Salviano di Marsiglia

Italians Rivista che ignora il politicamente corretto n. 148 del 15 Febbraio 2012
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di Luigi Fressoia
(archifress@tiscali.it)

Imperversano nei media statistiche sulla pressione fiscale in Italia, ogni tanto un titolo strilla: “Siamo arrivati al 43%!” però pochi giorni prima qualcuno aveva denunciato il 45%. In altre occasioni leggiamo del 50 o 55% se non addirittura del 60%. Chi ha ragione? Qual è la vera entità della esazione da parte dello stato sul reddito/ricchezza/lavoro degli italiani?

Mi è arrivato uno studio sulla pressione fiscale che mi sembra particolarmente buono e ve lo giro, in modo che possiate consultarlo per esteso e farvi la vostra idea (http://m.qelsi.it/2012/simulazione-della-pressione-fiscale-reale-su-un-dirigente-un-impiegato-ed-un-operaio/) Mi sembra uno studio buono perché non si limita, come fanno gli altri, alle tasse più rilevanti, a quelle prese in considerazione dalle istituzioni preposte, alle tasse di un tipo o di un altro, bensì cerca di prenderle tutte, comprese quelle di impossibile calcolo preciso.

Lo studio esamina tre stipendi, quello di un dirigente che guadagna 100.000 euro/anno, quello di un impiegato da 40.000 euro/anno e quello di un operaio da 23.000 euro/anno. Innanzitutto i tre costano alle rispettive aziende più delle predette somme, precisamente costano 165,300 euro il dirigente, euro 63.800 l’impiegato e euro 36.100 l’operaio. La differenza è nelle tasse che l’impresa è tenuta a pagare per conto di quel suo dipendente (Inps, sanità integrativa, previdenza complementare, irap, ferie e assenze). Ma una volta intascati rispettivamente i 100.000 euro, i 40.000 e i 23.000, il dirigente, l’impiegato e l’operaio devono pagare altre tasse individuali, che sono la quota per l’inps sia ordinaria che complementare, la quota per la sanità, l’irpef, le varie addizionali locali.

Rimangono nella mani di ciascuno le seguenti somme: € 50.800,00 per il dirigente, € 25.700,00 per l’impiegato e € 16.200,00 per l’operaio. Ma non è finita, bisogna aggiungere ben altre tasse che le normali statistiche non considerano mai: l’Imu, l’accise sui carburanti, l’Iva sui consumi, i bolli, le successioni, le imposte sui tabacchi e mille altri balzelli di ogni tipo, nazionali e locali.

Ciò significa che lo stato prende altri soldi dai tre, che si possono quantificare in € 12.700,00 dal primo, € 6.425,00 dal secondo e € 4.050,00 dal terzo. Ciò che quindi rimane (ciò che lo stato non prende) dagli originari 165.300, 63.800 e 36.100, sono le seguenti somme: € 38.100,00 del dirigente, €19.275,00 dell’impiegato e € 12.150,00 dell’operaio. Queste ultime somme residue equivalgono nel primo caso al 23%, nel secondo al 30% e nel terzo al 36%, significando dunque che lo stato si ciuccia il 77% del reddito di un dirigente, il 70% di un impiegato e il 66% di un operaio. La media generale penso di collochi intorno 70%, cioè lo stato prende il 70% del lavoro, della ricchezza che gli italiani producono ogni anno.

E’ una cifra monstre che spiega tutto. E spiega perché di tutto si parla tranne di tal dato mostruoso: un latrocinio tanto grande non può non vivere essenzialmente del monopolio mediatico teso a intontire e anestetizzare la vittima. La vittima non deve sapere che l’unico vero nemico degli italiani è lo stato. L’unico vero problema degli italiani è lo stato (nell’insieme delle sue articolazioni, dette anche pubblica amministrazione), che naturalmente, come sempre nella storia umana, più ne prende e più ne vuole, più ne usa e più malversa, non solo per la bella vita dei politici e amici burocrati (gran comis, boiardi, alti dirigenti), ma perché l’immenso scialo è indispensabile ai partiti e ai singoli politici per comprare il consenso, il voto, e vincere le elezioni. Qui è la malattia della democrazia presso i popoli ad essa inadatti: chi non malversa bene perde le elezioni.

Dunque ogni giorno siamo investiti di una cascata di “informazione” tesa a nascondere il dato statistico essenziale e scandaloso. Addirittura è tutto un coro di strilla e lagrime contro l’evasione fiscale, quand’è evidente anche a un ciuco quel che scrivemmo nel nostro librino “Elogio dell’evasione fiscale” edito cinque anni fa: l’evasione fiscale salva l’Italia tutti i giorni perché se non esistesse chiuderebbero 4/5 delle imprese e allora sì che lo stato avrebbe un tracollo decisivo delle sue finanze. E infatti a furia di “stanare” l’evasione, moltissimi chiudono e le entrate avviano a diminuire.

Ecco insomma radice albero e foglie della crisi: un fisco asfissiante –braccio armato di chi vive di politica- impedisce il lavoro, impedisce a molti uomini donne e giovani di intraprendere, di aprire un’attività, di creare lavoro occupazione reddito e ricchezza generale. Come molte volte accaduto nella storia dell’umanità, le civiltà, i regni gli imperi, declinano e crollano per la rapacità crescente dei rispettivi stati, che aumentano progressivamente di dimensione, di costo, di apparati, di fiancheggiatori da compensare in un qualche modo, di adulatori, politicanti e giornalisti, nera polizia delle anime, creatori inventori di infinite altre occasioni per graziare, anche le più disperate, come da ultimo gli immigrati, che oggi sono un ottimo pretesto per stanziare e spendere altre somme favolose in mano alla politica, alle istituzioni, alla “solidarietà”, in un vortice dove il confine tra malaffare e follia/demagogia non si trova più, un vortice padrone ove i connazionali che lavorano e producono ricchezza reale sono sempre nel mirino degli esattori, dei controllori, dei vigili urbani, vigili sanitari, vigili ambientali e consimili “onesti lavoratori dello stato”, mentre chi vive di stato rimane intoccabile come la vacche dell’India e per soprammercato ai graditi ospiti immigrati – è cronaca ormai da vent’anni di tutt’Italia – spetta la precedenza nell’assegnazione delle case, dei posti all’asilo, di molti sussidi, spetta la ventesima parte dei controlli dei controllori “onesti lavoratori dello stato”.

Sovrasta intoccabile il moloch del pubblico impiego e di tutti i corollari di spesa pubblica improduttiva e parassitaria: pensioni regalate, soldi alle imprese amiche, soldi alle banche, opere pubbliche quattro volte più costose del nordeuropa, la classe politico-burocratica più costosa e numerosa del mondo.

Tutti costoro sono la crisi, i partiti ne sono al comando e usano gli immigrati e ogni altra emergenza per continuare l’osceno salasso, infatti nel bailamme generale le uniche riforme che fa il parlamento sono i gay, il negazionismo, l’abolizione del reato di immigrazione clandestina, vetta inarrivabile – quest’ultima – di demagogia: qualunque sia la legge (anche riscritta da Laura Boldrini), è evidente che la sua violazione non può che comportare reato.

Dunque cade straordinariamente a fagiolo la mail di un carissimo amico, Romolo Cerri studioso di lingue antiche, che mi manda notizia di un autore latino a me sconosciuto, tal Salviano da Marsiglia (non Saviano) che nel pieno del drammaticissimo quinto secolo (ricordo che nell’anno 476 l’impero romano chiuse i battenti) testimonia l’estrema decadenza dei tempi osservando – udite udite – che i poveri cittadini tassati e tartassati ormai si fingevano extracomunitari pur di sfuggire alle grinfie di equitalia e dei gringos di befera, non si inventa nulla, leggete!

Caro Luigi,

le citazioni che seguono sono riferite al problema delle tasse applicate nel quinto secolo ai cittadini (non so se di Treviri o di Roma), comunque cittadini “romani”, e pure al generale contesto sociale ormai devastato che evidentemente ne conseguì. Sono tratte dal libro quinto del “De gubernatione Dei” di Salviano di Marsiglia. I dati che emergono dalla lettura del testo offrono un quadro perfettamente speculare all’Italia di oggi in materia fiscale e non solo.

Salvianus Massilliensis, De Gubernatione Dei.- V, VII,28. Ad hostes fugiunt, ut exactionis vim evadant: “ (quei poveretti) sono costretti a rifugiarsi presso “gli extra-comunitari” per sfuggire alla violenza degli esattori”. –

-V, IV,18. In hoc scelus res devoluta est ut nisi quis malus fuerit salvus esse non possit: si è giunti ad livello tale di criminalità che nessuno ce la fa più a salvarsi se non è un brigante pure lui”.

– V, III,12. Legem legimus, legitima calcamus Sappiamo ciò che è bene e ci comportiamo male’ (e questo lo diceva già Orazio: video meliora proboque, deteriora sequor: “Vedo le cose migliori e le approvo, ma seguo le peggiori“)

– V, V,19. Quis enim vexatis atque laborantibus opem tribuat, cum improborum hominum violentiate etiam Sacerdotes Domini non resistant? Qui nam aut tacent aut similes tacentibus: “chi infatti potrebbe soccorrere gli oppressi e i sofferenti, se, di fronte alla violenza dei delinquenti, persino i Sacerdoti del Signore hanno paura? Tacciono, infatti, o si comportano come se tacessero

Ho scritto “non si inventa nulla”, bensì mi sotterrerei se una tale annotazione favorisse fatalismo e eccessiva pazienza. Al contrario questa consapevolezza storica serva a smitizzare lo stato e le sue molte cancerose istituzioni: sono sempre loro e dunque, come tante volte nella storia, non dobbiamo avere remore ad agire lucidamente. Il parlamento, i partiti e soprattutto i singoli parlamentari sono i nostri nemici: essi e non altri approvano le leggi che di continuo ci estorcono denaro e alimentano la fitta trama della mafia di stato.

I motivi non ci interessano (in questo momento), sta il fatto quei signori ci estorcono denaro di continuo. Essi e non altri parlano di tutto pur di nascondere le vere percentuali, le vere statisiche.

Non ci deve interessare chi li preme e ricatta (le lobby, i poteri forti, il partito…): basti e avanzi che essi e non altri hanno in mano il potere che conta, le leggi e le regole. Non regaliamogli un diversivo tanto grosso e prezioso, strologando di forze occulte, di grande finanza e di Germania, di storie e geografie… Se non hanno le palle che se ne vadano, se rimangono sappiano di essere i primi responsabili.

La colpa maggiore è dei singoli parlamentari e basta.

Permane una differenza tra destra e sinistra, la prima si vergogna ad aumentare le tasse, la seconda ne gode, ma entrambe lo fanno. Se ne traggano le dovute conclusioni, nessun partito, nessun leader e nessun parlamentare si distingue nel coraggio di rompere il gioco perverso, il massimo che fanno è proclamare che bisogna abbassare le tasse e eliminare gli sprechi, ma giammai indicare come, con quali riduzioni di spesa e apparati, a spese di chi, chi sono coloro che non devono più percepire le somme dello spreco.

Nessuno riparte dalla consapevolezza che il sistema consolidatosi nei decenni è un cancro che divora e che dunque sono indispensabili, se non si vuole morire, amputazioni e cure da cavallo, sì sì, no no, tu sì, tu no. Non avendo di siffatti attributi addirittura stanno al gioco perverso di nascondere altri ulteriori, paralleli e indispensabili aumenti di tasse, per questo dal 2010 l’acqua, il gas, l’elettricità e la nettezza urbana sono aumentati tra il 30 e il 41%

Alcuni vantano diminuzioni in verità compensate da aumenti maggiori, altri si dichiarano sentinelle antitasse, ma votano insieme un insieme di provvedimenti la cui somma algebrica fatalmente ha sempre il segno +. Si dividono equamente nei talk show in chi è per la crescita e chi per il rigore, ci prendono in giro, è ovvio che nessuna crescita è possibile se il rigore anziché taglio del parassitismo di stato è il solito eterno aumento di tasse.

Di siffatti soggetti ne abbiamo tutti vicino casa. Aspettarli gentilmente sotto casa, interrogarli amabilmente sul latrocinio continuo e inarrestabile, chiedergli perché -qualunque sia la posizione del loro rispettivo partito – egli o essa in prima persona non rompe il gioco. E’ un dovere civile e morale, è questa l’unica azione che crea spazio e rinnovata agibilità politica.

Sono un signore di mezza età con il suo reddito e il suo status, ho due ragazzi che stanno per affacciarsi al mondo del lavoro, ho delle proprietà che vorrei rendessero il giusto e qualcosa di più, insomma sono potenzialmente il moderato perfetto, l’homo moderatus che molti dicono di volere rappresentare. Eppure vedo bene che scrivo cose al limite della violenza pura, ho dunque le traveggole?

Gli è che proprio per quel mio status ho molto da perdere, e con me tutti gli italiani che negli ultimi settantanni passarono dalla povertà/emigrazione al benessere. In verità tutti sono disponibili a tutto pur di difendere il proprio, ma se finora nessuno si muove e tutto declina con fatalismo, è perché non si riesce a capire neanche chi è il tuo nemico. Svegliamoci, apriamo gli occhi, perfino Salviano di Marsiglia da millecinquecento anni ci dice la facile verità.

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