Se la liturgia è il cuore della vita della Chiesa, allora parlare della direzione orientata (verso oriente) della preghiera liturgica non è un argomentop inutile o banale. Un libro importante fa chiarezza. In attesa di una “riforma” della riforma liturgica auspicata ormai da molti
don Giovanni Poggiali
Il libro, uscito prima in tedesco e poi in inglese, nel 2004, contiene la prefazione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, ora papa Benedetto XVI, e questo ha suscitato un certo clamore, anche per le tesi enunciate dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’attuale pontefice, infatti, afferma che i frutti più appariscenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II sembrano essere la scomparsa della lingua latina, utilizzata per secoli nella Messa, e l’altare orientato verso il popolo.
Bene: niente di tutto questo, scrive papa Ratzinger, è stato previsto dal Concilio che, se è vero che introduce la lingua volgare per alcune parti della Messa, è anche vero che vuole conservare la lingua latina nei riti latini. Di altari versus populum, poi, il Concilio non fa cenno. Perché è importante parlare dell’orientamento della preghiera liturgica?
Almeno per tre motivi. Anzitutto per il valore e l’importanza che la liturgia ha nella vita della Chiesa. Se la liturgia, secondo la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, è fons et culmen, fonte da cui promana e apice a cui tende tutta la vita ecclesiale, non possono non essere fondamentali la modalità celebrativa di una comunità, le parole, i riti e i gesti che vengono compiuti nelle celebrazioni.
Attraverso la liturgia si entra in contatto con Dio, si rende presente il Sacrificio di Cristo sulla croce, il cielo scende sulla terra e ci viene comunicata la Vita stessa di Dio. La liturgia è il cuore della Chiesa. Per questo parlare della direzione orientata (verso oriente) della preghiera liturgica non è un argomento inutile o banale.
L’importanza dell’orientamento della preghiera ha poi un motivo storico, di tradizione liturgica che tocca la spiritualità della liturgia, il modo stesso di viverla. In tutte le grandi religioni, anche nel paganesimo, gli uomini hanno assunto una posizione determinata per pregare, una direzione sacra che ha inciso profondamente sul culto da rendere a Dio.
Gli Ebrei pregavano rivolti verso la Gerusalemme terrena e in particolare verso il sancta san-ctorum del tempio, dove c’era la presenza stessa di Dio. Maometto prescrisse che la preghiera rituale doveva essere rivolta verso la Kaaba della Mecca. Quanto ai cristiani: «Non vi è dubbio che, fin da tempi molto antichi, fosse naturale per cristiani di tutto il mondo conosciuto volgersi in preghiera verso il sole nascente, ovvero verso l’est geografico.
Sia nella preghiera in privato che nella preghiera liturgica i cristiani si voltavano non più verso la Gerusalemme terrena, ma verso la nuova Gerusalemme celeste; credevano fermamente che, quando il Signore fosse tornato nella gloria per giudicare il mondo, avrebbe radunato i suoi eletti per formare questa città celeste. Il sole nascente era considerato l’espressione appropriata di questa speranza escatologica» (Rivolti al Signore, p.31).
Molte fonti, fin dal II secolo, testimoniano unanimemente l’usanza cristiana della preghiera verso oriente, sia perché a est sorge il sole che è Cristo, sia perché da oriente il Signore tornerà vittorioso nella parusia a giudicare tutti gli uomini: «Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo» (Mt 24,27).
Ci chiediamo quale fosse la posizione dell’altare e del celebrante, nelle chiese, in base all’usanza descritta. La prassi che sembra emergere dagli studi, anche riguardanti l’architettura delle chiese, è che queste erano costruite con l’abside orientato e il celebrante era rivolto verso oriente durante la liturgia. Esistevano anche chiese non orientate, con l’abside verso occidente e l’ingresso a oriente, soprattutto a Roma e nell’Africa settentrionale.
Questo era dovuto al fatto che venivano riutilizzate, ad uso cristiano, fondazioni pagane già esistenti o costruite chiese ex novo sulle tombe dei santi, le quali tombe determinavano l’orientamento della nuova costruzione. Il fatto, quindi, che il sacerdote ed i fedeli fossero orientali tutti verso l’abside della Chiesa durante la Messa, con il celebrante che “volgeva le spalle” al popolo (come avviene nel rito romano tradizionale), non era né un gesto di maleducazione né una ritualità priva di motivazione ma tutti, sacerdote e popolo, insieme volgevano lo sguardo e innalzavano i cuori al Signore che, come sole che sorge, sarebbe ritornato risorto e trionfante proprio dalla direzione dove la croce innalzata sull’altare si stagliava verso l’abside.
E sembra, storicamente, che anche nelle chiese non orientate, con l’ingresso ad est e l’altare versus populum, durante la preghiera eucaristica i fedeli, che poco prima guardavano in viso il celebrante come avviene I nell’attuale liturgia romana del dopo Concilio, si volgevano verso l’ingresso e tutti i erano rivolti al Signore verso oriente, per offrire il santo sacrificio e lodare Dio attendendo il suo ritorno. Era la Chiesa pellegrinante che andava incontro al suo Signore.
Dopo il Concilio, non a causa di esso, sono apparsi gli altari rivolti al popolo in sostituzione degli antichi altari versus absìdem, con lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra il celebrante e i fedeli, che hanno però spesso veicolato una concezione della celebrazione come “auto-referenziale”, cioè con al centro l’assemblea e non più il mistero di Cristo, se non addirittura intesa come un puro banchetto o una cena a scapito dell’aspetto sacrificale dell’Eucaristia.
Se gli altari versus populum sono stati consentiti, e rimangono tuttora legittimi come afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano, non è però stata proibita, come qualcuno aveva inteso, la celebrazione versus absìdem, secondo la precisazione della Congregazione per il Culto Divino, guidata all’epoca dal card. Jorge Arturo Medina Estévez, nel settembre del 2000.
Inoltre, sottolinea la Congregazione, si deve sempre distinguere la posizione fisica dall’orientamento spirituale e inferiore dei partecipanti; sempre, il santo sacrificio della Messa deve essere offerto con l’atteggiamento spirituale versus Deum per lesum Christum (verso Dio attraverso Gesù Cristo) qualunque sia la posizione di sacerdote e fedeli. Certamente, l’aspetto simbolico della liturgia è alquanto significativo e i gesti e le posizioni assunte non hanno mai un valore neutrale.
Benedetto XVI propone, nei suoi libri dedicati alla teologia liturgica, che il sacerdote e i fedeli si volgano tutti verso oriente almeno durante il Canone o preghiera eucaristica e, ove questo non fosse possibile, di posizionare una croce sull’altare davanti al celebrante, posta quindi tra lui e i fedeli, in quanto la croce era il segno che, tra i primi cristiani, veniva utilizzato sulla parete orientale nell’abside delle basiliche per indicare la direzione della preghiera. Questa proposta, condivisa da padre Lang, è stata criticata da chi considera ogni discussione od eventuale cambiamento nell’attuale liturgia come un attacco alla riforma conciliare, quasi fosse un dogma definito.
Furono dure le frasi pronunciate da don Divo Barsotti (1914-2006) nel novembre del 1996 durante un’intervista: «È un problema grosso quello di parlare della Liturgia. Non possiamo accettare la riforma liturgica cosi come è stata introdotta. Se non sì ritorna a rivedere quello che è stato fatto, noi rischiamo di perdere veramente tutto» (/ cristiani vogliano essere cristiani. San Paolo 2006, p. 269).
L’importanza dell’orientamento della preghiera nella liturgia ha, infine, un terzo motivo. Da più parti ormai, c’è il desiderio di una riforma della riforma della liturgia, che non significa tornare sic et simpliciter al Messale di prima del Concilio. Significa, invece, riappropriarsi della liturgia per ciò che essa è; opera di Dio donata alla Chiesa e non azione di uomini che possono usufruirne a loro piacimento, quasi fosse uno spettacolo da cambiare ogni volta che aggrada.
Occorre una vera ri-educazione liturgica che è anzitutto educazione al mistero dì Dio, che nei riti opera e agisce efficacemente per sua grazia, e non per nostro merito o perché abbiamo compreso tutto razionalmente, come se fosse possibile afferrare il mistero di Dio solo con la nostra ragione (così, spesso, sembra essere intesa la partecipazione attiva dei fedeli alla Messa; devono poter capire tutto.
Ma questa non è la vera partecipazione attiva, che è anzitutto un’adesione interiore al mistero celebrato). È importante, quindi, una pacata discussione sulla direzione della preghiera liturgica, sulla posizione degli altari e sull’architettura delle nuove Chiese, che può contribuire a quel rinnovamento e a quella riconciliazione liturgica a cui anelano il Santo Padre e coloro che hanno a cuore le sorti della preghiera pubblica della Chiesa Cattolica.
Bibliografia
Mlchael Lang Uwe, Rivolti al Signore. L’orientamento nella preghiera liturgica, Edizioni Cantagalli, 2006 [originale: Turning towards the Lord, Qrientation in liturgical prayer, Ignatius Press, San Francisco 2004).
Pietro Cantoni, Per un “nuovo” movimento liturgico, in Cristianità, anno XXX, n, 309, gennaio-febbraio 2002, pp. 5-18.
Meritano di essere letti i testi di J. Ratzinger, La festa della fede. Saggi di teologia liturgica, Jaca Book, 1984, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, 2005 e La mia vita, San Paolo, 1997
______________________
Leggi anche:
Rivolti al Signore. L’orientamento nella preghiera liturgica.