Libero quotidiano.it 5 Ottobre 2015
di Francesco Borgonovo
Non è facile acchiappare Renaud Camus. E non solo perché vive appartato in un castello nei Pirenei. È sfuggente, Camus, ma non perché si sottragga al dibattito, anzi. Semplicemente, è difficile appiccicargli un’ etichetta o tirarlo per la giubba da una parte e dall’ altra.
Tuttavia la potenza delle sue idee abbatte qualunque barriera, naturale o edificata dall’ uomo. L’ unico libro tradotto in italiano di questo affilatissimo intellettuale francese è Tricks, pubblicato anni fa dal piccolo editore Textus su impulso di Walter Siti. Quel volume era aperto da una prefazione di Roland Barthes, e costituiva una sorta di feticcio per il mondo omosessuale. Non sono tradotti, invece, gli scritti di Camus sul fenomeno che lui chiama Le Grand Remplacement, cioè la Grande Sostituzione. E si capisce il motivo: sono troppo scorretti.
Spiegano perché e soprattutto come si sta compiendo una sostituzione di popoli ai danni degli europei. Sono ferocemente critici dell’immigrazione incontrollata, mettono in guardia sull’ influenza islamica, combattono l’ Invasione. E qui da noi teorie di questo tipo non sono molto gradite. Per questo abbiamo chiesto al gentilissimo Camus di spiegarle nel dettaglio ai lettori italiani.
Che cosa l’ha spinta a scrivere Le Grand Remplacement?
«La disperazione. La speranza».
Che cosa intende con il concetto di Grande Sostituzione?
«Non sono sicuro che si tratti di un concetto. Piuttosto di un sintagma, se desiderate un termine alto. Un appellativo, un nome per un fenomeno: la sostituzione di un popolo e di una civiltà. L’ inveramento, da incubo, della famosa battuta di Brecht: “Se il governo non è contento del popolo, non deve fare altro che eleggerne un altro”. È precisamente ciò che sta accadendo in Francia: il governo socialista ha perso il suo elettorato popolare, e se ne fabbrica un altro con gli immigrati. Ma il fenomeno è molto più esteso, generale, europeo. La maggior parte delle nazioni europee aveva un popolo, ma con un solo ricambio generazionale ne hanno già un altro o molti altri. Strade, quartieri, città intere si sono trasformate, sono diventate irriconoscibili; per non parlare delle scuole e dei trasporti pubblici. In zone sempre più vaste del territorio, gli autoctoni sono spariti, sono stati sostituiti».
Chi ha elaborato questo progetto?
«Nessuno è all’origine di questo progetto, fatta eccezione per alcune modalità pratiche, come l’ esempio che ho appena citato: il Partito socialista francese ha espressamente voluto trovarsi un nuovo elettorato; e alcuni documenti dell’ Onu parlano inequivocabilmente della necessità di una trasformazione etnica dell’ Europa: lo stesso termine remplacement (sostituzione, ndr) è presente. Tuttavia credo soprattutto alla forza di giganteschi meccanismi storici, economici e ideologici, e anche ontologici, in seno ai quali le istituzioni e gli uomini sono solo degli ingranaggi fra tanti altri, loro stessi manipolati dall’ hybris della specie.
Ciò che io chiamo remplacisme, l’ideologia che promuove la Grande Sostituzione, è nata dalle nozze mostruose della Rivoluzione industriale nella sua fase avanzata, taylorista, fordista, con l’ antirazzismo dogmatico, lui stesso nella sua forma senile. Che ci siano razze e popoli scelti tramite una decisione amministrativa, volontarista, nominalista, è indispensabile alla fabbricazione post-industriale dell’uomo sostituibile, senza origine, senza cultura, senza civiltà, senza nazione, interscambiabile e delocalizzabile sempre e comunque. Che l’uomo sia sostituibile con se stesso è indispensabile, affinché sia interscambiabile con le macchine da una parte e con i prodotti manifatturieri dall’ altra».
I giornali italiani scrivono sempre più spesso che «abbiamo bisogno di 250 milioni di immigrati per sostenere il nostro Welfare». Ci sono pure studi e proiezioni Onu sulla stessa linea. Lei che ne pensa?
«Penso due cose, importanti in maniera diversa. Innanzitutto che è completamente falso: gli immigrati sono la rovina del Welfare state (se quest’ ultimo non è ancora morto è soltanto perché gli uomini e i popoli non sono ancora totalmente interscambiabili, grazie a Dio; il Welfare state può funzionare soltanto con uomini e donne di un certo tipo, modellati da generazioni di civiltà e senso civico). Ma soprattutto penso che, anche se fosse vero (e, ripeto, non lo è affatto), tali pensieri possano germogliare solo ed esclusivamente in menti già robotizzate, senza cultura, senza civiltà, direi anche disumanizzate. Cosa ci stanno dicendo questi? Che per salvare l’Italia bisogna sostituire gli italiani con i togolesi (ad esempio). Innanzitutto, lo ripeto, niente si salverà; e se qualcosa sarà salvato, non sarà più l’Italia, ma una specie di Togolia. L’ Europa non ha bisogno di immigrati, ha bisogno di aria, erba, spazio, vuoto, di ripresa culturale e di rinnovamento spirituale».
Lei pensa che stia riuscendo, la sostituzione di popoli?
«Non sta riuscendo, si sta completando, con un’accelerazione formidabile dovuta all’ invasione migratoria».
Come giudica il comportamento dell’Europa nella gestione dell’ immigrazione?
«L’ Europa è minata da una formidabile pulsione di morte, un odio di sé che la spinge al suicidio. Si tratta di ciò che ho chiamato “la seconda carriera di Adolf Hitler”: forse un po’ meno criminale della prima, ma con delle conseguenze storiche parimenti vaste. È una carriera al contrario, in absentia. Il razzismo, nel 1945, era stato a pochi passi dal mettere fine al continente europeo e alla sua civiltà; tre quarti di secolo più tardi, dobbiamo dire invece che l’antirazzismo, questo “comunismo del XXIesimo secolo”, come dice Alain Finkielkraut, porterà a termine la missione. L’ antirazzismo è il razzismo che indietreggia insultandovi dopo essere passato sopra il vostro corpo. Ridurre l’invasione migratoria a una “crisi umanitaria” o a una “emergenza rifugiati”, è come prendere Alla ricerca del tempo perduto per una testimonianza sull’ asma».
Che cosa dovremmo fare per frenare i flussi in arrivo?
«Smentire con azioni e cambiamenti legislativi l’idea diffusa ovunque secondo cui l’ Europa è un eldorado, pronta a sborsare grandi somme di denaro affinché la terra intera venga a fare i suoi figli, e che sovvenziona lautamente la sua conquista, fatto che non ha precedenti nella storia».
Che peso ha l’islam nel quadro dell’ invasione migratoria?
«Un po’ più di tre quarti direi. Forse quattro quinti. Ma dato che è il solo gruppo, tra i conquistatori, a disporre di solide strutture comunitarie, sarà anche il solo a trarre beneficio da questa invasione migratoria».
Vorremmo chiederle un commento su una frase pronunciata dalla nostra presidente della Camera dei deputati. Secondo lei gli immigrati sono «l’ avanguardia» di una nuova civiltà.
«Purtroppo ha perfettamente ragione. Il cambiamento di popolazione implica necessariamente il cambiamento di civiltà. Ma per quanto mi riguarda, preferisco conservare la vecchia civiltà».
Perché secondo lei c’ è una classe intellettuale che propaganda l’ ugaglianza assoluta in ogni ambito? Da dove nasce questa tendenza culturale?
«L’ uguaglianza avrà sempre dalla sua parte una vasta maggioranza di cittadini, soprattutto in Francia. Tuttavia, la maggioranza, nelle democrazie avanzate, non è il potere, ma lo strumento del potere infinitamente manipolabile. Gli intellettuali organici saranno sempre dalla parte di questa forza, a maggior ragione per il fatto che garantisce loro l’ esclusione degli altri intellettuali, la loro riduzione al silenzio, alla morte civile».
Che responsabilità ha l’élite intellettuale di sinistra?
«Oh, non tanto più grandi degli intellettuali di destra, i quali sono ugualmente favorevoli alla Grande Sostituzione (Camus li definisce remplacistes, ndr). La sola linea di separazione che conta veramente oggi, intellettualmente, moralmente, politicamente e quasi militarmente, è quella tra i remplacistes e gli antiremplacistes. Questi ultimi sono i sostituibili che non vogliono farsi sostituire, E naturalmente ci sono anche i remplaçants, sempre più numerosi e potenti. Sono come gli uccelli nel film di Hitchcock: attendono il loro turno. I remplacistes sono pazzi: sostituiscono un popolo rincretinito dall’ insegnamento dell’ oblio e dall’ industria dell’ ebetudine, frustrato, rabbioso, lobotomizzato, senza identità, con un popolo ultraidentitario. Scavano la loro tomba. Il problema è che nello stesso tempo stanno scavando anche la nostra».
Che ne pensa della teoria dello scontro di civiltà elaborata da Samuel P. Huntington? Soprattutto: abbiamo ancora una civiltà da difendere?
«Per quanto mi riguarda, sono ardentemente huntingtoniano. Sono quotidianemente colpito dalla pertinenza del libro di Huntington, comprese le questioni secondarie alle quali abbiamo prestato poca attenzione – la Grecia, ad esempio: tutta la crisi greca di questi ultimi mesi è perfettamente prevista e analizzata nel libro di Huntington, pubblicato vent’ anni fa.
Che abbiamo una civilità da difendere, questo è fuori discussione. Ma vi posso dire che non è affatto in buona salute. La Piccola Sostituzione, quella della non-cultura o dell’ industria culturale ai danni della cultura, quella della piccola-borghesia mondializzata ai danni della classe acculturata, quella “delle élite” (mediatiche, finanziarie, sportive, elette) ai danni “dell’ élite” (morale, intellettuale, artistica, culturale), ha preceduto la Grande Sostituzione, ne è stata la condizione necessaria».
Lo scenario descritto da Michel Houellebecq in Sottomissione potrebbe concretizzarsi?
«Certo. Si sta già concretizzando. Proprio ieri mattina, alla radio, nel corso della trasmissione di Alain Finkielkraut, Répliques, ho sentito Pierre Manent dichiarare che con il mondo musulmano ormai dobbiamo condividere la stessa nazione (come in Libano, insomma). Quanto a Jacques Juillard, di fronte a Manent, diceva che non bisogna fasciarsi la testa, che in due o tre secoli i musulmani si laicizzeranno, come ha fatto il cristianesimo. È solo una questione di pazienza. Tuttavia lo scenario di Houellebecq non è né il più drammatico né il più verosimile».