Le prove in un libro scritto da Elisabetta Sala
di Antonio Gaspari
ROMA _ William Shakespeare, il più grande scrittore in lingua inglese, era cattolico? Secondo il libro “L’Enigma di Shakespeare. Cortigiano o dissidente?” appena pubblicato da Ares, sono ormai copiosi gli indizi e le prove che confermano la fede cattolica del drammaturgo e poeta inglese.Ma cosa cambia sapere che Shakespeare fosse cattolico? Secondo Elisabetta Sala, autrice del libro in questione, la cattolicità del poeta britannico “potrebbe ricordare agli inglesi che, forse, la vera anima del loro Paese non è quella che fu redatta a tavolino dalla minoranza che stava al governo”.
Bisogna infatti ricordare che William Shakespeare è vissuto in un periodo storico in cui manifestare il proprio essere cattolici significava venire pesantemente discriminati in ambito sociale a rischio della vita. Tanto è che i suoi stessi parenti, amici e vicini di casa furono uccisi perché cattolici e fedeli al Papa.
Per conoscere la storia e le implicazioni dello Shakespeare cattolico, ZENIT ha intervistato Elisabetta Sala, la quale insegna Lingua, Letteratura e Storia inglese nei Licei statali e collabora con diverse testate giornalistiche.
Per le Edizioni Ares ha già pubblicato “L’ira del Re è morte”, sullo scisma di Enrico VIII, ed “Elisabetta la Sanguinaria”.
Quali sono le prove della cattolicità di Shakespeare di cui lei parla nel libro?
Sala: Le “prove” consistono in una serie impressionante di indizi, spesso taciuti e a volte persino occultati dalle correnti critiche tradizionali. Da un lato abbiamo numerosi particolari biografici, come il cattolicesimo della famiglia d’origine e quello delle cerchie altolocate che Shakespeare frequentò a Londra. Dall’altro, abbiamo l’inconfondibile connotazione cattolica di quasi tutte le sue opere, che rivelano in modo lampante la mentalità di chi le scrisse. Certo, sono particolari che possono sfuggire a lettori (e studiosi) non cattolici.
La Regina sapeva della cattolicità di Shakesperare?
Sala: Non possiamo dirlo con certezza: probabilmente nutriva almeno qualche sospetto. Di lei, però, possiamo senz’altro dire che non era un’estremista e che, se le faceva comodo, passava tranquillamente sopra a differenze religiose e politiche. Certamente apprezzava il genio del grande drammaturgo e può darsi che non volesse privarsene. Sappiamo per certo che ella agì in tal modo nei confronti del suo maestro di cappella, William Byrd, cattolico e ricusante, che i ministri regi avrebbero voluto e potuto distruggere se lei non l’avesse protetto personalmente.
Ai tempi di Shakespeare il cattolicesimo era fuorilegge. Come poteva il noto drammaturgo frequentare la corte e rappresentare le sue opere? Perché era tollerato e protetto?
Sala: Primo: Perché era un funambolo espertissimo, nell’arte come nella vita. Secondo: perché, semplicemente, non era possibile arrestare tutti coloro che simpatizzavano per il papismo, essendo essi in maggioranza, tra il popolo come tra le classi più elevate. Dalle ricerche più recenti emerge il fatto che erano proprio le potenti famiglie cattoliche a proteggere e a promuovere il grande drammaturgo. La regina certo non amava i cattolici, ma sapeva che erano molto meno pericolosi degli estremisti puritani, repubblicani e antimonarchici per eccellenza, i quali, non a caso, nel giro di mezzo secolo sarebbero riusciti a far decapitare il re e ad abolire la monarchia. Quanto all’innegabile cattolicesimo shakespeariano, tanto evidente a chi abbia studiato l’intero canone, non era allora così facile affermarlo senza ombra di dubbio: le sue opere infatti, non furono mai pubblicate in edizione completa prima del 1623, sette anni dopo la sua morte.
Come faceva Shakespeare a conoscere così bene tanti luoghi e città italiane?
Sala: Di fatto, l’Italia andava di gran moda tra gli inglesi del Cinque-Seicento e chiunque volesse darsi un’aria di distinzione citava luoghi e nomi italiani. Moltissimi si cimentarono anche nello studio della lingua e, come afferma un noto studioso, Shakespeare sarebbe stato il genio più stupido della sua epoca se non si fosse adeguato. Italiane furono molte delle sue fonti, in lingua originale o in traduzione francese, e certo il pubblico era affascinato da drammi ambientati in Italia.
Quanto alla sua accuratezza geografica, diciamo che lascia un po’ a desiderare e che, probabilmente, neanche gli interessava: basti dire, ad esempio, che il protagonista dei Due Gentiluomini di Verona viaggia per nave da Verona a Milano o che quello della Tempesta, duca di Milano, viene detronizzato e immediatamente abbandonato in mare. In ogni caso, pur non essendo desumibile dalle sue opere, la questione se egli abbia mai visitato l’Italia resta più che mai aperta: come molti sanno, recentemente sono state individuate alcune firme nel registro del Collegio Inglese di Roma che potrebbero essere nomi in codice di William Shakespeare: se egli ebbe mai occasione di visitare i nostri lidi, dubito che sia stato per un viaggio di piacere.
Come facevano i cattolici inglesi a mantenere i rapporti con Roma e con il Papa?
Sala: La rete di collegamento era tanto fitta quanto pericolosa. Tra Roma e Londra era tutto un andirivieni di giovani fuggiaschi desiderosi di entrare in seminario, esuli politici e religiosi, agenti segreti governativi, missionari in borghese e chi più ne ha più ne metta. Un suddito inglese che avesse lasciato il proprio Paese per entrare in seminario e che fosse rientrato in patria come sacerdote era automaticamente colpevole di alto tradimento e, se catturato, subiva di norma l’orrendo squartamento rituale riservato ai traditori della Corona; ciò nonostante, la missione fu instancabile. Inutile dire che, qualora i missionari avessero studiato a Roma, conoscevano molto bene l’italiano.
Shakesperare ha conosciuto Giordano Bruno? Quali erano i rapporti tra i due?
Sala: Di questo non abbiamo alcuna prova e, anzi, si tratta a mio avviso di un’ipotesi piuttosto improbabile, giacché Bruno lasciò per sempre l’Inghilterra nel 1585, quando Shakespeare, ventunenne, era (forse) alle primissime armi come attore e non si era ancora cimentato con la drammaturgia. Più probabilmente lo conobbe Christopher Marlowe, altro grande poeta e drammaturgo, che, come Bruno, lavorava per i servizi segreti governativi diretti da Francis Walsingham.
In che modo la cattolicità di Shakesperare ha ispirato e influenzato le sue opere?
Sala: Il cattolicesimo shakespeariano è l’unica chiave che permetta di far quadrare il puzzle della sua opera; lungi dall’esaurirne la profondità, la aumenta enormemente. Come afferma John Waterfield, “Shakespeare non sarebbe ‘cattolico’…, poeta universale del cuore umano, se non fosse stato prima di tutto un cattolico. In altre parole, la sua umanità procedette di pari passo con la sua fede religiosa”.
Afferma Clare Asquith nel suo splendido studio: “Il più grande scrittore di Inghilterra visse e lavorò nel periodo più turbolento per il Paese. È impossibile credere che non avesse nulla da dire sul dramma dei suoi giorni. Di fatto, esso diede vita a tutto ciò che scrisse: la crisi dell’Inghilterra fu la passione di Shakespeare”. Censura, persecuzione, condanna, silenzio imposto, apostasia forzata, senso di isolamento e, a volte, di disperazione… Tutto ciò, che faceva parte della vita quotidiana dei cattolici inglesi, emerge lungo tutto il canone e ne diventa l’elemento unificatore.
Cosa cambia nel dibattito letterario e storico, sapere che Shakesperare fosse un fedele cattolico?
Sala: Nel medesimo intervento in cui propendeva per il cattolicesimo shakespeariano, l’attuale arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha tenuto a specificare che il fatto non gli appaia di grande importanza. Io trovo invece che ne abbia moltissima. Innanzitutto perché ciò va a demolire un’immagine falsata dalla storia, quella che volle identificare Shakespeare con il paladino del regime elisabettiano.
Poiché, secondo la vulgata whig, fu quello il momento che forgiò l’identità degli inglesi, è di un certo rilievo scoprire che il poeta nazionale si rifaceva in realtà a radici molto più profonde, a radici che condivideva con la maggioranza del suo popolo. Con la profonda crisi odierna dell’anglicanesimo, uno Shakespeare cattolico potrebbe ricordare agli inglesi che, forse, la vera anima del loro Paese non è quella che fu redatta a tavolino dalla minoranza che stava al governo.
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Enigma di Shakespeare (L’). Cortigiano o dissidente? di Sala Elisabetta