Risultati e limiti della Dichiarazione Universale su Bioetica e Diritti Umani

 unescoZENIT – Il mondo visto da Roma Servizio quotidiano – 31 ottobre 2005

Secondo padre Gonzalo Miranda,  che ha partecipato ad alcune fasi della sua elaborazione

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 31 ottobre 2005 (ZENIT.org).- Il 19 ottobre scorso la 33ª Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato definitivamente la “Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani”, un documento rilevante elaborato per due anni dal Comitato Internazionale di Bioetica e dal Comitato Intergovernativo di Bioetica, entrambi dell’UNESCO. Padre Gonzalo Miranda, L.C., Decano della facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma, ha partecipato ad alcune fasi dell’elaborazione della Dichiarazione in qualità di delegato della Santa Sede. In questa intervista concessa a ZENIT analizza gli aspetti più importanti del documento.

Quale può essere il significato dell’approvazione di questa Dichiarazione?

In primo luogo si conferma l’importanza universale della Bioetica e dei temi e problemi studiati da questa disciplina nata 35 anni fa. Universale nel senso che interessano tutti noi (medici e biologi, ma anche politici e legislatori, giornalisti, sacerdoti, eccetera, così come la società in generale). Universale anche in quanto al giorno d’oggi questi problemi sono percepiti e studiati in tutte le aree geografiche e culturali del mondo. La globalizzazione galoppante ha contribuito senza dubbio a questo fenomeno.

La Dichiarazione, per sua stessa natura, non è un documento vincolante per gli Stati, ma vuole esercitare un’influenza importante nelle legislazioni dei Paesi e nelle decisioni e nei comportamenti di tutte le persone coinvolte nei problemi di Bioetica. L’UNESCO desidera essere un’agenzia leader mondiale in questo campo, e lo afferma in modo chiaro ed esplicito. Ho potuto constatare come i rappresentanti di molti Governi, soprattutto dei Paesi in via di sviluppo, chiedano all’UNESCO di aiutarli ad orientarsi nei temi di Bioetica e a diffondere questa disciplina nelle loro Nazioni, collaborando, ad esempio, alla creazione dei loro comitati nazionali di Bioetica. Non mancano coloro che vedono in tutto ciò il pericolo che si instauri una sorta di governo etico mondiale.

Qual è stata la partecipazione della Santa Sede a questi lavori?

Come lei sa, la Santa Sede ha un Osservatore Permanente presso l’UNESCO, a Parigi. Attualmente è monsignor Francesco Follo a ricoprire questo incarico, in modo molto degno ed efficace. Sono stato invitato a partecipare ai lavori di elaborazione della Dichiarazione: prima perché esponessi la visione cattolica della Bioetica, nell’agosto dell’anno scorso, quest’anno a giugno alla riunione degli esperti in rappresentanza dei Governi e ora alla Conferenza Generale. Come osservatore potevo prendere la parola, anche se non potevo partecipare alle decisioni. Era anche interessante poter parlare in modo informale con i delegati dei Governi, scambiando impressioni, ascoltando e proponendo. In molti delegati ed esperti ho potuto constatare un profondo apprezzamento per la Santa Sede ed un grande interesse per il pensiero della Chiesa.

Quale giudizio globale merita la Dichiarazione che è stata appena approvata

Credo che sia importante il fatto che la Dichiarazione venga studiata in modo attento e libero da parte di quanti si dedicano alla Bioetica, di modo che si comprendano le sue istanze, il significato dei principi che propone, le possibili conseguenze della sua influenza nel mondo, ecc.. Non mi sembra che si possa dare un giudizio ponderato senza passare per questa analisi e questo dibattito. Ad ogni modo, penso che la Dichiarazione sia in generale accettabile, e in alcuni punti anche buona.

Rappresenta ovviamente il frutto di un negoziato e di uno sforzo di consenso tra visioni ed interessi contrapposti. Proprio per questo non appaiono nel testo, neanche minimamente, temi come la protezione degli esseri umani non nati o lo statuto dell’embrione umano. Molto meno c’è un tentativo di mettersi d’accordo su ciò che si intende per persona, dignità umana, ecc..  Come saprà, all’inizio si pensava al titolo “Dichiarazione di Norme Universali di Bioetica”, e c’era una lunga lista di problemi specifici di Bioetica che la Dichiarazione avrebbe dovuto affrontare.

Poi si è visto che conveniva rimanere sui principi generali ed eliminare il termine “norme” dal titolo della Dichiarazione. Si è anche deciso alla fine di introdurre l’espressione “diritti umani”, con cui si sottolinea la piattaforma su cui si basano i principi proposti dalla Dichiarazione.

Quali sono stati i punti più controversi nell’elaborazione del testo?

Ce ne sono stati vari, molto interessanti. Nella riunione di giugno, nella quale gli esperti rappresentanti dei Governi dovevano rivedere il testo preparato dai comitati di bioetica dell’UNESCO, è stato possibile dialogare e cedere in aree di consenso su alcuni di questi punti più controversi, migliorando senz’altro il testo. Ad esempio, alcuni Paesi hanno chiesto che venisse introdotto il principio del diritto alla vita umana.

Altri dicevano che i loro Governi non potevano accettarlo (un delegato mi ha detto che non era possibile perché nel suo Paese era stata legalizzata la “clonazione terapeutica”). In seguito a molti tentativi e dopo che alcuni delegati si erano consultati con i rispettivi Governi, si è accettato che nella sezione sugli obiettivi della Dichiarazione si dicesse, parlando dei diritti umani: “assicurando il rispetto della vita degli esseri umani”.

Come ho detto nella riunione, era un po’ paradossale che una dichiarazione di bioetica, elaborata da esseri umani, si dimenticasse di proporre il principio del diritto alla vita degli esseri umani. Almeno è rimasto tra gli obiettivi della Dichiarazione. Dall’altro lato, la bozza introduceva – parlando della distribuzione dei benefici della medicina – il tema della “salute riproduttiva” che, come si sa, include pratiche problematiche dal punto di vista etico, come gli anticoncezionali, la sterilizzazione e perfino l’aborto.

Alcuni hanno proposto che si parlasse più genericamente di “salute delle donne e dei bambini”. La verità è che, come ho detto ai delegati (e un buon numero di loro era d’accordo), si trattava dell’introduzione di un problema molto concreto e specifico, quando si era stabilito che la Dichiarazione dovesse mantenersi su principi generali.  In vari Paesi, inoltre, non sono legali alcune di quelle pratiche incluse di fatto nell’espressione oggetto di discussione. Si è finito per adottare la formula più generica, anche se alcuni delegati hanno chiesto che risultasse negli atti della riunione la loro preferenza per l’inclusione del tema della “salute riproduttiva”.

Guardando al futuro…

Se guardiamo al futuro, credo che questa Dichiarazione eserciterà una certa influenza nel mondo, probabilmente maggiore nelle zone in cui la Bioetica non ha ancora gettato radici profonde. Sono stati soprattutto i rappresentanti di quei Paesi a ponderare l’importanza dell’UNESCO in questo campo. Vari delegati di Paesi sviluppati, invece, hanno sottolineato che nelle loro Nazioni la Dichiarazione sarà applicata secondo le leggi nazionali, annotazione significativa soprattutto se si tiene conto del fatto che, come dicevo prima, si sa già che la Dichiarazione, per sua stessa natura, non è legalmente vincolante.

Dall’altro lato, alcuni hanno auspicato che l’UNESCO affronti alcuni dei temi che non hanno potuto essere inclusi nella Dichiarazione. Potremmo vedere nei prossimi anni la pubblicazione di documenti dell’UNESCO su temi di Bioetica molto complessi, delicati e controversi. Iniziano, inoltre, a correre voci sulla possibile elaborazione di una Convenzione di Bioetica dell’UNESCO.

Nella Conferenza Generale terminata recentemente è stata approvata una Convenzione sulla Diversità Culturale, sulla base di una Dichiarazione precedente. Le Convenzioni sono legalmente vincolanti. Bisognerà seguire molto attentamente tutto questo processo e collaborare all’approfondimento e alla diffusione dei temi di Bioetica in tutto il mondo. La Chiesa cattolica ha molto da dire, e dice molto.

ZI0510310