Una breve biografia di Marilyn Manson.
I critici all’inizio non hanno esitato a liquidare questo androgino amante del satanismo, dell’estetica gotica e del feticismo sessuale, come l’ennesima perversa rivisitazione di Ozzy Osbourne e Alice Cooper. ma se dopo sedici anni la sua metamorfosi da fenomeno da baraccone a fenomeno culturale può dirsi compiuta, vuol dire che dietro la maschera c’era qualcosa di più di un astuto marketing.
L’album di debutto, “Portrait of an American Family” (1994), risente ancora dell’influenza del produttore Trend Reznor, leader dei Nine Inch Nails, band californiana dalle lugubri sonorità industriali. In copertina il ritratto in plastilina della tipica famiglia disfunzionale americana seduta davanti alla tv.
Il videoclip di “Get Your Gunn” è stato proibito dal gestore dei contenuti del Web perché giudicato reo di incitare i giovani all’uso delle armi. Sentenza paradossale: la canzone narra le gesta di un fondamentalista cristiano (un certo Gunn, con due enne) che uccideva a colpi di arma da fuoco. In Smells Like Children” (1995), album oscuro, caotico e registrato sotto l’influsso evidente di varie droghe, Manson parla dell’infanzia abusata. Un tema ricorrente nella produzione di questo artista, vittima lui stesso, in tenera età, di un episodio di violenza sessuale.
Il 1996 è l’anno di “Antichrist Superstar”, il suo album più ambizioso e controverso, pieno di riferimenti simbolici al satanismo, alla cabala, alle discipline occulte. Sempre nel 1966 Manson debutta a Hollywood nel film “Strade perdute” di David Lynch, il suo regista preferito, nel ruolo di una pornostar losca e inquietante. L’album successivo, “Mechanical Animals” (1998), segna una svolta. Senza Trend Reznor alla produzione, gli aspetti gotico-industriali cedono il posto a un rock di impronta più glam e estetizzante.
Nel 2000, un anno dopo il massacro di Colombine, esce “Holy Wood”, più tossico e duro del precedente, e ricco di riflessioni sull’assassinio di John Kennedy e il culto delle armi negli Stati Uniti.