pubblicato su Tempi n.28 – 8 Luglio
Cosa hanno in comune Alex Zanotelli e Gianni Vattimo? Un Dio debole, un Dio senza divinità
di Emiliano Fumaneri
A tal proposito l’osservatore attento non si sarà lasciato sfuggire l’intervista rilasciata a Repubblica dal filosofo Gianni Vattimo, background da dirigente nell’Azione Cattolica torinese e un presente da capofila del pensiero debole e gay militante. L’intento di Vattimo pare quello di difendersi dall’offensiva lanciata da monsignor Caffarra, ma a ben vedere non si limita al catenaccio.
Tra le tante, v’è una boccetta di veleno verso la conclusione dell’intervista su cui vale la pena spendere qualche riga. La Chiesa, secondo Vattimo, «dovrebbe impoverirsi non solo nei soldi, ma anche nei dogmi» (“Ma è la Chiesa a dare scandalo”, Repubblica 2 maggio 2004). Ecco, qui si va ben oltre la consueta retorica della “chiesa povera per i poveri”. La richiesta di autoimpoverimento è estesa non più – non solo – all’apparato clericale, ma al corpus dottrinale della Chiesa romana.
Ora, curiosamente anche Alex Zanotelli, il padre di tutti i terzomondismi cattolici, sembra condividere una simile prospettiva. Il comboniano propone infatti una versione “debole” della divinità: «Ma oggi Dio è impotente, è malato (cfr Walter Veltroni, Forse Dio è malato, Rizzoli, 2000, ndr). Potrà guarire solo quando guariremo noi. Solo noi oggi possiamo far qualcosa. Dio non può più. Ognuno di noi è importante perché vinca la vita. (…) Più ci rifletto e più mi convinco che forse Dio non è l’onnipotente che pensiamo noi. È il Dio della croce. Perché non ha ascoltato la preghiera di Gesù morente? È un mistero. Forse è un Dio debole, che si è autolimitato, che può salvarci solo attraverso di noi. Forse è un Dio, come ho detto prima, con un volto di donna. Questa riflessione ci apre all’idea di un Dio tenero, che cammina a fianco del suo popolo, che soffre per il nostro dolore. Non c’è nessun deus ex machina che ci salverà: tocca a noi darci da fare, siamo noi responsabili del nostro destino» (“Se Dio non è onnipotente”, intervista a cura di Mario Lancisi sul sito web della Rete Radie’ Resch di Quarrata).
In un’altra occasione padre Alex giungerà infine all’“impoverimento” del dogma: «Io sono credente, credo che c’è un Dio, ma non ho la pretesa di possederlo né attraverso Gesù, né attraverso i dogmi della mia fede. Dio non si possiede. Non si possiede la Verità e io ho bisogno della Verità degli altri» (A. Zanotelli, “Il volto plurale di Dio”, editoriale in Mosaico di Pace, ottobre 2000).
Cristo quindi si sarebbe “svuotato della sua divinità”, espressione che presa letteralmente ricorderebbe la dottina cosiddetta “kenotica”, che Pio XII ha definito in questi termini: “È del tutto contraria anche alla definizione di fede del Concilio di Calcedonia l’opinione, assai diffusa fuori del cattolicesimo, poggiata su un passo dell’epistola di Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 2,7), malamente e arbitrariamente interpretato: la dottrina chiamata kenotica, secondo la quale in Cristo si ammette una limitazione della divinità del Verbo; un’invenzione veramente strana che, degna di riprovazione come l’opposto errore del docetismo, riduce tutto il mistero dell’incarnazione e redenzione a ombre evanescenti. “Nell’integra e perfetta natura di vero uomo così insegna eloquentemente Leone Magno, è nato il vero Dio, intero nelle sue proprietà, intero nelle nostre”» (Sempiternus Rex Christus, 8 settembre 1951).
Padre Zanotelli teorizza dunque una dottrina che somiglia molto a quella “kenotica” (il Dio debole, del quale si mette in forse l’onnipotenza, un Dio che non ce la fa da solo, un Dio da aiutare). V’è quindi una deriva kenotica nel terzomondismo cattolico, ultima frontiera del progressismo, che lo accomuna al pensiero debole di Vattimo? Le dimissioni dalla propria identità, ovvero l’autodistruzione, ne sono l’esito finale?