Venerdì 24 ottobre 2003 alle ore 21,30
incontro sul tema:
RUBLI DA MOSCA AL P.C.I. E SPIE SOVIETICHE IN ITALIA
COME HANNO CAMBIATO LA STORIA D’ITALIA ED ANCORA LA CONDIZIONANO
14 ANNI DOPO LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO
Relatore
VALERIO RIVA giornalista
introduce
dott. Andrea Bartelloni
La ricchezza che ha accumulato il Partito comunista in Italia, gli investimenti, le aziende collegate, coop, assicurazioni e quant’altro, hanno fatto si che il crollo del Muro di Berlino abbia portato in eredità la comparsa di due partiti comunisti: due di nome e uno di ex, post, eccetera. Una volta c’era la festa de L’Unità. Oggi c’è quella de L’Unità e di Liberazione; addirittura hanno raddoppiato.
Per questo motivo è importante conservare e fare tesoro della memoria storica degli avvenimenti del nostro passato. Il dottor Riva è appunto un testimone di questi avvenimenti e ci ha parlato, nel suo libro, di come è stato tolto a chi aveva letteralmente fame per dare ai paesi, ai compagni, ai “fratelli” dei partiti comunisti europei e del mondo intero.
Domani Riva sarà a Firenze a ricordare quello che è stato il Gulag nel mondo, per non dimenticare, come dice nell’intervista su Il Giornale di ieri, i Gulag che ancora oggi esistono e sono storia presente. Uno in particolare è ancora abitato da tantissima gente ed è il gulag cinese.
Il dottor Riva tutti lo conosciamo, il suo libro, che spero in passato abbiano tutti acquistato, è stato ristampato da Mondadori negli Oscar con un prezzo molto più accessibile, ma la sua storia inizia molti anni fa con la pubblicazione del dottor Zivago e con il suo lavoro all’editrice Feltrinelli, poi è stato a L’Espesso, all’Europeo, al Corriere della Sera, a Il Resto del Carlino a Il Giornale; è diventato direttore della divisione libri alla Rizzoli ed è stato anche giornalista televisivo. Insomma è una personalità che sicuramente ha molto da dire e molto da raccontare.
Non ultimo questo libro, oltre ad essere una grande raccolta di documenti, si legge come un giallo; delle pagine sono veramente avvincenti e come si legge in alcune parti del volume sarebbe bello venisse fuori qualcuno che avesse il coraggio di scrivere un romanzo o la sceneggiatura per un film. Quanti film abbiamo visto sulla corruzione nel nostro Paese, a tonnellate!
Ma ora lascio la parola al dottor Riva.
VALERIO RIVA: Devo ringraziare per queste parole così gentili, che mi fanno sembrare ancora più vecchio di quello che sono. Sono già abbastanza vecchio, perchè alla fine di quest’anno farò 74 anni, e spero di campare almeno fino a 80, come Andreotti. L’altra sera hanno intervistato Andreotti in televisione, che ha detto: “Beh, il mio taccuino segreto vorrei fosse pubblicato cinquant’anni dopo la mia morte, quindi… molto in là”.
A 82 anni Andreotti pensa di camparne almeno altri 60 e dunque non vedremo mai questi taccuini. In realtà ho semplicemente fatto quello che hanno fatto molti italiani: ho lavorato dai 18 anni in poi, perciò, di cose ne ho viste e di personaggi ne ho conosciuti. Facendo inoltre sempre il mestiere o di giornalista o di editore di libri ho avuto conoscenze dappertutto.
Tornando all’argomento di questa sera mi rendo conto qualcuno potrebbe dire: in fondo il Pci non c’è più; i soldi che il Pci ha preso dai russi sono ormai di quindici anni fa come minimo, quindi è roba vecchia. Come dicono spesso i post comunisti tutti questi argomento sono roba vecchia ed è inutile andare a tirare fuori cose vecchie. Io vi racconto un fatto recentissimo.
Sono consulente della commissione Mitrokin e l’altro giorno abbiamo avuto un’audizione, la decima, del generale Siracusa, che è stato uno dei dirigenti del Sismi, il servizio di informazioni militati italiano. Lo è stato durante tutto il governo Dini, il governo Prodi e in parte anche durante il governo D’Alema. E’ stato quindi dirigente del Sismi quando sono arrivati da Londra i documenti che aveva portato da Mosca il signor Vasilij Mitrokin che era stato un archivista del Kgb.
Ad un certo punto nel 1991, quando crollò l’impero sovietico ,egli si ritrovò con una serie di appunti che aveva preso durante tutta la sua vita di archivista, ricopiando i documenti che a mano a mano classificava. Si recò così prima all’ambasciata americana di Riga, in Lituania, dove non lo vollero ascoltare perchè si presentava come una specie di venditore di cose vecchie.
Poi andò all’ambasciata inglese, dove trovò una signora molto intelligente che capì di essere di fronte ad una caso molto importante, poichè mai dagli archivi del Kgb erano venuti tanti documenti come quelli che questo anziano archivista aveva collezionato per tutta la vita. Gli inglesi, che di spionaggio si intendono perchè il loro servizio MI6 – che una volta si chiamava intelligence service – è probabilmente assieme al servizio di informazioni israeliano, il Mossad, il più grande e il più importante servizio di intelligence che esiste al mondo, capirono subito di avere a che fare con materiale molto pregiato.
Fecero allora venire Mitrokin con tutta la sua famiglia in Inghilterra, lo tennero a bagno per tre o quattro anni cavando tutto quello che c’era da cavare e alla fine mandarono a ciascuno dei paesi alleati i documenti che li riguardavano. A noi arrivarono in varie ondate 261 documenti sui quali la commissione Mitrokin sta studiando per capire cosa c’è dentro. Soprattutto in questo momento la commissione sta seguendo un’altra strada: sta cercando di capire come mai questi documenti, che cominciarono ad arrivare nel marzo 1995 e finirono alla fine del 1996, sono rimasti chiusi nel cassetto o per meglio dire in una stanza blindata per tutti questi anni; fino a che alla fine del 1999, contemporaneamente all’uscita del mio libro, gli inglesi decidono di pubblicare un libro intitolato L’archivio Mitrokin, in cui si parlava di tutta questa storia.
A questo punto non fu più possibile tenere nascosti i documenti e i nostri servizi furono costretti perlomeno a comunicarli al Parlamento, che decise di fatto di renderli pubblici, dando la possibilità a chiunque di leggerli. Una decisione da una parte provvidenziale, perchè ha permesso di studiarli con grande facilità, ma dall’altra improvvida perchè nessun altro paese occidentale ha mai pubblicato integralmente i documenti; tuttavia fu necessaria perchè se ricordate allora nacque una polemica sulla “sbianchettatura”.
Si disse che D’Alema aveva sbianchettato i documenti e ci fu anche una famosa vignetta di Forattini, che gli costò un processo e la richiesta di cinque miliardi di indennizzo, anche se qualche tempo fa la querela è stata ritirata. Forattini ad ogni modo, che lavorala a La Repubblica, fu licenziato e passò poi a La Stampa, che da allora pubblica le sue vignette tuttavia oggi un po’ più castigate. Certamente la minaccia di pagare cinque miliardi per Forattini, che certamente non ha, è stata una brutta legnata. Ma come voi sapete questo è un paese in cui la libertà di stampa è garantita fino alla morte; difatti non vediamo altro che attentati alla libertà di stampa.
Dico tutto questo perchè abbiamo interrogato il generale Siracusa, ex capo del Sismi, mettendogli sotto il naso una lettera che lui aveva mandato al ministro Andreatta, ministro della difesa del governo Prodi, in cui segnalava che erano arrivati questi documenti e che bisognava prendere dei provvedimenti. E’ una lettera strana, perchè in calce era firmata dal ministro Andreatta, che aveva preso notizia del contenuto della lettera. La data era 2 ottobre 1996. Il generale Siracusa aveva controfirmato
Attestando a sua volta il 2 ottobre 1996. Il guaio era che la lettera portava all’intestazione la data del 26 ottobre 1996, il che voleva dire che avevano avuto una specie di previsione, firmando il 2 ottobre una lettera datata ventiquattro giorni dopo. Fu allora chiesto insistentemente e per ben due audizioni al generale Siracusa di spiegare questa stranezza. Siracusa, che è un tipo molto prepotente, s’infuriò, fece delle scenate, gridò che non si rispettava il suo onore di alto ufficiale dei Carabinieri e servitore dello stato ma alla fine tirò fuori un documento, un appunto, su quello che gli aveva preparato il servizio e che lui avrebbe dovuto raccontare al ministro Andreatta.
Stranamente questo appunto era datato 12 ottobre. Allora c’era un problema: va il 2 ottobre, porta una lettera datata 26 ottobre ma insieme porta un appunto preparato dal servizio del 12 ottobre.
Si trattava di casi di divinazione un po’ troppo frequenti… Il generale cercò di spiegare che questo era dovuto all’uso dei servizi, che non c’era da meravigliarsi, che era avvenuto in tanti altri casi; “quali altri casi?” gli fu chiesto, ma non seppe rispondere fino a che l’onorevole Fragalà, un avvocato ferocissimo che non ne molla neppure una, gli disse:
“Scusi ma leggendo l’appunto che lei ci ha mostrato e leggendo la lettera che lei ha portato al ministro Andreatta scopro che le due cose sono un po’ diverse”.
“Come diverse! La lettera è semplicemente la ripetizione dell’appunto”.
“No, guardi”, replicò Fragalà, “nella lettera c’è un paragrafo in più”.
“E cosa c’è scritto in questo paragrafo?”
“C’è scritto che lei avrebbe dovuto mettere all’attenzione del ministro Andretta i finanziamenti al Pci da parte dell’Unione Sovietica. In particolare il ruolo avuto in questi finanziamenti da due personalità”.
Una era il signor Cappelloni, che era uno dei cassieri e degli amministratore del Pci dell’epoca, l’uomo che come troverete nel mio libro ha firmato decine di ricevute, e poi Cossutta, di cui nell’appunto si dice che il suo nome era già ritornato in altri documenti segreti dell’Est e in particolare nei documenti che venivano dal servizio di intelligence cecoslovacco e riguardavano una confusa e molto ambigua storia di spionaggio in Italia, in parte passata sotto il nome del capo della fila di spie che si chiamava Orfei; persona vicina alla Democrazia cristiana e spia cecoslovacca. In questi documenti si diceva già allora che Cossutta era un agente sovietico e lo si identificava come “persona di particolare fiducia da parte del Kgb”.
A Siracusa è stato chiesto come mai nella lettera che ha portato al ministro Andreatta questo paragrafo di dieci righe è saltato e il generale ha risposto che non sapeva spiegarselo e che bisognava interrogare il dattilografo che ha scritto l’appunto e la lettera; come se il dattilografo avesse potuto sognarsi di aggiungere dieci righe ad una lettera al ministro della difesa.
La storia era molto chiara: evidentemente il generale Siracusa era andato a trovare il ministro Andreatta e gli aveva detto: ” In questa lettera ci sono cose di minore importanza e poi questa faccenda che riguarda Cossutta”. Ma Cossutta in quel momento era uno dei perni, o almeno uno dei sostegni ineliminabili della coalizione che reggeva il governo Prodi e quando si raccontavano cose così delicate normalmente i servizi sono tenuti a passare queste informazioni all’autorità giudiziaria perchè svolga delle indagini.
Passare all’autorità giudiziaria il nome di Cossutta avrebbe potuto far venire meno la risicata maggioranza del governo. Si trattava di un problema che si doveva discutere prima con Andreatta, poi Siracusa andò anche da Prodi che doveva decidere cosa fare, essendo secondo la nostra Costituzione il Presidente del Consiglio anche capo dei servizi segreti. Cosa sia successo lo potete ben capire, anche se il generale non ce lo ha voluto raccontare. Lui evidentemente andò con questo appunto e Prodi e Andreatta evidentemente gli dissero di togliere quelle dieci righe.
Fu un accordo, che però ha un valore molto importante dal punto di vista giudiziario, perchè si trattò di alterare un documento pubblico e un documento importante all’interno del governo. Non solo tenere segreta, come fu tenuta segreta la lettera, ma fosse arrivato, come infatti è arrivato, il momento di rendere pubblico il documento e il Parlamento lo avesse richiesto si sarebbe trattato di un fatto gravissimo. Tanto grave che all’interno della commissione Mitrokin si sta discutendo se deferire il generale Siracusa all’autorità giudiziaria come testimone infedele e mendace.
Vi ho raccontato questo per dire come le cose che erano scritte in quelle dieci righe in modo molto stringato e che derivavano da una decina di documenti del dossier Mitrokin – in cui questa storia dei passaggi di denaro da Mosca al Pci sono raccontati non solo come risulta dai documenti pubblicati che sono documenti del Comitato centrale del partito comunista sovietico – erano il punto di vista del Kgb, il quale, non dimentichiamolo, erano lo strumento col quale i soldi arrivavano in Italia per il Pci. Erano gli agenti del Kgb che li portavano e che portavano le ricevute da firmare, come pure erano agenti del Kgb quelli che tornavano indietro e portavano le ricevute a Mosca.
Non solo i documenti confermavano in pieno ciò che ho scritto nel mio libro ma aggiungevano delle cose che all’epoca non potevo sapere e cioè che ad un certo punto cominciarono a pensare che i servizi italiani potessero subodorare questi traffici ed era bene trovare dei modi per sviare l’attenzione dell’ intelligence italiana. Vennero allora escogitate due soluzioni. La prima fu che questi soldi non venivano più portati direttamente a Botteghe Oscure.
Prima i corrieri del Kgb andavano direttamente a Botteghe Oscure, depositavano i dollari, i cassieri comunisti andavano da un cambiavalute vicino a Piazza di Spagna e li cambiavano il lire tornando poi a Botteghe Oscure. Questa strada era stata individuata dagli agenti americani della Cia che aspettavano l’arrivo dei cassieri con le valigette piene di dollari, entravano dal cambiavalute – che evidentemente “teneva bordone” – e gli chiedevano di poterli esaminare con certe macchinette e controllare se erano dollari veri o dollari falsi.
Una delle cose che gli americani hanno sempre fortemente temuto è che i sovietici – i quali agli inizi degli anni Venti ci avevano già provato – stampassero dollari falsi immettendoli in circolazione anche in questo modo. Per il valore del dollaro sarebbe stato molto grave perchè diffondere qualche centinaio o anche qualche migliaio di dollari falsi poteva essere seccante ma nel caso di miliardi di dollari diventava un problema ben più grave.
Constatato che i dollari erano veri gli americani se ne andavano, pensando che i sovietici pagavano i loro, così come gli americani facevano con i propri. La strada comunque era stata individuata e seppure non sia stata bloccata almeno si sapeva quanto arrivava da Mosca al Pci. Questa era una cosa che seccava tanto ai comunisti italiani quanto ai sovietici e dall’archivio Mitrokin si sa come cercarono di evitare di render noto questo traffico.
In un primo tempo si misero d’accordo proprio con quel Cappelloni che stava nelle dieci righe cancellate dalla lettera al ministro Andreatta, affinchè dall’ambasciata sovietica uscisse una macchina con a bordo una persona con la valigetta piena di soldi. Questa si dirigeva verso la campagna del Lazio e in luoghi sempre diversi si incontrava con un’altra macchina per lo scambio dei quattrini.
Ad un cero punto si resero però conto che il sistema non funzionava perchè c’era il pericolo che piccoli aerei in volo sulla campagna laziale localizzassero queste automobili. Allora in un altro dei documenti Mitrokin si legge che fu trovata una nuova soluzione: i soldi venivano portati alla sede del Pci in via delle Botteghe Oscure ma gli uomini del Kgb andavano direttamente alla sede dell’ambasciatore sovietico a Roma, che sta dietro il Vaticano ed è una villa molto grande, la quale essendo una sede diplomatica non poteva essere penetrata dall’intelligence italiana. Dopo un certo periodo arrivava una macchina del Pci per prendere i soldi e far perdere le tracce.
In questi documenti come potete vedere sono raccontate cose che hanno non soltanto un aspetto “avventuroso” ma persino elementi delittuosi, perchè non si tratta soltanto di affari illeciti ma anche di trovare il modo per sfuggire alla normale sorveglianza della polizia e alla sicurezza italiana.
Tutti questi avvenimenti sono accaduti prima del 1984, data alla quale arrivano i documenti di Mitrokin. Dal 1984 al 1996 e alla fine del governo D’Alema e Amato, nel 2001, tutto questo è stato nascosto. Non solo è stata nascosta la lettera ad Andreatta ma sono stati nascosti tutti i documenti, che come ho detto uscirono soltanto alla fine del 1999, quando gli inglesi per loro conto pubblicarono un libro in cui in un capitolo si parlava anche dell’Italia.
Quindi questa storia non è così vecchia ma arriva fino a “ieri” e ancora oggi, alla fine del 2003, la commissione Mitrokin non riesce a penetrare questi misteri perchè le persone che hanno commesso tutte queste infrazioni e irregolarità mentono e addirittura si espongono al pericolo di essere portati davanti all’autorità giudiziaria pur di nascondere cosa è accaduto intorno a questi traffici di denaro.
Se si pensa che una parte importante della classe politica italiana più o meno negli stessi anni è stata distrutta e debellata proprio per aver commesso delle azioni perseguibili giudiziariamente. Ma in questa cessione di denaro sovietico al partito comunista italiano e a certi personaggi non c’è soltanto un problema di carattere finanziario e commerciale. C’è qualcosa di più: il tradimento e lo spionaggio; l’attentato alla sicurezza dello stato.
Si tratta di delitti che a differenza di quelli di carattere economico non sono prescrivibili e non c’è un momento in cui non possono essere messi nel dimenticatoio. Teoricamente, nonostante molti di questi atti siano stati compiuti tra il 1948 e il 1984, i personaggi che li hanno commessi domani stesso potrebbero essere incriminati per reati molto più gravi della truffa o della corruzione. Eppure nessuno fa niente. Perchè?
Vi racconto queste cose perchè testimoniano se non altro una operazione di corruzione che è durata quasi settant’anni della classe dirigente italiana. La vicenda non comincia infatti soltanto nel 1947, quando ci sono le prime ricevute dei versamenti di soldi sovietici al Pci, ma addirittura nel 1919, quando per la prima volta un agente bolscevico – come si chiamava allora – venne in Italia con una valigia di denaro per corrompere i dirigenti del partito socialista e convincerli ad aderire alla terza internazionale.
Convincerli con i soldi e non con le idee. Il sistema dei soldi usati per convincere i partiti socialisti dell’Est, i francesi, gli inglesi a passare dalla parte della terza internazionale è una abitudine che dal 1917-18 continua fino al 1984, quando non si trovano più ricevute dei pagamenti dell’Urss al Pci.
Ma questo avviene perchè quei soldi seguono un’altra strada e arrivano al Pci, allora impegnato in quella che ricorderete essere stata una grande campagna per la pace ma che in realtà era il tentativo di impedire agli americani di sistemare in Europa i loro missili a lunga gittata in contrapposizione agli SS20 sovietici al di là del Muro di Berlino, per vie diverse da quelle diventate sempre più incerte. I soldi cominciarono a passare per una serie di aziende in gran parte italo-sovietiche, come ad esempio quelle che presiedevano al commercio del petrolio e della nafta sovietiche in Italia.
Una di queste società si chiamava Naftaite e i suoi dirigenti furono scoperti dall’intelligence che arrestò gli italiani ed espulse i sovietici ma ce ne erano tante altre.
Nel mio libro racconto come spesso intorno al petrolio sovietico si svolgesse una attività di corruzione e di finanziamento, così come il mercato delle carni che venivano dall’Ungheria, dalla Cecoslovacchia o dalla Yugoslavia e in parte anche dalla Romania sia stato monopolizzato per moltissimi decenni da società del Partito comunista, per cui tutte le volte che andavamo a comprare una bistecca o una salamella una parte dei soldi che inconsapevolmente versavamo al salumiere finivano nelle tasche del Pci.
Queste sono cose che se uno ci ripensa diventa vegetariano. Ma anche i vegetariani se andavano a comprare frutta e verdura in una Coop allo stesso modo una parte dei soldi dati alle cassiere finivano al Pci e anche lì c’erano di mezzo soldi dei sindacati socialdemocratici tedeschi, che attraverso la Germania dell’Est e poi quella occidentale arrivavano da Mosca. Poi ogni volta che i tondinari bresciani comperavano rottami di ferro da società teoricamente italiane che avevano sede a Torino ma che provenivano dalla Germania dell’Est passando per strade più o meno legali a quella dell’Ovest una percentuale di queste transazioni commerciali e industriali andava a finire sempre nelle tasche del Pci.
Nei documenti di Mitrokin abbiamo addirittura scoperto che anche quelle società che producevano materiale militare e addirittura componenti per l’armamento nucleare – in Italia ce ne sono sempre state – erano partecipate attraverso persone sospettabili dal partito comunista. Anche da lì non solo arrivavano altri soldi ma anche informazioni di carattere industriale e soprattutto industriale-militare che poi finivano agli agenti sovietici.
Le informazioni che l’Urss non poteva avere attraverso gli Stati Uniti arrivavano attraverso le aziende italiane che lavoravano con gli Stati Uniti e dove c’erano agenti sovietici che corrompevano e comperavano i tecnici italiani.
Leggendo i documenti dell’archivio Mitrokin ho scoperto che una delle segretarie particolari di Gianni Agnelli fu licenziata in tronco dalla Fiat perchè gli inglesi avevano passato agli Agnelli documenti che provavano come la signora fosse una spia e li avevano passati prima ancora di passarli ai nostri servizi di intelligence. Evidentemente Agnelli penetrava di più l’intelligence service uesto è per darvi un’idea del mondo in cui abbiamo vissuto fino a ieri ma oggi viviamo in un mondo diverso?
Ormai alla commissione Mitrokin abbiamo interrogato una trentina di esponenti dei servizi italiani. I capi dicono tutti che non sanno niente e non hanno mai visto nulla ma abbiamo fatto un lavoro di cui un giorno o l’altro ci accuseranno; siamo andati a vedere che cosa pensavano i loro dipendenti. Nei servizi segreti avviene come in qualsiasi azienda: i capi stanno in cima e quelli che sono sotto hanno delle storie da raccontare, magari perchè sono stati licenziati quando non volevano tacere o gli hanno fatto degli sgarbi o difficoltà di carriera.
O magari perchè ci sono state delle liti interne. Andando a parlare con questi signori, alcuni dei quali in pensione, è uscito fuori non soltanto un verminaio di rancori e di rivalità interne ma anche dipendenti che dicevano cosa facevano i loro capi e in qualche caso non hanno avuto peli sulla lingua. I loro capi obbedivano ai loro padroni, che si chiamavano Dini, Prodi, D’Alema i quali di tutto questo non volevano sentir parlare.
Così abbiamo saputo come questi documenti venivano nascosti, sbianchettati e persino bruciati; puramente e semplicemente bruciati. E noi non possiamo andare a recuperare documenti di cui non c’è più niente. Ma quello che rimane è già sufficiente per mandare in galera mezza dozzina di personaggi.
Tranne qualche articolo che esce su Il Giornale e su Libero il resto della stampa italiana di tutto questo non parla assolutamente mai. Vi rendete conto allora che ciò che solitamente si dice: “è roba vecchia”, “non perdiamo tempo con anticaglie” oppure, come dicono i postcomunisti di adesso: “Il comunismo è morto nel 1991 e non saremo certo noi ad andarlo a resuscitare”….
Nessuno vuole resuscitare il comunismo di prima del 1991 ma è quello che è rimasto dopo che andrebbe sotterrato una volta per tutte e invece non lo si fa.
Quando alla fine del 1999 comunicai il mio libro ricevetti un biglietto di congratulazioni da parte di uno storico e un illustre professore di storia contemporanea: Valerio Castronovo, il quale fra le tante cose interessanti ha scritto anche una storia della Fiat e in particolare del vecchio senatore Agnelli, il padre di Gianni.
Catronovo si complimentava con me che avevo dedicato alcune parti del libro ai rapporti fra la Fiat e il Cremlino – non ne potevo fare a meno perchè uno dei più grandi affari degli anni Sessanta fu quello che diede luogo alla fabbrica di automobili Fiat a Togliattigrad – e io risposi al professore che mi sarebbe piaciuto parlare con lui e magari imparare molte altre cose che non ero riuscito a sapere alla Fiat e sulle quali era stata calata una saracinesca, impedendomi l’accesso agli archivi della società.
Castronovo fu entusiasta e promise che avrebbe dato ai suoi allievi universitari una serie di tesine sugli argomenti trattati sul mio libro, in modo che questi, preparandosi alla loro tesi di laurea, avrebbero fatto delle ricerche e portato altri documenti. Voi le avete mai viste queste tesi di laurea? Mai.
Sono anche andato a vedere all’Università di Torino se per caso le avessi perse di vista ma non ce n’è neppure una. Vinto dalla curiosità sono andato anche in altre università e non per vedere se c’erano tesi che riguardavano il mio libro ma che riguardavano argomenti della storia italiana dalla fine della prima guerra mondiale ad oggi. Ogni tanto ci sono vecchi argomenti ma la maggior parte delle tesi parla dell’Ottocento, del Settecento, del Seicento…
Arrivano al massimo fino a Giolitti e dopo è il silenzio. C’è stato un grande professore e storico, De Felice, che ha scritto quello straordinario capolavoro, quel monumento della storiografia italiana che è la biografia di Mussolini in ben sei tomi. C’è dentro praticamente tutto quello che si può sapere su Mussolini. Ricorderete come De Felice fu boicottato, accusato di avere commesso il delitto di lesa patria, di non aver seguito le regole universitarie e ci morì di crepacuore. In verità ha lasciato alcuni suoi allievi che hanno cercato di continuare la sua strada e che in qualche modo hanno molto cambiato il panorama della storiografia italiana ma ancora sono osteggiati e fanno una vita magra nelle università.
Sopratutto quello che hanno faticosamente scoperto in questi anni non è arrivato agli scolari delle nostre scuole medie e del liceo, dove si continua a studiare una storia che non c’è più e che non è vera. Qualcuno ogni tanto mi dice di far leggere il mio libro a degli studenti e fare con loro delle discussioni per spiegargli una cosa certamente grave: non solo che l’Unione Sovietica durante Settant’anni ha speso una tale quantità di quattrini per finanziare e tenere in piedi i partiti comunisti in tutto il mondo con la quale i dirigenti sovietici avrebbero potuto alzare di due o tre punti il livello di vita dei loro cittadini, che hanno sempre vissuto in condizioni di quasi miseria. Io ho calcolato i soldi spesi soltanto dagli inizi degli anni Cinquanta fino a metà degli anni Novanta e potevano essere quattromila miliardi di lire del 1995 e di questi quasi metà sparsi su ottanta partiti comunisti nel mondo ma la restante metà è andata al solo Partito comunista italiano.
Cercate di capire questa differenza: ottanta partiti hanno preso quanto ha preso il solo Pci. Questo vuol dire che il Pci era una pedina assolutamente e maggioritariamente importante nella politica sovietica. Il partito francese, che in certi anni è stato considerato come il partito prediletto dal Cremlino, non ha mai preso i soldi che ha preso il partito italiano. I partiti che sono stati importanti nella storia del comunismo, come ad esempio il partito indonesiano che ha avuto fino a tre milioni di iscritti, ha preso neppure la venticinquesima parte di quello che ha preso il partito italiano. Perchè allora tutti questi soldi sul solo partito italiano?
Evidentemente era una pedina importante di Mosca nell’Europa occidentale. Era quella benedetta cosa per la quale l’Italia per tutta la guerra fredda era considerata il ventre molle dell’apparato occidentale e dove si poteva penetrare più facilmente. Era il posto dove il partito sovietico aveva direttamente un potere di interdizione e di dominio che non aveva in nessun altro paese non soltanto europeo e occidentale ma di tutto il resto del mondo.7
Spesso raccontiamo la storia del partito comunista italiano come una storia di eroismi, di lotte, di vittorie sindacali e come uno dei partiti che ha creato e difeso la Costituzione italiana; insomma come una delle pietre miliari per la difesa della democrazia italiana. Però questa pietra miliare non era altro che la cosa più importante per il Cremlino e su cui esso ha speso tutto quello, e molto di più, che poteva spendere.
I soldi di cui ho appena parlato sono solo una minima parte di quelli che sono arrivati, infatti sono arrivati fondi attraverso le transazioni commerciali, lo spionaggio eccetera. Dagli inizi degli anni Ottanta e fino a quasi gli anni Novanta sono arrivati soldi attraverso strade imprecisate e sfuggenti, ad esempio attraverso le varie organizzazioni pacifiste.
Queste organizzazioni, che non erano direttamente controllate dal Pci ma che avevano una grandissima influenza sulla politica del Pci e che hanno cercato in tanti modi di impedire una evoluzione in senso riformista, sono semplicemente le antenate dei no global di oggi e quello che hanno fatto negli anni Ottanta, inizio anni Novanta questi predecessori dei no global è oggi replicato e occorre chiedersi: chi paga?
Certamente non è più Mosca e tutto l’impero è crollato in un fallimento economico gigantesco ma onestamente bisogna dire che nonostante tutti i loro difetti i dirigenti moscoviti non hanno oggi più interesse a svolgere quelle operazioni di sovvertimento e di sovversione che svolgevano i dirigenti sovietici.
Indagando con la commissione Mitrokin ci siamo resi conto che un ottanta per cento delle spie che i sovietici avevano in Italia fino al 1991 hanno continuato ad essere spie dei russi fino ad oggi, continuando a fare quello che facevano prima: spionaggio industriale, spionaggio militare, informazioni a carattere politico, e continuano a trasmettere ai loro referenti di Mosca, che invece di chiamarsi Kgb si chiamano Svr o Fsp.
Sono tanto gli stessi che il capo supremo della nuova Russia è un uomo dell’ex Kgb: Putin. Anche questo è uno dei motivi per cui non si può dire che si tratta di “roba vecchia”. Si tratta di persone che fanno un altro tipo di spionaggio ma sempre di quello si tratta e impedisce lo svolgimento regolare della vita nazionale, almeno nei suoi commerci e nei suoi traffici.
C’è da chiedersi quindi da dove vengono i soldi degli ex pacifisti oggi diventati non global. Bisognerebbe scrivere un’altra edizione di Oro da Mosca [il titolo del libro di Valerio Riva ndr] per quello è successo dopo il 1991 e questo non sono in grado di farlo per due ragioni. La prima perchè allora riuscii a penetrare abbastanza rocambolescamente negli archivi di Mosca ma oggi non ho più la possibilità di andare là dove i segreti dei non global o delle recenti riesumazioni delle Br sono conservati.
La seconda è che oggi fare certe cose è molto più pericoloso di una volta. Dopo aver scritto il mio libro tutto sommato non ho avuto grandi problemi. Ho subito un processo per diffamazione perchè ho accusato di essere un editore del Kgb un signore. Ho portato in tribunale le prove, che non sono state accettate – ma in appello spero proprio di vincere con gli stessi documenti – e così sono stato condannato per aver attentato all’onorabilità di un onesto e puro militante della sinistra. Un onesto e puro militante di sinistra che pubblicava i libri che gli scrivevano gli spioni del Kgb. Io non condivido certe idee di onestà e purezza e non avrebbe dovuto condividerle neppure il giudice che mi ha condannato.
Dicevo che un altro libro non potrei scriverlo perchè, detto fra noi, oggi quell’oro viene da certi paesi arabi e si tratta di gente che ha molto potere, molti soldi e pochissimi scrupoli. Chi si azzardasse a scrivere questo libro morirebbe. Forse si potrà fare fra trenta o quarant’anni ma oggi firmerebbe certamente la propria condanna a morte. E’ una cosa molto preoccupante.
Di questa storia, lo dico subito, ho visto l’inizio e facendo il consulente della commissione Mitrokin ho trovato anche i documenti che lo provano. Nel dicembre 1966 ero un giovane pieno di vitalità e di voglia di esplorare. Allora ero ancora un dipendente di Giangiacomo Feltrinelli, di cui si è detto molto peggio di quanto in realtà fosse e soprattutto si è detto da parte di suo figlio, il quale è un mascalzone che ha tradito la memoria di suo padre scrivendo un libro infame.
Avevo pubblicato con Feltrinelli Il dottor Zivago e sono molto orgoglioso di averlo convinto a fare quella edizione perchè in qualche modi fu la prima volta che interruppi un flusso di oro al partito comunista italiano. Giangiacomo Feltrinelli aveva circa la mia età, era figlio di una grande famiglia e già suo padre aveva commerci con l’Unione Sovietica molto importanti durante il fascismo.
Era molto ricco ed era già stato preso nelle spire del partito comunista e veniva salassato in maniera ferocissima, tanto è vero che sua madre e le sue sorelle arrivarono persino a fargli causa per impedire che passasse i soldi del patrimonio familiare al Pci; però era anche un uomo con una certa indipendenza e lo convinsi a pubblicare Il dottor Zivago.
Sulle prime non si rese conto di cos’era anche perchè faceva l’editore ma i libri non li leggeva, come del resto molti editori, ma con inenarrabili fatiche lo convinsi e come dice Solzenicyn Il dottor Zivago fu il primo episodio che molti anni dopo portò alla fine dell’Unione Sovietica. Se non ci fosse stato il coraggio di Pasternàk forse l’Unione Sovietica avrebbe resistito molto più a lungo.
Quando il libro ebbe il successo che ebbe e il premio Nobel la nostra, che era una casa editrice appena agli inizi e quasi sconosciuta, diventò una delle prime case editrici italiane e certamente la più conosciuta nel mondo. Feltrinelli allora da un giorno all’altro troncò i suoi legami col partito comunista e non diede più una lira. Credo che da lì iniziò anche la fase di discioglimento del Pci, al quale poco a poco non dette i soldi più nessuno. Poi convinsi Feltrinelli a fare un’impresa disperata.
Subito dopo l’impresa dei missili nel 1962, che aveva dato luogo ad uno scontro violento fra Fidel Castro e Krusciov, dissi che ero in grado di andare a Cuba a chiedere a Castro di scrivere la sua autobiografia. In realtà la cosa che mi interessava di più era il capitolo sulla lite fra lui e Krusciov sulla questione dei missili sovietici a cuba, che come i più anziani ricorderanno ci portò sull’orlo della guerra atomica.
Ricordo che la sera prima del blocco delle navi sovietiche che arrivavano a Cuba cariche di missili andai a casa dalla mia bambina di tre anni pensando che il giorno dopo forse non ci saremmo più svegliati. Per fortuna ci fu un uomo di buon senso, Nikita Krusciov, che arrivato al punto di schiacciare il bottone rosso – e come scrisse poi in una lettera a Fidel Castro che lo aveva accusato di non avere avuto il coraggio di farlo – disse: “io non avrò avuto il coraggio di schiacciare quel bottone ma mi sarei sentito nella vergogna più totale per tutta la vita e per tutta l’eternità se avessi dovuto veramente schiacciarlo. Io sono un contadino, un uomo anziano e certe cose non le faccio”.
Andai così a Cuba e la notte di Capodanno del 1963 feci firmare a Castro il contratto. Poi entrai in un giro che portò via quattro anni della mia vita nel tentativo di farlo scrivere e in un turbinio di eventi, fra cui il fatto che Feltrinelli cadde nelle spire del Kgb (un’altra storia che andrebbe raccontata). Alla fine del 1967, poco prima di Natale, mi trovavo a Cuba perchè invitato ad un congresso culturale. Insieme a me era stato invitato un certo signor Swarz, che era un grande mercante d’arte contemporanea italiana, un ebreo, naturalmente, molto intelligente, dotato di grande fiuto per il mercato d’arte.
Questo signor Swarz, ebreo e comunista, aveva messo in piedi un piccolo movimento, che nelle sue intenzioni doveva trovare un accomodamento tra palestinesi ed israeliani, e si muoveva in questa direzione. Era stato invitato anche lui a questo congresso culturale dove portò la sua relazione, un po’ spiccia, su questo argomento: “Rapporti tra la Palestina ed Israele, per arrivare alla pace”.
Aveva appena cominciato a parlare che da una porta laterale della sala entrarono una serie di personaggi, tra cui Arafat, armati con dei fuciloni e dei mitra giganteschi. Gli si misero davanti con aria di sfida, cacciando tutti quelli che stavano nella prima fila, e con le armi in mano lo guardarono fissamente. Dopo gli mandarono a dire con un bigliettino che quando avesse finito di parlare, lo avrebbero aspettato.
Naturalmente il povero Swarz, che era un uomo coraggioso, ma non sprovveduto, capì che con tutte quelle armi e con quei ceffi non poteva far nulla; quindi decise fra se di non smettere di parlare finché non si fosse trovata una soluzione. Fu così che andò avanti a parlare per ben sei ore; fino a che riuscirono a chiamare Fidel Castro, che venne di persona e lo portò via. Che cosa facevano Arafat e gli altri a Cuba? Stavano semplicemente mettendo insieme quello che poi è diventato il terrorismo internazionale.
Allora Fidel Castro teorizzava la guerriglia e cercava di organizzare la guerriglia in America latina e in parte anche in Europa. Però aveva un difetto: era molto finanziato dai servizi israeliani. Gli israeliani avevano concepito un certo piano per Fidel Castro e lo finanziavano ampiamente, anche per una ragione non soltanto politica ma di tecnica agricola. Voi sapete che gli israeliani sono riusciti a trasformare il deserto in terra fertile. Cuba aveva dei problemi di agricoltura molto gravi e gli israeliani pensavano di poter fare dell’isola di Cuba un terreno di sperimentazione delle loro tecniche agricole; infatti avevano mandato una grande quantità di specialisti, che in effetti avevano fatto fare all’agricoltura cubana grossi progressi.
Ma gli arabi palestinesi – c’erano comunque di mezzo anche siriani, giordani, sauditi, ecc.. – arrivarono lì per imporre, come in realtà avvenne, a Fidel Castro di abbandonare gli israeliani e passare dalla loro parte mettendo al loro servizio l’intelligence e la guerriglia che Castro aveva organizzato fino a quel momento. Tutta questa rete, anche europea, passò dunque agli arabi.
Io ho visto nascere il terrorismo arabo, quello che oggi ammazza centinaia di persone, in Israele e in Iraq. Perché facevano questo? Perché nel’67, come ricorderete, c’era stata la Guerra dei Sei Giorni, vinta da Israele, che aveva dato prova di essere una grande potenza militare che nessun paese arabo avrebbe potuto contrastare.
Allora gli arabi cominciarono a pensare al terrorismo diffuso, che sarebbe stata la risposta alla potenza militare israeliana su un altro piano. Come potete constatare da allora quella guerra non è mai finita e continua con le stesse armi: da una parte i carri armati e gli aerei israeliani, dall’altra kamikaze e le bombe degli arabi. Questa storia non finirà tanto presto, purtroppo per tutti quanti noi.
Trascrizione non rivista dall’autore.