza critica ed una libertà di giudizio “commissionata” per lo più al Pensiero Unico. Quest’ultimo, anche nell’ambito della moda, è ormai in grado di dettare alle nuove generazioni un modo di vestire e vivere allineato ai diktat dell’ideologia gender e nichilista.
È naturale che il pudore possa assumere forme e stili di comportamento diversi da un’epoca all’altra e da una cultura all’altra.
Certi criteri e valori di fondo, però, rimangono sempre gli stessi, non potendo, anzitutto, non essere ricondotti alla dignità spirituale propria del corpo e della sessualità umana. Reimparare il pudore e, soprattutto, riproporlo a scuola, nei media e in famiglia come valore fondamentale ai bambini e agli adolescenti, servirebbe a risvegliare in essi e in tutti noi il vero rispetto della dignità della donna e, in generale, della persona umana.
Dalla giusta visione della persona deriva anche la correttezza nel vestire e una certa eleganza, secondo le circostanze sociali di ciascuno
Alla vigilia della Rivoluzione culturale del Sessantotto un santo come Josemaría Escrivá (1902-1975) aveva capito – fra pochi nella Chiesa – l’importanza di rivedere la giusta “taratura” fra natura e cultura nell’identità e vocazione della donna, favorendone l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Non che il fondatore dell’Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002, sia stato mai “simpatetico” rispetto al movimento femminista che, negli ultimi decenni, è stato persino definito “cristiano”.
Anzi, è stato proprio per rinnovare la visione tradizionale dell’“angelo del focolare” ed evitare che l’emancipazione femminile potesse assumere (come poi è in gran parte avvenuto) un carattere degenerativo che il santo spagnolo ha cercato di sensibilizzare il mondo cattolico e la società del suo tempo sulla necessità che le donne, pur continuando per loro scelta e vocazione a dedicarsi alla famiglia e alla maternità, avessero anche la possibilità di studiare e proiettarsi nel mondo delle professioni, della cultura, dei media e della politica.
Questo discorso il fondatore dell’Opera lo rivolse anzitutto alle donne, incoraggiandole alla libertà e alla responsabilità ma avvertendole allo stesso tempo dei pericoli dell’ideologia del femminismo.
In un’intervista pubblicata nel febbraio 1968 dalla rivista spagnola di moda Telva (2), san Josemaría espresse tali concetti con parole inequivocabili, al solo pronunciare le quali si rischiava il linciaggio: «sviluppo, maturità, emancipazione della donna non possono significare una pretesa di uguaglianza – di uniformità – nei riguardi dell’uomo, una “imitazione” dei modelli maschili: ciò per la donna non sarebbe una conquista, ma piuttosto una perdita, e non perché essa valga di più o di meno dell’uomo, ma perché è diversa» (3).
Sulla stessa rivista femminile, ispirata dal fondatore a donne appartenenti all’Opus Dei, gli editoriali battevano proprio su questo: uguali in dignità e diritti ma diverse per inclinazioni e per natura. Così scriveva ad esempio la direttrice di Telva: «Sì, vogliamo che sappiate cosa succede nel mondo, ma vogliamo anche che vi vestiate con gusto, […] che siate allegre e che impariate a riposare. […] È questa, infatti, la garanzia per una donna proiettata nel futuro, ottimista, ben informata e in piena forma» (4).
Così come incoraggiava le donne che si sentivano chiamate allo studio e al lavoro fuori casa a lanciarsi nei loro progetti per valorizzare le proprie attitudini e il “genio femminile”, allo stesso tempo mons. Escrivá consigliava a quelle che decidevano di dedicarsi esclusivamente alla famiglia di non trascurare la loro femminilità.
Quindi continuare a puntare sulla «cura della propria persona. Se un altro sacerdote vi dicesse il contrario, penso che sarebbe un cattivo consigliere. Una persona che deve vivere nel mondo, quanti più anni ha, tanto più è necessario che si sforzi di migliorare l’impegno per “essere presentabile”, d’accordo naturalmente, con l’età e le circostanze. Spesso, scherzando, dico che le vecchie facciate sono quelle che hanno più bisogno di un buon restauro» [J. Escrivá, La donna nella vita sociale e nella Chiesa, intervista cit., p. 136].
Naturalmente il discorso sullo stile e sulla cura estetica era diretto tanto alle donne quanto agli uomini. Cesare Cavalleri, che è poeta e critico letterario di notorietà internazionale oltre che direttore della rivista Studi Cattolici, ha testimoniato per esperienza diretta come san Josemaría abbia sempre «insegnato la correttezza nel vestire e una certa eleganza, secondo le circostanze sociali di ciascuno. È un modo “secolare” di intendere la povertà anche in questo campo» [Cesare Cavalleri (a cura di), Álvaro del Portillo. Intervista sul fondatore dell’Opus Dei, Edizioni Ares, Milano 2014, p. 51].
Mons. Escrivá, in accordo alla sua straordinaria visione anticipatrice dei grandi fenomeni sociali, stimola nelle donne che si avvicinano o frequentano l’Opera l’attenzione sugli aspetti professionali, dottrinali e morali della loro attività in tutti gli ambiti, dalla famiglia all’università, dalla cura della casa al lavoro in campagna, da quello della creazione artistica alle fabbriche e così via dicendo… Questo perché, ripeteva, i «militanti anticristiani» lavorano con grande determinazione per ottenere anche il loro inquadramento massificante e, «una volta corrotta la donna, viene corrotta la famiglia e viene corrotta la società» (5).
Stupisce l’anticipo con il quale il fondatore dell’Opus Dei avvertiva lucidamente la necessità di difendere l’originale e poliedrica dignità femminile e la sua duplice inestimabile vocazione: dare vita all’umanità e dare umanità alla vita.
Trent’anni di moda cristiana in Spagna: la rivista Telva
Dal momento in cui è apparsa la prima rivista femminile, The Ladies’ Mercury, stampata in Gran Bretagna nel febbraio del 1693, per oltre due secoli e mezzo la funzione di questo tipo di testate è stata sempre quella d’intrattenere e d’informare le donne, senza invogliarle a criticare né mettere in discussione la cultura o le tendenze prevalenti delle varie società del loro tempo.
Ancora oggi la giornalista cattolica spagnola Covadonga O’Shea, fondatrice assieme alla collega Pilar Salcedo di una delle riviste storiche “di moda e bellezza”, Telva (6), nome che ha origine dalla parola “donna” in asturiano, ha confermato come ancora oggi la più importante funzione di queste testate dovrebbe essere «quella di informare su questioni specificamente femminili e, allo stesso tempo, di distrarre nel campo dell’informazione».
Prima che il femminismo se ne servisse come strumento di propaganda ideologica in vista della Rivoluzione del Sessantotto, vi è stato quindi chi nel mondo cattolico ha compreso il potenziale culturale e, alla lunga, politico dei media generalisti (com’erano allora le riviste patinate) nella ridefinizione del ruolo sociale e dell’identità della donna.
Fondamentale da questo punto di vista è la pubblicazione della rivista quindicinaleTelva, la cui prima redazione aveva sede a Plaza de la Independencia a Madrid, stampatada una delle più importanti tipografie della Spagna, la Hauser y Menet (7).
Si tratta di una testata patinata a colori edita dalla Sarpe, una casa editrice legata all’Opus Dei, il cui primo numerodata 1° ottobre 1963. Tra le firme che appaiono nelle prime annate, oltre a quelle delle due fondatrici, troviamo quelle di un buon numero di giornalisti di spicco, alcuni dei quali provenienti da altre pubblicazioni, soprattutto dalla rivista Ama (8).
Sebbene il numero di contributi presenti su ogni numero sia davvero rilevante, le componenti della redazione, tutte donne, non sono molte. Sempre al femminile è stata, naturalmente, la direzione della rivista, dal 1963 al 1970 con Pilar Salcedo, definita dall’attuale caporedattore di Telva, César Suárez «la storia vivente dei primi anni» (9).
La Salcedo ha dichiarato d’ispirarsi nello stile della rivista allo scrittore spagnolo José Martínez Ruiz (1874-1967), noto con lo pseudonimo di Azorín, che secondo lei aveva scritto alcune delle migliori pagine mai pubblicate nella letteratura contemporanea.
Nei testi della rivista cercò quindi di riprodurre la chiarezza assoluta delle sue novelle, riproducendo lo stile chiaro, concreto, pratico e universale di Azorín che,secondo la Salcedo, avrebbe dovuto essere «un modello per tutti i giornalisti» (10). Nel 1970 la direzione di Telva passa a Covadonga O’Shea, che guiderà la rivista per ben 27 anni, fino al 1997 (11).
Tra le sezioni tematiche abbiamo (in ordine alfabetico):
- Arte e casa,
- Attualità,
- Cinema (rubrica curata da uno dei pochi redattori uomini diTelva, Mariano del Poza),
- Cucina,
- Decorazione,
- Donna (La) del giorno,
- Itinerari geografici,
- Gioventù (sezione curata da Pilar Urbano),
- Hobby,
- nfanzia,
- Leggi,
- Letteratura,
- Mondo,
- Offerte di lavoro,
- Orientamenti sociali e cristiani
- Pagine di medicina,
- Pettegolezzi
- Psicologia
- Professioni
- Quiz
- Quotidianità
- Reportages
- Televisione (12).
Come vediamo il “menù” di Telvaera molto ricco, passando da rubriche serie e semi-serie ad altre impegnate, includendo sezioni sul mondo dello spettacolo, della televisione e dei suoi personaggi più popolari senza mancare di influenzare la cultura e l’attitudine femminile anche verso la ricerca (quando desiderato e possibile) del lavoro al di fuori dalle mura domestiche.
Nei suoi resoconti, poi, la rivista sa mescolare attualità, informazioni, frivolezza, umorismo ma anche tematiche religiose e spirituali. Fin dal primo numero la redazione di Telva è stata inondata da lettere di lettori e, il numero e la varietà delle rubriche è cresciuto man mano e in linea con le esigenze e richieste delle lettrici.
Alcune delle giornaliste che hanno collaborato con Telvahanno avuto in seguito importanti carriere nella Spagna degli anni Settanta, a cominciare dalla giornalista e scrittrice Pilar Urbano, tra le più conosciute biografe della Casa Reale. Ma raggiunse notevole notorietà anche una delle principali modelle di Telva, Meye Maier (1945-2010), stilista e designer che, negli scatti per la rivista affascina con la sua bellezza serena, elegante e semplice.
In effetti, è il taglio complessivo della pubblicazione a presentarsi con uno stile giovanile, dinamico ed efficace. In conclusione, si può dire che Telva abbia raccolto, nei suoi primi trent’anni di vita, la sfida della modernità occupandosi di questioni attuali e innovative per una rivista femminile, ma con una linea generale d’ispirazione sempre ancorata alla cultura tradizionale e alla morale cristiana.
A partire dal 2007, però, uscita dall’orbita dell’Opus Dei, la rivista ha più o meno perso quest’ultima connotazione e, diventata una testata esclusivamente “di moda e bellezza”, nelle mani di RCS media Group, gruppo editoriale (fra l’altro) del quotidiano di centrodestra El Mundo, il secondo in Spagna per diffusione e numero di lettori, ha visto una serie di cambiamenti progressivi e sostanziali rispetto alla linea originaria.
Tuttavia, nonostante la sua “mondanizzazione”, TelvaNovias è ancora una testata rivolta alle giovani donne e alle “signore” che, in modo ormai “laicizzato”, percepiscono però la loro realizzazione nel matrimonio e nella famiglia. Ecco perché la sua edizione patinata è ancora unbest seller in Spagna. In fondo, nelle parole degli stessi componenti della redazione, «alla fine, il sogno segreto di tutte le donne è quello di sposarsi».
Per concludere
Quando l’Opus Deicon le riviste Ama e Telvaè riuscita per alcuni decenni a influenzare “dal di dentro” il mondo della moda in Spagna, non lo ha fatto unicamente per evitare che la rivoluzione femminista portasse il “gentil sesso” «sulla strada della perdizione», come hanno scritto i malevoli. Mons. Escrivá ha collocato le iniziative in materia nella più ampia prospettiva di aiutare le donne a vivere la loro vocazione e missione principale di madri e mogli, senza per questo rinchiudersi in casa o nel passato.
Telva, in particolare, è ancora oggi riconosciuta dagli specialisti come una rivista“leggendaria”. Questo non solo per il modo straordinario con il quale si è affermata sul mercato fin dal suo primo numero, ma anche per l’importante influenza che ha saputo conquistare in pochi anni.
Tanto che uno scrittore e giornalista distante dal mondo cattolico come Francisco Umbral (1932-2007) (13), considerato uno dei più noti dellaletteratura spagnola del Novecento, ha coniato in relazione allo stile della rivista la definizione della “ragazza Telva”, riferendosi ad un carattere femminilesemplice ma elegante, dinamico e affascinante, che andava oltre le pagine della rivista per impersonare lo stile di un tempo.
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1) Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano 1992, n. 2523
2) L’intervista di Pilar Salcedo al fondatore dell’Opera, dal titolo Una entrevista con MonseñorJosemaríaEscrivá de Balaguer. La mujer en la vida social del mundo y en la vida de la Iglesia, è stata pubblicata in due parti nei numeri 105 e 106 rispettivamente del 1° e 15 febbraio 1968. Alla sua preparazione ha collaborato anche l’allora vicedirettrice della rivista, CovadongaO’Shea.
3) JosemaríaEscrivá, La donna nella vita sociale e nella Chiesa (intervista a cura di Pilar Salcedo), in Colloqui con Mons. Escrivá de Balaguer, Edizioni Ares, Milano 1972, p. 134.
4) Pilar Salcedo, Quiero vivir, vivir ahora, in Telva, n. 49, 1° ottobre 1965. Cfr. la citazione originale in spagnolo: «Sí, nosotras queremos que sepáis lo que ocurre por el mundo, pero también que vistáis con gusto, que no engordéis, que en vuestras casas coman platos sabrosos, que seáis alegres y aprendáis a descansar. Y, como no andáis sobradas de tiempo, os lo seleccionamos: un noble servicio de información. Y, además, la garantía de una mujer del futuro, optimista, bien enterada y en plena forma».
5) Quello del nuovo ruolo della donna nella società, all’insegna della sempre valida visione naturale e cristiana, fu una delle “direttive di azione” che il fondatore dell’Opus Dei impartì in quegli anni per l’Apostolato dell’opinione pubblica [Apostolado de la OpiniónPública] condotto dall’Opera.
6) Laureata in Filosofia e Lettere e Giornalismo all’Università di Navarra, Covadonga O’Shea è stata vicedirettrice di Telvadal 1963 al 1970. Direttore responsabile della rivista dal 1970 al 1997, nel 2000 ha fondato e diretto per dieci annil’InstitutoSuperior de Empresa y Modaun’istituzione pionieristica che ha offerto a generazioni di spagnolila possibilità di conseguire un Executive MBA in Fashion Business.Ha anche creato la Fondazione Tecnomoda, un’organizzazione volta a promuovere la formazione nell’industria della moda e del tessile, ed è stata membro e consigliere di vari musei ed enti culturali legati al mondo della moda.Ha collaborato a diversi giornali come El País, El Mundo, ABC, El Correo Español ed ha partecipato a programmi televisivi come “Protagonistas” (di Luis del Olmo) e “Hoy por Hoy” di IñakiGabilondo.È autrice di diversi libri di successo, l’ultimo dei quali è Así es Amancio Ortega, elhombrequecreó Zara(2011) e ha pubblicato una raccolta di articoli e interviste a personaggi famosi. È coautrice dei cataloghi España de moda e Victorio & Lucchino, 25 años de moda.
7) Cfr. Carmen Muñoz Ruiz, Mujer mítica, mujeres reales: las revistas femeninas en Espaňa, 1955-1970 (Universidad Complutense de Madrid – Facultad de Geografía e Historia – Departamento de Historia Contemporánea), tesis doctoral, Madrid 2002, pp. 205-207.
8) Fin dagli anni Cinquanta, fra le altre “direttive di azione” della Sezione Femminile dell’Opera, vi è stata anche quella di influenzare il mondo della moda. Già nel 1958 è apparsa quindi la rivista Ama, diretta da un soprannumerario dell’Opus Dei. Rivista di piccolo formato – più o meno come l’ABC -, Ama si rivolgeva alle “casalinghe” della classe medio-bassa e aveva rubriche di economia domestica, decorazione, cucina, attualità e moda. Si rivolgeva alle lettrici con un linguaggio semplice e diretto, toccando argomenti interessanti senza scadere nei contenuti sdolcinati e “passatisti” della Sezione Femminile della Falange, il partito unico franchista, allora al potere in Spagna. Queste ultime pubblicazioni, al tempo, ignoravano praticamente la moda, tranne che per lanciare invettive moralistichevolte ad evitare scollature eccessive o aderenze troppo pronunciate.
9) César Suárez, È morta Pilar Salcedo, in Telva.com, 29 giugno 2015 (traduzione redazionale). Nello stesso “coccodrillo” l’attuale caporedattore di Telva ha definito la Salcedo «una pioniera in Spagna, una grande giornalista che sapeva come comunicare, che curava i dettagli e aveva un grande senso dell’umorismo. Esempio per i suoi successori, ha segnato un prima e un dopo nel mondo delle riviste femminili in Spagna» (ibidem).
10) Citazione dall’ultima intervista che César Suárez, caporedattore di Telva, ha realizzato con Pilar Salcedo in occasione del 50° anniversario della rivista (2013), riprodotta sul sito: www.telva.com.
11) Per divergenze sull’orientamento della rivista nel 1970 Pilar Salcedo è sollevata dall’editore dal suo incarico. Qualche tempodopolasciò anche l’Opus Dei, cammino spirituale nel quale era entrata fin dal 1949 come “Numeraria”. Forse in questa scelta ha influito anche la guida spirituale che Pilar aveva scelto in quei travagliati anni, vale a dire il sacerdote RaimonPanikkar (1918-2010), anche lui prima entrato (1940) e poi uscitodall’Opus Dei(1949), per abbracciare una singolare e discutibile identità “multireligiosa”. Panikkar, considerato dai suoi estimatori un teologo contemporaneamente cristiano, induista e buddhista, come egli stesso si dichiarava, era «votato a tre religioni senza averne tradita nessuna». La Salcedo, invece, non ha mai abbandonato la Fede, aderendodopo l’abbandono dell’Opera al Rinnovamento Carismaticocattolico in Spagna, che la vide giornalisticamente protagonista anche con le sue collaborazioni alla rivista “Nuevo Pentecostés” (“Nuova Pentecoste”).
12) Questo l’elenco, non esaustivo, dei titoli nell’originale spagnolo delle varie sezioni della rivista: «La mujer al día, Diálogo abierto, Telva arte, Gente Joven, Telva leyes, Decoración, Profesiones, Telva en tu casa, Telva en el mundo, Cosas que pasan, Cosas que dicen, Quiz, Hobby, Televisión».
13) L’opera di Francisco Umbral, insignita nel 1996 del Premio Principe delle Asturie, nel 2000 ha ricevuto la sua consacrazione definitivaconquistandoil Premio Cervantes, quello che per la letteratura spagnola equivale al Nobel per la letteratura mondiale. L’eccentrico giornalista e scrittore spagnolo è stato anche un prolifico collaboratore di importanti quotidianicome El Pais e El Mundo.
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