International Family News 30 gennaio 2022
Se il referendum vince, prevarrà l’auto-determinazione secondo cui la-vita-è-mia-e-ne-faccio-quel-che-voglio
di Aldo Ciappi
Come è stato già detto su queste colonne , e poi ancora riprecisato, il trucchetto del referendum sulla droga è stato smascherato dalla Cassazione, che ne ha corretto il titolo e il quesito, rendendo evidente che non si tratti tanto di liberalizzare (ulteriormente) la cannabis, quanto piuttosto di sdoganare, un pezzo alla volta e in maniera subdola, ogni tipo di droga, svuotando le sanzioni per chi viola la legge (solo una multa, se passa il referendum, per chi produce, fabbrica, cede, vende, commercia e distribuisce).
Si inizia, così, abrogando dalla legge la parola «coltiva», con il rendere lecita la coltivazione estensiva di ogni tipo di sostanza (purché, si badi bene, autorizzata), ma si finisce inevitabilmente (a questo ci pensa poi la giurisprudenza, come la storia insegna) con l’assolvere, oltre colui che detiene per farne uso personale ogni tipo di droga (cosa già pacifica), anche chi si fabbrica in casa ogni tipo di sostanza per soddisfare i propri bisogni.
Che cosa, infatti, potrebbe mai fare la differenza tra le due situazioni descritte, se, come ormai si dà per assolutamente scontato, prevale su qualunque considerazione il principio di auto- determinazione secondo cui la-vita-è-mia-e-ne-faccio-quel-che-voglio?
Una volta che, vinto il referendum, la coltivazione autorizzata di ogni tipo di droga non sia più reato, c’è qualcuno che pensa davvero che venga punito chi, facendone uso liberamente, si cimenti con il piccolo chimico tra le mura domestiche?
Senza considerare tutte le insanabili incongruenze che sono state autorevolmente evidenziate a livello tecnico-giuridico e che potrebbero (auspicabilmente) indurre la Corte costituzionale a dichiarare inammissibile il referendum.
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