Parla don Ghislain Roy, sacerdote del Quebec che da anni gira il mondo per diffondere l’adorazione eucaristica perpetua: «Quando la Chiesa smette di proporla come fonte di guarigione e di liberazione, le persone cercano di sanare le loro ferite rivolgendosi al New Age o altri surrogati»
di Raffaella Frullone
L’opera itinerante di don Ghislain Roy, canadese del Quebec, sacerdote della Società Giovanni Maria Vianney – fondata nel 1990 da Guy Claude Bagnard, vescovo emerito della diocesi di Belley-Ars, per presbiteri che vogliono ispirarsi al santo Curato di Ars – ruota attorno a due parole chiave: liberazione e guarigione. Dopo aver sperimentato su se stesso la grazia dell’adorazione eucaristica, oggi gira il mondo per proporre alle persone oppresse, sole, provate nel corpo e nello spirito di inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, e per ricordare ai preti la potenza sanatrice del loro ministero. «L’adorazione eucaristica è centrale nella vita di un cristiano – spiega – perché è Gesù stesso che è presente. E Gesù nel Santissimo Sacramento guarisce».
Don Ghislain, cala la frequenza ai sacramenti e cresce il numero di persone che cercano consolazione o realizzazione nel New Age, in pratiche orientali come lo Yoga, ecc. Come fare per far capire i tesori spirituali che la Chiesa offre a tutti?
«Siamo noi preti che dobbiamo parlare dell’Eucarestia e proporre l’adorazione eucaristica. Se nelle nostre chiese non vediamo più all’opera il Signore per guarire e liberare, se noi sacerdoti non viviamo tutto questo in prima persona, come possono gli altri sviluppare il gusto dell’adorazione? Come possiamo parlarne a chi è provato nel corpo e nello spirito? Ecco perché per un sacerdote è essenziale avere un rapporto quotidiano con Gesù nel Santissimo Sacramento, inginocchiarsi in adorazione. Solo se il nostro cuore arde possiamo vedere ardere quello dei fedeli. Per questo sono profondamente convinto che quando la Chiesa smette di proporre esplicitamente come fonte di guarigione e liberazione l’Eucarestia, le persone cercano di sanare le loro ferite in altri modi e quindi si rivolgono al New Age o altri surrogati. Cercano lì quello che non trovano da noi. Invece ogni parrocchia dovrebbe avere una cappella per l’adorazione perpetua».
Perché secondo lei ci sono molti pastori che faticano a proporre l’adorazione eucaristica?
«È perché a volte i sacerdoti stessi non sono stati toccati in profondità da Gesù presente nell’Eucarestia. Quando lo sono e iniziano a proporre le adorazioni notturne, allora accadono cose sorprendenti: ragazzi, anziani, ammalati, professionisti o disoccupati vengono ad adorare, si alzano nel cuore della notte senza esitazione perché scoprono nelle cappelle di adorazione eucaristica perpetua dei luoghi di grazia. Posso raccontare storie di giovani distrutti dalla droga, o di uomini sull’orlo del suicidio salvati dall’incontro con il Santissimo Sacramento. L’adorazione è il metodo più efficace per riscoprire la grandezza dell’Eucarestia. San Pierre Julian Eymard, il fondatore della Congregazione del Santissimo Sacramento, rimarcava come il tempo trascorso davanti a Gesù Eucarestia sia quello speso meglio, e ribadiva che questo è il bisogno del nostro tempo, un tempo che non è solo per noi, singolarmente, è per la salvezza della società intera. Il nostro male più grande è non aver capito questo e non andare più da Gesù».
Qual è una guarigione che l’ha colpita e cui ha assistito durante i suoi anni di ministero dedicato all’adorazione eucaristica?
«Faccio sempre fatica a scegliere un solo caso. Innanzitutto il mio stesso ministero è una guarigione, nato da una grazia ricevuta a Medjugorje, poi attraverso l’adorazione il Signore mi ha fatto capire che più passavo il tempo con Lui, davanti all’Eucarestia, più il suo amore penetrava in me e più io potevo toccare molti i cuori. Così, sperimentandola su me stesso, comprendevo l’importanza dell’adorazione notturna, che libera e guarisce. “Lasciate lavorare Gesù Eucarestia” diceva ancora san Pierre Julien Eymard e aveva ragione, perché solo in questo modo si salva il mondo.
Personalmente ho potuto assistere a tanti momenti di liberazione: adulti che scoppiavano a piangere come bambini, persone oppresse alleviate da pesi insopportabili nell’anima. Mi viene in mente il caso di una ragazza che ha ricevuto la guarigione dalla sclerosi multipla di cui era affetta davanti al Santissimo, e poi il caso di un sacerdote che mi ha raccontato di come in 18 anni non avesse mai realmente sperimentato l’amore di Dio fino a quando non gli è stato chiesto di toccare il Santissimo Sacramento. In quel momento – raccontava – ha sentito un raggio d’amore potentissimo che lo ha investito, un’energia che non poteva fermare, un amore che non riusciva a spiegare a parole, e si è messo a piangere.
E l’ha fatto così forte che gli altri sacerdoti che erano con lui, circa una cinquantina, cominciavano ad essere turbati, ma non riusciva a smettere ed è andato avanti ininterrottamente per un’ora. Ecco, vicende come questa confermano che, come diceva Madre Teresa di Calcutta, il tempo passato di fronte a Gesù Eucarestia è il miglior tempo trascorso sulla terra. E se lo diceva una santa che si consumava per i poveri, possiamo esserne certi anche noi. Un istante passato con Gesù rende la nostra anima più bella, la prepara al cielo e migliora il mondo intero. Anche Padre Pio lo sapeva e diceva: “Mille anni trascorsi in mezzo alla gloria degli uomini non compensano neppure un’ora sola trascorsa in dolce colloquio con Gesù nel sacramento”».
Come, concretamente, l’adorazione trasforma il mondo?
«Quando i cuori sono toccati dall’amore che ricevono, trasformano tutto. È provato che là dove ci sono cappelle di adorazione perpetua nel mondo, attorno il tasso di criminalità si abbassa in maniera sensibile. Sempre per fare un esempio, durante le adorazioni notturne, anche in periferie degradate di grandi città, non è mai successo nulla di pericoloso, o grave, perché dove Gesù è presente la luce che emana rompe le tenebre. Molti, quando si parla dell’eventualità di aprire una cappella per l’adorazione perpetua, sono combattuti tra desiderio e paura e dicono: è impossibile, qui non può funzionare, è un luogo difficile, non verrà nessuno. Ma bastano le iscrizioni per la prima notte a fugare ogni dubbio. È un combattimento…».
In che senso?
«Un combattimento contro Satana, che non vuole che ci siano adoratori. Quando Gesù dice “sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso”, c’è chi lo interpreta anche come il fuoco dell’adorazione. Ecco perché quando un sacerdote comincia a pensare all’adorazione eucaristica inizia anche un combattimento spirituale. In molti modi le persone sono tentate di lasciar perdere, arrivano molte prove. Ed è difficile capire la portata di questa resistenza, delle insidie che mette in campo il demonio se non diventiamo consapevoli della grandezza di questo dono di guarigione e liberazione che è l’Eucaristia».
Qual è il primo passo per creare una cappella di adorazione perpetua?
«Un prete innamorato di Gesù un’anima che ne ha fatto esperienza diretta, nella propria carne. Non c’è altro, non ci sono parole che possano convincere se non un cuore che arde d’amore, se non il desiderio di stare con Cristo. E quando le chiese sono chiuse, una cappella di adorazione perpetua permette alle persone di essere sempre unite al Signore, 24 ore su 24, anche nei momenti di maggior bisogno. Quando un cuore è toccato, quando si sente amato, questo amore infiamma, le persone diventano testimoni e il mondo ne è contagiato, lo lo vedo ogni giorno con i miei occhi, lo sperimento attraverso il mio ministero e quando succedono cose sorprendenti io sottolineo con forza che io non c’entro nulla! Non posso attribuirmi nessun merito: tutte le grazie vengono da Lui, per Lui e attraverso di Lui».