La Croce quotidiano 9 luglio 2016
Perché Virginia Raggi, nel suo aulico e demagogico primo discorso in Campidoglio, ha citato Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli, i due sindaci più rossi di Roma? Perché siamo tutti vittime di ignoranza e/o manipolazione storica. Salvatore Rebecchini, invece, governò l’Urbe per più degli altri due insieme, e davvero la ricostruì dalle macerie. Rifletta su questo, il sindaco Raggi
di Giuseppe Brienza
Nel primo giorno di convocazione del consiglio comunale di Roma, come hanno fatto romanticamente risaltare i grandi media, il nuovo sindaco Virginia Raggi ha tenuto un discorso aulico-demagogico citando i due più rossi suoi predecessori nel primo scranno capitolino. Parliamo dei comunisti Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli che, insieme, hanno fatto poco più di sei anni da sindaco della Capitale. Un certo Salvatore Rebecchini, invece, ha ricostruito Roma dopo le devastazioni della guerra, guidando la città per ben nove anni (1947-1956).
Dopo le elezioni comunali del 5 novembre 1947, alla tornata del consiglio comunale per l’elezione del sindaco di Roma (allora la designazione non era diretta, da parte del popolo), al fine di contrastare la coalizione delle sinistre che, come candidato, proposero un vecchio repubblicano, suggerito da Ugo La Malfa, come Giovanni Selvaggi, che intendeva proporre una coalizione moderato-comunista fortemente orientata in senso laicista (e che godeva quindi anche dell’appoggio delle massonerie), la Dc individuò appunto Salvatore Rebecchini. Alla prima votazione, quest’ultimo ebbe 38 voti su 80 consiglieri comunali, che comprendevano anche quelli dell’Uomo Qualunque, mentre Selvaggi ebbe solo 35 dei 39 voti di cui disponeva il “Blocco del Popolo”.
Nella votazione successiva, Rebecchini salì a 41, ottenendo la maggioranza assoluta, Selvaggi restò a 35. Alla sua elezione, va ricordato, tre voti del Msi risultarono determinanti, all’insegna della comune scelta cattolica ed anticomunista. Qualche settimana più tardi, i consiglieri della sinistra proponevano la decadenza dei consiglieri missini per “ricostituzione del partito fascista” ma la maggioranza, compatta, votò la propria “incompetenza” in materia.
Per i cattolici, chierici compresi, che si sono più o meno esplicitamente beati delle due recenti rievocazioni-trendy della Raggi e ignorano persino chi sia il sindaco cattolico della Roma del dopoguerra, ricordiamo che l’Ing. Rebecchini, sposato con Beatrice Mazzetti di Pietralata, ebbe otto figli e, anche di recente, “L’Osservatore Romano” ne ha rievocato l’incondizionato apprezzamento dimostratogli dal Papa della sua epoca, il Venerabile Pio XII. Ricevutolo in udienza il 1° gennaio 1949, come ha ricordato il vicepostulatore della causa di beatificazione padre Marc Lindeujer, Eugenio Pacelli ne «lodò il loro lavoro di ricostruzione della città, ancora segnata dalla guerra, e di progressivo ritorno a una normale vita, lavoro ispirato “alle millenarie e gloriose tradizioni religiose e civili dell’Urbe”» (Marc Lindeijer SJ, Anche se crollasse San Pietro, in “L’Osservatore Romano”, 13-14 giugno 2016, p. 4).
Il Pontefice vide persino dietro allo zelante operato amministrativo e politico di Rebecchini, un esempio «dell’amore vicendevole comandato da Gesù Cristo». «Possa questo amore – augurò all’allora sindaco di Roma il Pontefice che è anche a tutt’oggi l’ultimo vescovo a sedere sulla cattedra di Pietro romano anche di nascita –, che semina il bene e lo dispensa nella serena letizia del cuore, unire con indissolubili vincoli tutti i figli di Roma, gli amministratori e gli amministrati, quelli che danno e quelli che ricevono, avvicinandoli tutti a Dio!» (cit. in Un discorso dell’ultimo Papa romano, in “L’Osservatore Romano”, 13-14 giugno 2016, p. 4).
In tempi in cui il cattocomunismo non aveva ancora preso piede (neanche nella Chiesa italiana), non fu un caso che, dopo essere stato anche insignito da Pio XII della Gran Croce dell’Ordine di San Silvestro Papa, alle successive elezioni comunali tenutesi nel maggio 1953, la vittoria della coalizione di centro-destra fu netta e la riconferma di Rebecchini sindaco scontata. Un episodio da ricordare di questa tornata elettorale fu che, a sostegno della candidatura dell’Ing. Rebecchini, vi fu anche il noto veggente Bruno Cornacchiola, che si era convertito al cattolicesimo dopo aver visto la Madonna in una grotta presso le Tre Fontane, a Roma, nell’aprile del 1947. Cornacchiola fu infatti uno dei candidati nella lista capitolina democristiana e fu eletto consigliere comunale. Successivamente, però, anche se “partito dei cattolici”, la Dc non si comportò bene nei suoi confronti, conducendolo sull’orlo dall’uscita dal gruppo consiliare democristiano.
I nove anni da Sindaco di Rebecchini sono da ricordarsi come quelli della completa ricostruzione di Roma. Durante il suo mandato furono infatti conclusi i lavori di via della Conciliazione e quelli della stazione ferroviaria di Termini, fu realizzata la galleria del Gianicolo e, nel 1951, fu inaugurato un primo importante tratto del Grande Raccordo Anulare. Verso la fine della sua esperienza amministrativa, nel 1955, Rebecchini poté persino inaugurare la metropolitana di Roma, nel percorso principale dalla stazione che va da Termini all’Eur.
Ma tutto questo la maggior parte dei romani non se lo ricorda, e figuriamo la Raggi, che da novella Robespierre si sarà probabilmente abbeverata alla narrativa sullo “scempio della Città Eterna”, alle ricostruzioni monche della denuncia dell’Espresso sulla corruzione della giunta Rebecchini (monche perché si dimenticano sempre di dire che gli unici condannati furono i giornalisti prezzolati che hanno promosso negli anni Cinquanta la campagna scandalistica).
Salvatore Rebecchini fu oltre tutto un appassionato di cultura romana, tanto da scrivere un’opera sul grande poeta romano Belli (cfr. Giuseppe Gioacchino Belli e le sue dimore, F.lli Palombi ed., Roma 1970) ed essere per questo ammesso all’albo dei Romanisti. Un sodalizio che, ancora oggi, come un secolo fa, ha nel suo Statuto come sua principale finalità quella della «tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale e il divenire della Città, nel rispetto delle sue tradizioni e della sua funzione storica» (art. 1).