di Massimo Introvigne
Nelle celebrazioni pasquali, il 30 e 31 marzo 2013, Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sul messaggio essenziale della Pasqua: la sconvolgente novità della Resurrezione, che cambia la storia del mondo e che deve cambiare anche la nostra storia e la nostra vita. Nell’omelia della Veglia Pasquale, la meditazione è stata proposta attraverso tre quadri.
«Non capita forse anche a noi così – si è chiesto il Papa – quando qualcosa di veramente nuovo accade nel succedersi quotidiano dei fatti? Ci fermiamo, non comprendiamo, non sappiamo come affrontarlo. La novità spesso ci fa paura, anche la novità che Dio ci porta, la novità che Dio ci chiede». Di fronte alla novità, come gli apostoli, spesso abbiamo un momento di smarrimento: «spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze».
«Abbiamo paura delle sorprese di Dio». Anche quando si tratta di Gesù Cristo, abbiamo paura della Resurrezione perché, se crediamo veramente che sia risorto, allora la nostra vita cambia. Dunque preferiamo «fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato».
Questo è il vero appello della Pasqua: «Non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui».
Veniamo al secondo quadro. Al sepolcro alle donne appaiono due uomini in abito sfolgorante, che dicono: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24, 5-6). Qui il dramma trova la sua spiegazione, e «nulla rimane più come prima, non solo nella vita di quelle donne, ma anche nella nostra vita e nella nostra storia dell’umanità». Ora le donne accettano la novità, e «così la novità di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un volto meno umano.
E questo è un messaggio rivolto a me, a te, cara sorella, a te caro fratello. Quante volte abbiamo bisogno che l’Amore ci dica: perché cercate tra i morti colui che è vivo? I problemi, le preoccupazioni di tutti i giorni tendono a farci chiudere in noi stessi, nella tristezza, nell’amarezza… e lì sta la morte. Non cerchiamo lì Colui che è vivo!».
Terzo quadro: dopo avere accolto con fede – ma ancora con timore – la novità della Resurrezione, le donne sono indotte dagli angeli ad approfondirla tramite il ricordo. Gli angeli, «i due uomini in abito sfolgorante introducono un verbo fondamentale: ricordate». «Ricordatevi come vi parlò, quando era ancora in Galilea… Ed esse si ricordarono delle sue parole» (Lc 24,6.8). Con questo «fare memoria» la fede diventa cultura e riflessione. E diventa anche evangelizzazione: le donne si sentono spinte a «portare l’annuncio della Resurrezione agli Apostoli e a tutti gli altri».
Ecco dunque la preghiera del Pontefice nella notte di Pasqua: «che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo».
E nel Messaggio Urbi et Orbi della domenica Papa Francesco ha parlato ancora delle donne che si recarono al sepolcro e del significato di quell’avvenimento per noi. «Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!».
Sì, l’amore di Dio è la chiave per comprendere la Pasqua. «Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna».
La Pasqua, così, è la nostra libertà: «è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene». E «questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno», nei nostri deserti. «Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona».
Se accettiamo la grazia della Pasqua, invece, apriamo «canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace», anche nelle situazioni più difficili che il Papa non ha mancato di ricordare: Israele e la Palestina, l’Iraq, la Siria, il Mali, il Congo, la Repubblica Centraficana, la Corea del Nord. Dove manca la pace, lì c’è particolare bisogno di «Gesù risorto, che trasforma la morte in vita», che è capace «di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace».
La pace, però, non può regnare nel mondo se non regna prima nel nostro cuore. È questo il commovente appello del Papa che è risuonato nella notte di Pasqua. «Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole».