La Croce quotidiano 24 giugno 2017
Il 25 giugno ricorre l’anniversario dell’ordinazione dei primi tre sacerdoti dell’Opera fondata da san Josemaría Escrivá, vale a dire don Álvaro del Portillo, José Luis Múzquiz e José María Hernández Garnica. Sono tutti incamminati sulla via degli altari (uno già Beato) ma nel 1944 solo grazie a un vescovo coraggioso il tutto fu possibile. L’Opera veniva detta infatti dai “buoni” nient’altro che una branca di «eretici e massoni!»
di Giuseppe Brienza
Il 25 giugno 1944 il vescovo di Madrid mons. Leopoldo Eijo y Garay ordinò i primi tre fedeli dell’Opus Dei che chiesero l’ammissione al sacerdozio, vale dire Álvaro del Portillo, José María Hernández Garnica e José Luis Múzquiz. Se si fosse trattato di un vescovo amante della quiete, attento a evitare le grane, probabilmente l’Opera fondata da san Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975) non avrebbe compiuto nel dopoguerra il cammino finora realizzato a beneficio di tante anime.
Nei primi anni quaranta, infatti, l’Opus Dei e il suo fondatore erano al centro di una campagna di critiche e calunnie operante sia nella Chiesa sia nella società spagnola. Si trattava di quella «persecuzione dei buoni», cioè persone probabilmente in buona fede che però non comprendevano quel vento di rinnovamento nella spiritualità cattolica che voleva San Josemaría e che, come ha sempre ripetuto il fondatore, è stata sempre «la contrarietà più forte» per la nascita dell’Opera (Lettera del 1941 a don Fermín Yzurdiaga Lorca, da Madrid). Ai “buoni”, infatti, si unirono come sempre accade (e anche oggi!) «quelli che non lo sono affatto e che odiano la Santa Chiesa e la Spagna cattolica» (ibidem.).
Domani ricorre l’anniversario di questo passaggio storico importante per l’Opus Dei, vale a dire l’ordinazione dei primi tre uomini generosi che, dopo novant’anni di storia (la fondazione dell’Opera risale infatti al 2 ottobre 1928), sono ormai alla testa di un vero e proprio esercito che, oggi, conta quasi 2.100 sacerdoti appartenenti alla Società Sacerdotale della Santa Croce e che cercano quindi di raggiungere la santità nell’esercizio del loro ministero secondo l’ascetica propria dell’Opus Dei.
Anche se la maggior parte dei fedeli dell’Opera – circa il 70% – è costituita da laici, cioè i c.d. membri “soprannumerari”, non è senza significato che, tra i primi tre sacerdoti dell’Opus Dei ordinati il 25 giugno del 1944 vi sia anche Don Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría alla guida della Prelatura dell’Opus Dei (1975-1994), beatificato proprio a Madrid, sua città natale, il 27 settembre 2014. Ma anche per José Luis Múzquiz, nato a Badajoz il 14 ottobre del 1912 e morto a Boston nel 1983, il quale aiutò molto il fondatore a estendere il lavoro dell’Opus Dei negli Stati Uniti, il processo di canonizzazione a partire dal 2011 sta procedendo piuttosto velocemente. Il 22 maggio 2014 il cardinale arcivescovo di Boston, Seán O’Malley, ha presieduto la cerimonia di chiusura della fase diocesana e, nella diocesi di Boston, sono sempre di più i fedeli che si interessano alla sua figura e ricorrono alla sua intercessione.
Come riportato nelle pagine della biografia di don Álvaro in cui si racconta di quella giornata storica del 25 giugno 1944, l’ordinazione sacerdotale ebbe luogo, come previsto, di Domenica. La cerimonia fu vissuta, com’era logico, «con particolarissima intensità, preghiera e gioia fra i membri dell’Opus Dei. Il rito fu celebrato nella cappella del palazzo episcopale. Non c’era spazio per tutti i presenti e si accalcarono anche nelle sale contigue. Alle dieci in punto monsignor Eijo y Garay cominciò la solenne Messa di ordinazione presbiterale. San Josemaría non era presente alla cerimonia liturgica: offrì al Signore questa rinuncia come mortificazione per i suoi figli, e per seguire la sua norma di condotta abituale: “A me tocca nascondermi e scomparire perché brilli soltanto il Signore”.
Mentre il vescovo di Madrid conferiva l’ordine sacerdotale ad Álvaro, José María e José Luis, il fondatore dell’Opus Dei celebrava il santo Sacrificio dell’altare nell’oratorio di Diego de León, aiutato da José María Albareda, e pregava con fervore la Trinità beatissima per la santità di quei nuovi sacerdoti» (Javier Medina, “Álvaro del Portillo”, Edizioni Ares, Milano 2014, p. 189).
Nel 1989 monsignor Del Portillo spiegò così quel gesto di san Josemaría: «Per il nostro fondatore, sia dal punto di vista umano sia da quello soprannaturale, quello era un giorno trionfale: dopo tanti anni di preghiera e di lavoro per diffondere l’Opera, dopo tante contestazioni, dopo aver sentito dire da molte persone che non esisteva una soluzione canonica per quell’ordinazione di sacerdoti, era giunto il momento in cui tre suoi figli sarebbero stati ordinati sacerdoti» (Á. del Portillo, Parole pronunciate in una riunione familiare, 25 giugno 1989, AGP, Biblioteca, P02, 1989, 711).
Lo studio delle discipline filosofiche e teologiche da parte dei tre ordinandi fu rigoroso e costante. Per i primi esami presentarono una richiesta al Vescovo di Madrid, nella quale ognuno di loro, «ritenendosi chiamato al sacerdozio e desiderando seguire gli studi ecclesiastici, prega S.E. di voler dare le opportune disposizioni per essere ammesso all’esame di Lettere e Filosofia e per poter essere poi ammesso agli studi della Sacra Teologia» (cfr. AGP, Sezione Pratiche, D-660).
Sostennero gli esami di Filosofia davanti a una Commissione del Seminario Conciliare di Madrid, mentre quelli di Teologia nel Centro di Studi Ecclesiastici, costituito dopo l’erezione canonica della Società Sacerdotale della Santa Croce (1950).
Per quanto si riferisce alla formazione pratica dei primi tre sacerdoti dell’Opera, il fondatore si riservò le discipline di Liturgia e di Pastorale, cui diede loro lezioni nel corso di diversi mesi. San Josemaría era rigoroso quanto ai gesti, alle orazioni e al decoro liturgico e insegnava ai suoi figli a seguire fedelmente ogni minima indicazione delle rubriche. In modo particolare quelle della Santa Messa, che tanto aiutano ad avvicinarsi al Signore.
Il personale curriculum teologico di don Álvaro, don José María e don José Luis contiene una serie ininterrotta di “Meritissimus”, vale a dire il massimo dei voti. Questa serie di risultati apicali è interrotta però da un semplice “Benemeritus”. Si trattava della materia del “Canto Liturgico”, perché «nessuno dei tre candidati riuscì a fare di più. Ma non era un disonore, solo una dote che Dio non aveva concesso…» (Andrés Vázquez de Prada, “Il fondatore dell’Opus Dei. Vita di Josemaría Escrivá”, ed. originale spagnola: Rialp, Madrid 1997-2003, vol. II, par. 6. “I primi sacerdoti”).
«Il sacerdote dell’Opera! Quante ore abbiamo passato parlando di lui!!», scrisse san Josemaría riandando a quel giorno dell’ordinazione dei primi, «È lui il nerbo dell’Opera di Dio. Santo! Dovrà esagerare in virtù, se mai fosse possibile esagerare… Perché i membri laici si guarderanno in lui come in uno specchio e solo se il sacerdote punta molto in alto, gli altri potranno mantenere la media» (Appunti di Josemaría Escrivá, s.l. 9 dicembre 1930, n. 123).
In quella Domenica del 25 giugno 1944, furono in molti che, finita la cerimonia, si precipitarono in sacrestia a baciare le mani consacrate dei primi tre sacerdoti dell’Opus Dei. Fra i presenti, oltre a molte persone della Nunziatura e del Vescovado, chierici di Madrid e delle province, parenti, amici e conoscenti, persone dell’Opera, vi fu anche un gran numero di rappresentanti di Ordini e Congregazioni religiose, dai Gerolamini ai Domenicani, dagli Scolopi agli Agostiniani, per finire con i Marianisti, Lazzaristi etc.
Il Vescovo di Madrid mons. Eijo y Garay andò quindi a pranzare in via Diego de León con san Josemaría, i nuovi sacerdoti e diversi invitati. Parlò loro della grande gioia che aveva provato nell’ordinare «la prima leva di sacerdoti». Ricordò le persecuzioni patite dall’Opera negli ultimi anni e permesse dal Signore per ricavarne un bene maggiore, e confessò che provava una grande gioia e tranquillità sapendo che, nonostante tutto quello che avevano patito, essi non serbavano alcun risentimento, né era venuto meno in loro l’affetto per quanti erano stati strumenti di quella campagna: «Quante lacrime sono costate a tante madri le calunnie con cui vi si tacciava di essere eretici e massoni!», disse (cit. in Relazione di Teodoro Ruiz Jusué, Madrid 20 maggio-28 luglio 1944, p. 20).
Parlò poi del fondatore dell’Opera, della missione specifica che egli aveva ricevuto da Dio per dirigere l’Opera e per formarli. Era lui il depositario delle grazie necessarie per condurli a raggiungere il fine: «Abbiate molta cura del Padre, che ne ha bisogno e di cui noi abbiamo molto bisogno».
Proseguì parlando del peso ingente che gravava sulle spalle del fondatore e della sua salute, incrinata dalle preoccupazioni e logorata da lavoro e sofferenze: «Una prova di quanto sia stanco – scherzò, cambiando tono – è che questa mattina non ha osato venire all’ordinazione per timore di non poter contenere la sua emozione e che noi lo vedessimo piangere come un vecchio nonno; e poiché a stare solo in casa aveva paura, ha chiamato José María Albareda perché gli tenesse compagnia… Ma forse si è trattato di un gesto di grande sacrificio: poiché mi darebbe una grande gioia esserci, allora resto qui» (Relazione di Adolfo Rodríguez Vidal, Madrid 25 giugno 1944).
Nel 1946 san Josemaría si trasferì a Roma, fissandone fino alla morte la residenza. Fu un periodo cruciale per l’Opus Dei, che ricevette allora le prime approvazioni giuridiche della Santa Sede. Già nel 1950, quindi, il venerabile Pio XII concesse l’approvazione definitiva dell’Opera ma, se pochi anni prima un vescovo coraggioso, sfidando mormorazioni e malelingue, non avesse compiuto la sua parte, probabilmente tutto quanto seguì non avrebbe avuto il corso che doveva avere. Per questo, anche domani, i fedeli dell’Opera dicono grazie a mons. Leopoldo Eijo y Garay.