Filosofo, teologo, letterato, psicologo, fenomenologo, ma soprattutto credente e cattolico. Seppe interpretare la realtà dell’uomo e del mondo alla luce della fede e della ragione.
di Maurizio Schoepeflin
Al momento dell’affermazione del nazismo, Guardini si ritirò volontariamente dall’insegnamento, salvo poi tornarvi nel 1945 come docente dell’Università di Tubinga. Invitato dai più prestigiosi atenei tedeschi, nel 1948 è a Monaco, ove rimarrà fino al definitivo pensionamento nel 1962 e dove lo coglierà la morte il 1° ottobre 1968. Insignito di numerosi premi e riconoscimenti, Guardini declinò l’offerta della porpora fattagli da Papa Paolo VI. Egli, nonostante i gravosi impegni legati alla prestigiosa posizione accademica, rimase sempre fedele alla sua missione di pastore e di educatore e considerò la cattedra e il pulpito luoghi privilegiati di una medesima testimonianza.
Ha scritto Battista Mondin: “Guardini è filosofo, teologo, letterato, psicologo, fenomenologo ma è anzitutto e soprattutto un credente, che vede, legge, interpreta e vive intimamente tutto quanto incontra nella luce penetrante e trasfigurante della fede. Le realtà trattate da Guardini – prosegue Mondin – sono molteplici: il mondo naturale e il mondo storico, il mondo religioso e il mondo letterario, il mondo liturgico e il mondo, ma l’occhio con il quale considera questo vasto orizzonte culturale è uno solo: è l’occhio della fede, che in lui è fede cristiana, più esattamente fede cattolica
C’è pertanto – conclude Mondin -, nonostante l’apparente frammentarietà, una unità di fondo che unisce tutti gli interessi e tutte le opere di Guardini: la “cosmovisione cattolica” (die katholische Weltanschaung)”.
In che cosa consiste, per Guardini, tale concezione cattolica del mondo? Per rispondere a questa domanda è importante chiarire preliminarmente termini della critica serrata che il filosofo tedesco rivolse al pensiero moderno e contemporaneo. Secondo Guardini, l’errore capitale della modernità è consistito nella pretesa di affermare la completa autonomia dell’uomo e del mondo, collegandola con l’ateismo, cioè con l’esclusione metodica e sistematica di Dio e, in particolare, della verità della creazione.
A questo proposito, appaiono molto interessanti le seguenti parole che Guardini scrisse nel 1965 a un amico, dopo aver meditato sul dialogo fra Gesù e Pilato: “Mai mi risultò altrettanto chiaro come in questo contesto quanto sia radicalmente falsa la moderna concezione dell’esistere, del mondo come natura”, dell’essere umano come essere autonomo che si sviluppa nella natura, ecc. Mi parve quasi di poter toccare con mano la ragione del degrado dell’esistenza. Essa sarà insanabile e la cattiva coscienza ineliminabile, sinché questa condizione fondamentale non verrà riconosciuta, e non le si opporrà resistenza”.
E per Guardinì, tale opera di resistenza consistette nel riproporre con forza una chiara interpretazione cristiana del mondo e dell’esistenza, opera che egli condusse a compimento spaziando nei più diversi campi del sapere e dialogando, con serenità, ma senza cedimenti, con numerosi protagonisti della cultura moderna e contemporanea.
E per fare questo, egli ripartì proprio dal problema cruciale del rapporto fra autonomia ed eteronomia. L’uomo moderno ha pensato che soltanto una totale e incondizionata autonomia gli avrebbe garantito la piena libertà, e, dì conseguenza, ha voluto fare a meno di Dio, considerandolo un ostacolo su questa strada. Ma, come ha giustamente notato un ottimo conoscitore di Guardini, Thomas Schreijack, “l’alternativa eteronomia-autonomia è erronea. L’eteronomia presuppone un qualcos”‘altro”, un Altro che minaccia l’esistere.
Ma Dio non è l’altro, perché è Dio. Egli è piuttosto Colui che fa dell’uomo ciò che in fondo solamente può essere amato: lo fa persona… L’uomo può essere persona solo laddove il suo essere persona abbia il proprio fondamento in un Altro, un Altro che fondamentalmente appunto non sia l”‘altro”. Solo l’interpretazione cristiana dell’esistenza salvaguarda l’autonomia di natura, soggetto e cultura”.
In piena sintonia con questa impostazione speculativa, Guardini impresse una nettissima impronta cristologica e cristocentrica alla sua riflessione: è Cristo l’unica chiave esplicativa della realtà e,soprattutto, l’unica possibilità redentiva. Si legge nella sua celebre opera Il Signore: “Se una redenzione c’è, essa esige in modo assoluto che dinanzi al suo messaggero e al suo autore la competenza dei giudizi umani cessi… Cristo non ammette nessuna misura. E’ Lui che stabilisce la misura”.
Di fronte al Signore, all’uomo si impone la fede: soltanto la fede, infatti, permette di determinare la verità delle cose e il loro valore, salvandole dalla catastrofe alla quale andrebbero inevitabilmente incontro allontanandosi da Dio. lì Figlio – esclama con fede Guardini – ci conduce al Padre!
Ricorda:
“Chi sia o possa essere Gesù il Cristo io non sono in grado di poter giudicare né per scienza mia, né per quella del mondo: non me ne danno il mezzo né la psicologia né la filosofia, né l’umana esperienza, né la storia. Egli può rivelarsi soltanto nella sua propria, sovrana libertà. Ed io, se voglio attenermi ad una critica scrupolosamente obiettiva, non posso fare altro che guardare, ascoltare, ubbidire… Sicché il tuffo si conchiude in questo principio: solamente chi, rinunciando a qualsiasi concetto umano di misura, apprenda dallo stesso Cristo chi Cristo sia, riceve da Cristo stesso la rivelazione di che cosa, in realtà, sia l’uomo secondo Dio”. (Romano Guardini, La figura di Cristo nel Nuovo Testamento, 1936).
Bibliografia:
R. Guardini, Il Signore, Vita e Pensiero, Milano 1949.
R. Guardini, La visione cattolica del mondo, Morcelliana, Brescia 1994.