Nata in provetta con fecondazione eterologa è stata tolta ai due anziani genitori, considerati moralmente indegni. Un doppio errore: «Prima si lascia che i genitori producano figli contro ogni limite e poi li si toglie loro perché incapaci di crescerli». Alla fine «ci rimette il soggetto più debole»
di Benedetta Frigerio
L’anno scorso la piccola, a un mese dalla nascita, era stata affidata a un’altra famiglia. Ieri la notizia della sua adottabilità, dopo che i genitori sono stati monitorati e visitati da periti e psicologi del tribunale di Torino per un anno. La sentenza parla «di volontà di onnipotenza» dei coniugi, di «desiderio di soddisfare a tutti i costi i propri bisogni». Di dissociazione psicotica del padre settantenne e di una madre di 58 anni incapace di stabilire «con la figlia contatto emotivo… mostrando una ferita narcisistica intollerabile».
In effetti la madre si era sottoposta a dieci tentativi di fecondazione omologa falliti e, pur di avere il figlio che non arrivava, aveva fatto due richieste di adozione, probabilmente disattese per l’età. A questo punto, la donna è ricorsa all’eterologa in un pese estero. «Questo caso denota uno squilibrio: c’è qualcosa che non va in una donna che si accanisce tanto per avere un bambino. Difficilmente può essere un buon genitore, uno che è tutto incentrato sul suo desiderio e non sul figlio da crescere», spiega Risé.
L’unico fatto citato dalla sentenza fa riferimento a un episodio in cui la coppia avrebbe lasciato la bambina in auto per 45 minuti piangente, anche se controllata. Il resto delle sentenza insiste molto nel descrivere l’inadeguatezza morale dei due coniugi. Non è un po’ strano? «Questo aspetto – risponde Risè – fa vedere l’altro lato preoccupante della vicenda: lo Stato, tramite i giudici, entra nella vita privata delle famiglie, giudicandole secondo standard propri».
Rimane il paradosso di «una società dei diritti che non conosce i doveri. Non può reggere e in questo caso si vede: prima si lascia che i genitori producano figli contro ogni limite, come appunto fossero meri oggetti di un desiderio, e poi li si toglie loro perché incapaci di crescerli.
Questa sentenza è solo la conseguenza di un libertinismo che deve essere limitato alla radice, non quando è troppo tardi dai giudici. Perché a rimetterci sono sempre i più deboli. Penso a questa bambina passata da una famiglia all’altra. Con genitori naturali incerti e che ora andrà a quella d’adozione».
L’interventismo statale, «se in questo è la conseguenza di una deriva che andava fermata prima, è però ingiustificabile per il suo carattere morale. Il limite è sottile e non vorrei si arrivasse ad accettare sentenze come quella dei due genitori le cui bambine, dieci anni fa, avevano picchiato una vicina.
Gli hanno pignorato la casa “per non avere educato adeguatamente e non aver ben vigilato sulle proprie figlie”. Non ho sufficienti elementi per giudicare con certezza la sentenza torinese. Ma quest’altra è inaccettabile. Che la responsabilità dei figli sia trasferita automaticamente sui genitori fino a farli pagare per qualcosa che non hanno fatto è una decisione da Stato sovietico».