da La Nuova bussola quotidiana 16 Novembre 2018
di Stefano Fontana
L’ultimo numero della rivista francese “Catholica” diretta da Bernard Dumont parla dell’origine dell’idea di “Chiesa in uscita”, espressione oggi molto adoperata sulla scia di papa Francesco, e la fa risalire al padre domenicano Marie-Dominique Chenu. La cosa interessa anche la Dottrina sociale della Chiesa, dato che padre Chenu, com’è noto, nei primissimi anni Settanta del secolo scorso aveva lanciato la più radicale negazione della possibilità stessa della Dottrina sociale della Chiesa, considerandola una ideologia. Giudizio pesante e tagliente, come se la Chiesa con la sua Dottrina sociale non liberasse il mondo ma lo coartasse nell’intento di dominarlo con le sue invenzioni teoriche astratte e strumentali.
Orbene, la suddetta rivista ricorda che il 4 febbraio 1942 un’opera del padre Chenu fu messa all’indice dal Sant’Uffizio. Si trattava de Une école de théologie, le Saulchoir, pubblicata nel 1937.Il Centro di Saulchoir, allora diretto da Padre Chenu, era lo studio della provincia domenicana di Francia e luogo eminente della teologia che avrebbe influenzato il Concilio Vaticano II. In quest’opera il padre domenicano sosteneva la necessità di superare l’epoca della “cristianità” anche nella forma proposta da Maritain e considerava la religione “una ermeneutica dei tempi presenti”. Nell’opera censurata egli introduceva il concetto di “luogo teologico in atto” inteso come la vita presente della Chiesa per cui la teologia deve essere presente al proprio tempo. Nel 1967 questa concezione si evolverà in quella di “segni dei tempi”: i fatti e il divenire umano costituiscono, a loro modo, un luogo teologico in cui il credente deve cercare, in positivo e in negativo, gli appelli e le sollecitazioni dello Spirito”.
C’è già, quindi, nel pensiero di Chenu, la “svolta antropologica” di Rahner, ossia l’idea che il luogo teologico ora è il mondo e la rivelazione avviene nel mondo nella forma dell’interpretazione ermeneutica delle situazioni esistenziali. Dio si rivela dentro l’esistenza storica tramite eventi storici e tramite la loro interpretazione credente. Il mondo è sacramento, presenza di Dio creatore e salvatore, e non si dà principio o valore cristiano che non sia anche mondano. La Chiesa non possiede verità da comunicare al mondo, ma si pone in ascolto del mondo, fa esperienza del mondo col mondo e interpreta i segni dei tempi, ossia gli eventi in cui Dio si rivela nell’umanità.
È curioso tornare a notare la data di composizione del libro censurato dal Sant’Uffizio nel quale si trovano già queste idee in germe: il 1937. Solo un anno primo Jacques Maritain aveva fatto un’altra proposta, quella dell’uomo, e non del mondo, come luogo teologico. Ma evidentemente Umanesimo integrale nasceva già vecchio se, solo un anno dopo, padre Chenu silurava la proposta personalista di Maritain sostenendo che anche l’uomo era, in fondo, nel mondo, dentro situazioni storiche ed esistenziali e che erano esse, e non l’uomo, il vero luogo teologico.
Il nuovo precetto della “Chiesa in uscita”, ora fatto proprio da papa Francesco e ripetuto come slogan ormai da molti, è espressione di questa visione del mondo, e non della Chiesa, come luogo teologico. È proprio padre Chenu a dirlo in un’opera successiva: “per essere nel mondo come nel suo proprio luogo, costitutivamente e non per solo proselitismo, la Chiesa deve uscire da se stessa, dai propri apparati: ella è missionaria”. In cosa consiste questa missione per la quale la Chiesa deve uscire da se stessa? Significa partecipare ad una azione che lo Spirito suscita fuori da ella stessa, nel mondo.
Molti usano oggi l’espressione “Chiesa in uscita”. Non so se sappiano veramente cosa dicono. Se intendono quello che intendeva Chenu (e Rahner) la Chiesa in uscita è incompatibile con l’esistenza della Dottrina sociale della Chiesa e Chenu, nel condannarla come ideologia, è stato almeno coerente.