Abstract: il riciclo della carta fa male all’ambiente; è un feticcio degli ambientalisti che però non tiene conto della realtà. Per il riciclo si usano sostanze dannose per l’ambiente, che poi vengono rilasciate dalla carta una volta che si scioglie con le piogge. Cosa che non fa la plastica: il cui danno è estetico (non è certo piacevole veder galleggiare barattoli e sacchetti), mentre il danno del sacchetto di carta è ecologico. Smascheriamo una delle numerose eco-bufale “verdi”
Rubrica Vivaio pubblicata su Avvenire del 1 novembre 1992
Riciclaggio della carta? Una fregatura
(titolo redazionale)
di Vittorio Messori
Il messaggio era semplice: «Non ci tengo a passare per ecologista, visti demagogia, fanatismo, paleo-sinistrismo di buona parte dei “verdi”. In ogni caso – dati alla mano – il vero ecologista sono io che getto la carta straccia assieme agli altri rifiuti. Se la contrassegnassi per essere riciclata (come vuole il dogma ormai entrato nella testa dell’uomo medio) commetterei una cattiva azione contro l’ambiente: lo danneggerei ben più di quanto non contribuirei a proteggerlo».
Così scrivevo in uno dei «vivai» che hanno provocato più reazioni. Tutte emotive, a dire il vero: i dati che davo (basandomi sul buon senso più che sulla “Scienza” dei verdi, spesso fasulla e mutevole di stagione in stagione) non erano oppugnabili.
La sola obiezione con una parvenza di credibilità è stata in realtà un’induzione economica e non ecologica: se è vero che produrre carta riciclata significa (tra gli altri aspetti negativi per l’ambiente) consumare maggiore energia, come mai in commercio costa meno?
La risposta è semplice: perché per l’industriale la materia prima è quasi gratis, fornita dall’impegno generoso dei raccoglitori (molti dei quali militanti del mondo cattolico: ed era proprio a questo che pensavo, rammaricandomi che tanta energia e tante speranze fossero investite in cause simili).
Dunque, le cartiere possono permettersi di tenere più bassi i prezzi senza per questo rinunciare ai loro guadagni. Inoltre, molti governi concedono contributi alle industrie che praticano il riciclo: ancora un esempio di denaro pubblico dissipato per fini dannosi, sulla base della rumorosa pressione delle lobbies verdi.
Le quali tra l’altro (mi pare già vi accennassimo, in questa rubrica) prima si batterono perché i governi penalizzassero in tutti i modi i motori diesel. E ciò, dicevano, in base ai loro studi “scientifici”. Poi si dovette ammettere che “scientifici” non erano affatto. E allora, ecco le stesse lobbies verdi chiedere – con la stessa consueta aggressività – il contrario di quanto volevano prima: favorire i diesel e punire i motori a benzina…
Adesso ci si rende conto anche del grosso danno ecologico della campagna forsennata contro i sacchetti di plastica e che ha portato un governo come il nostro, sempre in balia dei prepotenti che gridano più forte, ad approvare una legge che, penalizzando quell’oggetto “maledetto”, ha portato all’uso dei sacchetti di carta. E questo in base a una parola magica: “biodegradabilità”. Ma anche qui basta il buon senso: ciò che è “biodegradabile” si scioglie nell’acqua.
E proprio qui sta il danno della carta: sciogliendosi, libera le molte sostanze velenose usate per la fabbricazione. Cosa che non fa la plastica: il cui danno è estetico (non è certo piacevole veder galleggiare barattoli e sacchetti), mentre il danno del sacchetto di carta è ecologico. Intanto resta ancora da ritirare il premio di un milione di sterline messo in palio da un giornale inglese per chi troverà un delfino soffocato da uno shopper di plastica: sorte che, stando ai nostri ambientalisti, era riservata a milioni di pesci, ma che nessuno ha mai visto in pratica…
Ma torniamo a quella carta riciclata per la quale fui quasi lapidato non solo da komeinisti del verde, ma anche da lettori in buona fede che non riuscivano a rassegnarsi all’idea che quelle belle domeniche passate insieme a movimentare quintali di giornali vecchi fossero importanti per cementare amicizie ma non sul piano dell’ambiente.
E ci torniamo perché da qualche tempo la “bibbia” nostrana dell’ambientalista, il mensile Nuova ecologia, non pubblica più le sue quasi 150 pagine (a colori e gonfie di pubblicità) su brutta carta grigina, spiegando ogni volta con orgoglio: «L’uso di carta riciclata al 100% ha risparmiato 46 pioppi di quattro anni».
Adesso la carta è splendente di bianco e leggermente patinata. E’ sparito anche il commovente proclama sui poveri pioppi e, al suo posto, sta – in piccolo – una scritta “Carta senza cloro”. Come spiega il settimanale Europeo in una inchiesta esauriente, dietro a quella scritta sta ancora una volta l’ammissione di essersi clamorosamente sbagliati.
In sostanza “carta senza cloro” significa carta non riciclata, per produrre la quale occorrono quantità di cloro che, combinandosi con la lignina, producono nientemeno che la micidiale diossina. E cioè proprio uno dei maggiori spauracchi dell’ecologista.
Dunque, anche Nuova ecologia, con quella carta di cui andava fiera (“46 pioppi risparmiati”!), contribuiva pesantemente a un inquinamento disastroso. Anche se ci si è ben guardati dallo spiegarlo agli ignari lettori.
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Il riciclo della carta non fa bene all’ambiente e raramente il recupero dei materiali è conveniente. Per approfondire: