Intervista a mons. Athanasius Schneider
In questa splendida ed esclusiva intervista, sua eccellenza mons. Athanasius Schneider vescovo titolare di Celerina e vescovo ausiliario dell’arcidiocesi Santa Maria in Astana, Kazakhstan, racconta attraverso la propria personale esperienza cos’abbia significato vivere la fede sotto il regime sovietico e quanto, per chi abbia patito la persecuzione, appaia sconvolgente la mancanza di rispetto e l’assenza di sacralità con cui l’Occidente si accosta al sacrificio eucaristico ed, in particolare, alla Santa Comunione: atteggiamenti “disinvolti introdottisi nelle nostre chiese con le “riforme liturgiche” post-conciliari. contro cui opporsi per evitare clericalismi insopportabili e dispotismi clericali
Ringraziamo la rivista “Polonia christiana”, per averci concesso la pubblicazione integrale del testo
Izabella Parowicz
Con queste parole Sua Eccellenza Mons. Athanasius Schneider Vescovo Titolare di Celerina e Vescovo Ausiliario dell’Arcidiocesi di Santi Maria in Astana, Kazakhstan, racconta in quest’intervista ad Izabell; Parowicz lo choc vissuto quando l’Oriente perseguitato ha incontrate l’Occidente ormai secolarizzato. Ed invita a non cedere allo spirito dei mondo. Mostrando senza timore i gravi rischi correlati alla ricezione della Santa Comunione sulla mano, ricordando ai sacerdoti come non possano impedire ai fedeli di riceverla inginocchiati e sulla lingua, invitando ad evitare devianti “innovazioni” e ricordando al sacerdote, ad ogni sacerdote, che è un “alter Christus”
Eccellenza, Lei ripetutamente ammonisce di ricevere la Santa Comunione in bocca ed in ginocchio. Quali sono i rischi più gravi e le conseguenze negative della diffusa pratica di riceverla viceversa in mano, in termini aggettivi tanto quanto per la fede individuale?
Il rischio più grave e la correlata conseguenza di tale pratica consiste nell’enorme perdita di frammenti Eucaristici e quindi il fatto che questi vengano calpestati sotto i piedi dei fedeli nelle nostre chiese. Un altro rischio, altrettanto serio, è dato dalla grande facilità, con cui è possibile rubare le Ostie. Questa pratica, inoltre, a lungo andare indebolisce chiaramente la fede nella Presenza Reale e nella Transustanziazione, perché il Santissimo viene trattato come cibo comune e senza convincenti gesti di adorazione.
Alcuni difendono la pratica della Santa Comunione sostenendo che la mano di una persona pecca meno della sua bocca. Inoltre sostengono che l’inginocchiarsi sarebbe contro la loro dignità e che stare in piedi viceversa sarebbe più appropriato, nonché ugualmente rispettoso. Come rispondere a questi argomenti?
Gli organi del nostro corpo non sono colpevoli dei nostri peccati. La colpa è della persona. È quindi insensato opporre mani e bocca. Il fatto che i laici possano tenere in mano l’Ostia Santa in modo da adorare il Signore è in contraddizione con l’intera Tradizione cattolica della Chiesa universale, sin dai primi secoli. Il diritto di toccare il Corpo sacramentale di Cristo da sempre la Chiesa lo riserva ai ministri consacrati. Delle eccezioni furono fatte durante il tempo delle persecuzioni o in casi di grave necessità per ragioni obiettive, ma non per soddisfare la pietà individuale.
Stare in piedi ha il suo valore in determinati momenti. Ma anche l’essere inginocchiati è una posizione tipicamente cristiana, cui si ricorre per adorare Cristo, Dio Incarnato. Od anche per esprimere preghiere di petizione, pentimento e contrizione. Nostro Signore stesso pregò inginocchiandosi, come gli apostoli e le donne la mattina della Resurrezione. L’atto d’inginocchiarsi è mostrato nella Gerusalemme Celeste, dove gli angeli e l’umanità redenta si prostrano sulle gi-nocchia e anche sul volto per adorare Cristo, l’Agnello di Dio. Dunque, il gesto più biblico, più appropriato e logico è inginocchiarsi nel momento in cui i fedeli accolgono e ricevono l’Agnello di Dio sotto la specie del pane.
Quali possono essere le ragioni della minore riverenza mostrata verso Cristo Nostro Signore? Quali soluzioni pastorali e catechetiche raccomanderebbe, per ristabilirla in pienezza?
Per ristabilire la riverenza è indispensabile insegnare e predicare fedelmente e completamente la verità del Sacramento Eucaristico, specialmente la Reale Presenza e la Transustanziazione; ciò deve essere accompagnato dall’introduzione di gesti esteriori di riverenza.
Sebbene la possibilità di ricevere la Santa Comunione in mano sia stata introdotta in Polonia nel 2005, è ancora, grazie a Dio, non molto diffusa. Giungono, comunque, brutte notizie: il seggio del celebrante sta per essere collocato in posizione centrale tra l’altare ed il Tabernacolo; i chierichetti, quando passano da una parte del presbiterio all’altra, si inchinano in modo riverente verso la tavola dell’altare vuoto, mentre hanno il Santissimo, il Re dei Re, proprio dietro di loro. Quando si affrontano questi argomenti, i preti di parrocchia, di solito, si appellano alle più moderne istruzioni liturgiche o pastorali come scusanti e generalmente non desiderano discutere di questi temi con il fedele “problematico”. Quali argomenti dovremmo usare per convincere i nostri pastori di quanto la lex orandi influenzi la nostra lex credendi? Abbiamo titoli noi laici per ammonire i nostri preti, qualora la riverenza verso Nostro Signore venisse messa a repentaglio?
La conoscenza sovrannaturale della verità della fede circa la grandezza del mistero Eucaristico deve crescere prima di tutto nel clero. Anche le leggi dell’autentica devozione cattolica devono essere meglio conosciute, secondo la Tradizione immutabile e l’insegnamento perenne del magistero («perennis sensus ecclesiae»). La legge fondamentale della tradizione Divina è questa: Dio, Cristo, l’eternità è il centro e tutti gli aspetti e i dettagli della devozione devono essere continuamente subordinati e diretti a Lui, come dice il Concilio Vaticano II nella Sacrosanctum Concilium.
Quando il celebrante mette il suo seggio al centro, visibilmente e al centro l’uomo della liturgia. Il che contraddice l’insegnamento della Chiesa, specialmente l’insegnamento menzionato del Vaticano II. Quando invece il tabernacolo e la grande Croce con l’immagine di Cristo rimangono al centro ed il seggio su un lato, ciò esprime evidentemente la verità per cui Cristo è il presidente, la guida ed il Capo della liturgia Eucaristica. Il Concilio Vaticano II con la Lumen Gentium e il Codice di Diritto Canonico incoraggiano i laici ad esprimere al clero le loro preoccupazioni circa il bene spirituale della Chiesa. Dunque, ogni laico ha il diritto di chiedere al clero di correggere gli scandali e gli abusi, che contraddicano il bene spirituale delle anime ed i diritti di Dio stesso.
La Chiesa da al fedele questo diritto: «Ogni Cattolico, che sia Prete o Diacono o membro laico fedele a Cristo ha il diritto di presentare una lamentela per un abuso liturgico al Vescovo diocesano o all’Ordinario competente, che per legge gli equivale o alla Sede Apostolica per conto dell’autorità suprema del Pontefice Romano» (Redemptionis Sacramentum, n. 184).
E cosa dire delle pseudo-motivazioni di igiene? È impossibile pensare che una malattia possa diffondersi attraverso Nostro Signore, sostanzialmente presente nell’Ostia consacrata…
Di fatto in duemila anni di liturgia cristiana non si è mai sentito che attraverso la Santa Comunione fossero trasmesse morti ed epidemie. È dimostrato peraltro che il palmo della mano contiene più Datteri della lingua. Quando un’autorità diocesana si ponesse dunque sinceramente preoccupazioni sanitarie, dovrebbe quindi proibire la Comunione in mano. In alcuni rari casi di epidemia pericolosa, la raccomandazione della Comunione spirituale potrebbe essere un’alternativa fattibile, tra l’altro da riscoprire e stimare.
Come evitare il rischio di sacrilegio, qualora, durante la Santa Messa, si presentasse per ricevere la Santa Comunione anche una persona non battezzata? In tal senso, la distribuzione dell’Eucarestia in bocca sembrerebbe essere un “filtro”naturale…
La Chiesa sin dagli inizi ha sempre protetto il Santissimo, il Corpo di Cristo nel sacramento Eucaristico, secondo l’ammonizione del Signore «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci» (Mt 7:6). Nella liturgia Eucaristica durante i primi secoli, dopo la liturgia della Parola, tutti i catecumeni e tutti i non battezzati venivano respinti. Il diacono proclamava: «Catecumeni andate via. Che nessun catecumeno rimanga». La Liturgia Bizantina usa ancora oggi queste parole.
La Chiesa aveva un servizio liturgico speciale quello dell’ “ostiarius” che con attenzione doveva controllare che nessun non battezzato ricevesse la Santa Comunione e nessuna persona con cattive intenzioni disturbasse o profanasse la liturgia ed il luogo sacro. È una reale richiesta pastorale quella di restaurare universalmente nella Chiesa l’ordine ed il servizio dell’ostiarius.
Nella Liturgia Bizantina la persona che riceve la Santa Comunione deve dire il suo nome, deve identificarsi al prete che distribuisce la Santa Comunione. Questo rende il rito più personale,creando un’atmosfera di famiglia e allo stesso tempo foi più sicurezza contro le profanazioni. Lo si potrebbe adottare i nella Chiesa con il Rito Latino.
Chi nei Paesi occidentali desideri ricevere la Santa Comunione ingiocchiato e in bocca a volte viene trattato dai sacerdoti con avversione. Secondo Lei è meglio insistere anche al prezzo di un conflitto verbale col celebrante oppure desistere?
La legge della Chiesa è molto chiara: nessun prete o Vescovo diritto di rifiutarsi di dare la Santa Comunione ad un fedele, solo perchè questi desideri riceverla inginocchiato sulla lingua. Ciò è se nell’Istruzione Redemptioni Sacramentum, al n. 91. La violazione di tale norma viene anzi considerata come un «serio problema»: si veda l’Istruzione menzionata, al n.173.
La Chiesa ammonisce i ministri sacri «/ Vescovi, i Sacerdoti e i Diaconi, nell’esercizio del sacro ministero si interroghino in coscienza sull’autenticità e sulla fedeltà delle azioni da compiute a nome di Cristo e della Chiesa nella celebrazione della Si Liturgia. Ogni ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ai rispettato i diritti dei fedeli laici, che affidano a lui con fiducia sé stesi loro figli, nella convinzione che tutti svolgono correttamente per i fedeli quei compiti che la Chiesa, per mandato di Cristo, intende adempiere nel celebrare la sacra Liturgia. Ciascuno ricordi sempre, infatti, di essere servitore, della sacra Liturgia» (Redemptionis Sacramentum, n. 186).
Rifiutare la Santa Comunione ad un fedele solo perché la voglia ricevere inginocchi o sulla lingua costituisce un clericalismo insopportabile e un dispotismo clericale.
«PENSAVAMO CHE L’OCCIDENTE FOSSE UN PARADISO»
Eccellenza, Lei è un cittadino tedesco, tuttavia nato e originariamente cresciuto nell’allora repubblica sovietica. Com’è potuto accadere?
All’inizio del XIX secolo (1809 – 1810) c’è stata una grande migrazione di pastori dal Sud-Ovest della Germania verso la regione del Mar Nero, nell’allora Impero Russo. Emigravano da regioni quali Baden, Alsazia, Lorena, Pfalz. L’Imperatore russo garantiva loro appezzamenti di terreno molto fertile (“chernozem”, terra nera). Potevano anche erigere villaggi esclusivamente di lingua tedesca, separati in base alla confessione religiosa (villaggi specificamente Cattolici ed altri luterani) con nomi tedeschi, come Strasburgo, Alsazia, Karlsruhe, Baden, Mannheim, Speyer etc. I miei avi emigrarono dal Nord dell’Abazia, vicino a Seltz e Hagenau. Vissero lì fino alla Seconda Guerra Mondiale. Dopo il conflitto, il regime stalinista li deportò in diversi luoghi dell’Unione Sovietica, presso i campi di prigionia e di lavoro forzato. Così i miei genitori furono deportati sugli Urali. Una volta liberati, si trasferirono in Asia Centrale, in Kirghizstan, dove io sono nato.
La Sua infanzia è stata segnata dalle immancabili persecuzioni contro la religione, imposte dal regime sovietico. In quali condizioni fu possibile per Lei e per la Sua famiglia vivere la Vostra Fede? Come si sviluppò la Sua vita religiosa e chi rivestì il ruolo più importante in questo ambito?
II regime comunista ebbe come scopo quello di realizzare una società senza Dio. Così ogni segno religioso pubblico o di devozione venne proibito. La fede veniva vissuta e tramandata nelle famiglie, Chiesa domestica, lo ebbi il grande privilegio e la grande gioia di essere nato in una famiglia molto fervente e ricevetti la Fede Cattolica, di cui fui nutrito come, per così dire, del latte materno. Durante la persecuzione ed in assenza di un sacerdote (assenze, che a volte si prolungavano per diversi anni), i miei genitori, alla mattina, celebravano e santificavano la domenica con noi bambini mediante preghiere comuni.
In seguito ci trasferimmo in Estonia, dove avevamo una chiesa ed un prete a cento chilometri. Per noi era tutto sommato alquanto vicino e ci piacevano questi viaggi domenicali in chiesa, anche se richiedevano alcuni sacrifici. La nostra famiglia ebbe il privilegio di conoscere personalmente due santi sacerdoti: il Beato Padre Alexij Zaritzki, un prete ucraino di Lviv, che morì martire nel gulag a Karaganda nei 1963 e che fu beatifica nel 2001, e Padre Janis Andreas Pavlovsky, un Cappuccino lettone, che soffrì in quanto confessore della fede, sempre nel gulag a Karaganda. Fu il mio parroco in Estonia e morì santamente a Riga nel 2000.
Da giovane, negli anni Settanta, Lei ha potuto far ritorno in Germania insieme alla Sua famiglia. Alla fine divenne possibile praticare liberamente fede. Quali furono le Sue prime esperienze in merito? Stiamo parlando i tempi in cui molte delle sfortunate riforme liturgiche post-conciliari erano già state recepite.
Noi, che vivemmo la fede Cattolica durante la persecuzione, pensavamo alla Germania ed al mondo occidentale come ad un “paradiso”. Nelle chiese perseguitate vivevamo una fede profonda con grande riverenza verso tutti le realtà sacre, il prete, la liturgia e specialmente la Santa Comunione. Ciò che invece scosse tutti noi profondamente fu notare in Germania la mancanza di riverenza e di sacralità verso la liturgia della Santa Messa.
Osservammo per la prima volta nella nostra vita l’incredibile scena della distribuzione della Santa Comunione in mano. Ci sembrò così banale e così comune, come si trattasse di una distribuzione di dolci, che, quando tornammo a casa, percepimmo un dolore silenzioso nell’anima. Quando mia madre notò come tale scena potesse ritrovarsi in quasi tutte le chiese visitate, soffrì profondamente e pianse.