di Piero Sinatti
A Mosca non hanno avuto stamani nessuna influenza sull’andamento dei mercati azionari e dei cambi le dimissioni del governo di Mikhajl Fradkov e la designazione alla successione di Viktor Zubkov, Che ha sorpreso sia per l’età (ha superato quella della pensione, come sessantaseienne 66 anni, un’eccezione in una leadership di quaranta-cinquantenni), sia per la sua assoluta mancanza di notorietà.
Zubkov dirige dal 2004 il Servizio federale di monitoraggio finanziario. Si tratta di una sorta di agenzia 007 del Ministero delle finanze. Investiga su banche e depositi bancari, sul riciclaggio di capitali, sulle operazioni finanziarie con l’estero ed è in stretto contatto con il Servizio federale fiscale (NFS). Con Putin presidente c’è stato un forte incremento del gettito fiscale.
La carica del premier designato è lontana dagli occhi del grande pubblico. Tuttavia è molto influente, in un paese in cui le indagini su flussi di capitali, schemi societari per l’export ed evasioni fiscali possono essere lo strumento discrezionale da usare contro società e biznesmeny e persino oligarchi. Come hanno dimostrato i casi di Vladimir Khodorkovskij (Yukos) quello recentissimo di Mikhajl Gutseriev (Russneft’). Entrambi sono stati inquisiti per reati finanziari e fiscali, ma con sottofondo strategico: la ripresa di controllo da parte dello Stato del volontà del settore petrolifero.
Zubkov, dunque, è un oscuro, ma influente chinovnik (alto funzionario, nome storicamente impopolare in Russia). E’ importante notare che ancora una volta viene scelto per un’altissima carica un personaggio legato a Putin nei “tempi torbidi” in cui il Presidente era vicesindaco di San Pietroburgo e si occupava di affari commerciali (con l’estero).
En passant, ricorderemo che in quella città, il mese scorso, sono stati arrestati una trentina di imprenditori accusati di far parte di una filiera criminale legata al noto imprenditore (ed ex- gangster di Tambov) Kumarin-Barsukov: uno scandalo clamoroso.
La gelida rampogna di Putin
Le dimissioni del governo erano nell’aria. All’inizio della tournée di 40 mila chilometri che lo ha portato in Indonesia, Australia e Dubai, Putin ha visitato la base della Marina da Guerra di Petropavlovsk – Kamchatka, sul Pacifico. In questa occasione ha accusato il governo, con dure e rozze parole (un classico quando è irato), di non aver realizzato le sue direttive mirate a migliorare le condizioni di vita degli ufficiali di quella base, che ospita tra l’altro sottomarini nucleari.
La maggior parte degli ufficiali vivono ancora in tuguri, le infrastrutture di comunicazione sono del tutto carenti, non è stato ancora portato il gas nella base.
Il suo discorso è andato in onda sui TG della sera. “Tre anni fa ho detto di dare agli ufficiali alloggi e condizioni di vita degne di un ufficiale russo. Non avete fatto un fico secco. Ma cosa fate tutto il giorno, eh, vi frugate nel naso ?”
E aveva concluso seccamente: “Dovrò prendere provvedimenti”.
Ritardo dei grandi piani sociali
In realtà, le inadempienze sociali non sono solo quelle viste in Kamchatka. Segnano un po’ dappertutto il Paese. Da tempo Putin mal celava il proprio malcontento verso l’esecutivo. Specie per la lentezza nell’attuazione dei Quattro Grandi Progetti Nazionali , lanciati nel 2004-2005 per migliorare i settori in disastrosa di sanità, educazione, alloggi e agricoltura (al pari delle infrastrutture di comunicazione e dell’energia).
I Quattro Progetti sono i primi grandi piani e investimenti sociali della Russia pos-sovietica. Un compito immane, lanciato da Putin con grande enfasi politico-mediatica, che si è scontrato e si scontra con corruzione, sparizione di fondi, gravi ritardi delle macchina burocratico-amministrativa, ma soprattutto con l’ irresponsabile indolenza russa (khalatnost’) dei funzionari di governo e regionali.
Lo stesso Fradkov – grigia figura tirata fuori tre anni fa da un ufficio statale russo di Bruxelles, per succedere al “discusso” premier Kasjanov (detto Misha 2% e “vicino” all’oligarca in disgrazia Khodorkovskij) – era stato mostrato talvolta nei TG della sera nell’atto di rimbrottare alcuni ministri per la loro “inefficienza”. In particolare quello della sanità e sviluppo sociale Zurabov, bersaglio anche delle frequenti rampogne di Putin a telecamere accese per i TG della sera.
Una pratica classicamente russa del leader (un tempo dello zar) che mette alla gogna pubblica i suoi alti dignitari. Cosa che il popolo apprezza. E che dovrebbe far più amare lo “zar”.
Ombre sul governo
Il discorso in Kamchatka preannunciava guai imminenti per il governo, di cui si aspettava un rimpasto o le dimissioni. Soprattutto in vista del rinnovo della Duma a dicembre (quindici partiti in lizza) e delle elezioni presidenziali a marzo, quando Putin non si potrà ripresentare, giacchè la Costituzione vieta il terzo mandato consecutivo. Sia Putin che il premier dimissionato e dimissionario, hanno messo le dimissioni del governo in stretta relazione con queste scadenze.
Fradkov ha detto di essersi dimesso per dare al presidente “la massima libertà di decisioni” in vista di questi “grandi eventi”. Curioso solo che il premier messo di fatto alla porta sia stato insignito da Putin dell’ “ordine di primo grado per i servizi resi alla patria”. Onorificenza finora concessa a pochissime e illustrissime personalità russe, come il Premio Nobel per la fisica Alferov, il grandissimo scrittore Solzhenitsyn, il celebre violoncellista e direttore d’orchestra Rostropovich). Stranezze russe.
Conclusioni
Il governo e il premier appaiono come i capri espiatori. Perché partito di maggioranza (Russia Unita) e futuro presidente (sicuramente indicato da Putin) si presentino come forze intenzionate ad accelerare i processi di rinnovamento e miglioramento economico-sociale. Laddove il governo Fradkov che pure ha ottenuto “grandi successi” (specie sul terreno macroeconomico) – sono parole di Putin – si è reso colpevole di “errori, ritardi, inadempienze”.
Troppo, dunque, alla vigilia dei due voti. Da qui, il “cambio della guardia” di ieri. Del resto in otto anni Putin ha cambiato solo tre premier. Un segno di stabilità, sicuramente.
Quanto alla prossima compagine, ci si interroga su quali ministri usciranno: si parla del ministro dello sviluppo economico German Gref, più volte messo sotto accusa da Putin per i ritardi nel rinnovamento del settore industriale. In realtà non condivide, pur subendole, le strategie dirigiste di Putin.
Lo stesso dicasi per il ministro delle finanze Aleksej Kudrin, che più volte ha contestato l’allargamento della spesa sociale sostenuto dal Presidente. Entrambi hanno fama di “liberali”. Per sicura viene data la partenza del ministro degli affari sociali Zurabov, in passato accusato da Putin di non aver curato come doveva il settore sanitario e farmaceutico, sollevando il risentimento dei meno abbienti e degli anziani.
Tra i compiti del nuovo governo, oltre a forti interventi sul terreno sociale (con inevitabili incrementi di spesa pubblica), si prevede il “rafforzamento della lotta contro la corruzione”, un male congenito che affligge la vita economica del Paese e ostacola rapporti economici e investimenti esteri. Equesto, del resto, ben si lega all’attività di intelligence finanziaria svolta negli ultimi tre anni dal premier designato.
Sicuramente, i tre primi vicepremier entreranno nella nuova squadra di governo: il più in vista e influente è Sergej Ivanov (pietroburghese), gia ministro delle difesa, che cura con successo il Complesso militare industriale, gli armamenti (si veda la realizzazione della nuova bomba nucleare, annunciata ieri ), e in particolare i settori aero- spaziali e la high tech.
In seconda fila Dmitrij Medvedev, (pietroburghese), che oltre ad essere uno dei presidenti di Gazprom, sovrintende il delicatissimo settore degli affari sociali (scuola, università, sanità alloggi) e l’ agricoltura.
Infine, viene l’outsider: il brillante Sergej Naryshkin (pietroburghese), consigliere di Putin, e vicepremier, per le relazioni commerciali con l’estero.
Tra loro sarà scelto il papabile alla successione. Improbabile il nuovo premier, per l’età e per il curriculum. E’ una figura tecnica, un premier che è solo un esecutore (se non un passacarte) del capo di stato. Secondo la costituzione fortemente presidenzialista della Federazione russa.