Perché vi è uno scontro dentro la Chiesa? Il motivo autentico e profondo è da ricercarsi nella perdita del giusto concetto di tradizione nella vita della Chiesa.
di Bruto Maria Bruti
La Chiesa, da tempo, è diventata il centro di scontro fra tendenze diverse: questa situazione è ormai evidente e riguarda ogni aspetto della morale e della fede.Nel 1968 Papa Paolo VI lancia l’allarme: – La Chiesa è colpita pure da chi ne fa parte – (Insegnamenti di Paolo VI, vol.VI, p.1188).
Nel 1969: –proprio dal di dentro della Chiesa nascono inquietudini e infedeltà – (idem, vol, VIII p.1137-1138)
Nel 1972 :- Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio. Crediamo in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico – ( idem, vol X, pp.707-708 )Perché questo scontro dentro la Chiesa?
Il motivo autentico e profondo è da ricercarsi nella perdita del giusto concetto di tradizione nella vita della Chiesa. Se non si ha un giusto concetto di tradizione nella vita della Chiesa e se non si riesce a comprendere il significato e l’autorità del magistero ordinario si finisce per cadere inevitabilmente in posizioni tradizionaliste o progressiste le quali, pur combattendosi, finiscono, entrambe, per non appartenere più all’anima della Chiesa e partecipano, anche senza volerlo, alla sua persecuzione, favorendo il “fumo” di satana.
Scrive S. Agostino: “Al demonio (…) poco importa che gli uomini bisticcino tra loro per errori diversi: tanto egli li possiede ugualmente (…)”( S. Agostino, La Città di Dio, ed. Paoline, Roma 1979, p. 1097 ,libro 18, cap. XLI, n. 2 )
La tradizione deve essere intesa come fedele permanenza della Chiesa nella stessa verità ricevuta da Dio
Nella Chiesa Cattolica c’è la Tradizione orale, che è la Rivelazione non scritta nella Bibbia ma trasmessa oralmente dagli apostoli, e c’è il concetto di tradizione che deve essere inteso come Spirito di continuità nei confronti delle verità e degli insegnamenti ricevuti.
Insegna Giovanni Paolo II:”Nel periodo postconciliare siamo testimoni di un grande lavoro della Chiesa per far sì che questo -novum- costituito dal Vaticano II penetri in modo giusto nella coscienza e nella vita delle singole comunità del Popolo di Dio. Tuttavia, accanto a questo sforzo si sono fatte vive delle tendenze, che sulla via della realizzazione del Concilio creano una certa difficoltà.
Una di queste tendenze è caratterizzata dal desiderio di cambiamenti che non sempre sono in sintonia con l’insegnamento e con lo spirito del Vaticano II, anche se cercano di fare riferimento al Concilio. Questi cambiamenti vorrebbero esprimere un progresso, e perciò questa tendenza è designata con il nome di -progressismo-. Il progresso, in questo caso, è una aspirazione verso il futuro, che rompe con il passato, non tenendo conto della funzione della Tradizione che è fondamentale alla missione della Chiesa, perché essa possa perdurare nella Verità ad essa trasmessa da Cristo Signore e dagli Apostoli, e custodita con diligenza dal Magistero.
La tendenza opposta, che di solito viene definita come “conservatorismo”oppure “integralismo”, si ferma al passato stesso, senza tener conto della giusta aspirazione verso il futuro quale si è manifestata proprio nell’opera del Vaticano II. Mentre la prima tendenza sembra riconoscere come giusto ciò che è nuovo, l’altra invece vede il giusto soltanto in ciò che è “antico” ritenendolo sinonimo della Tradizione. Tuttavia non è l’ “antico” in quanto tale, né il “nuovo” per se stesso che corrispondono al concetto giusto della tradizione nella vita della Chiesa.
Tale concetto infatti significa la fedele permanenza della Chiesa nella verità ricevuta da Dio, attraverso le mutevoli vicende della Storia. La Chiesa, come quel padrone di casa del Vangelo, estrae con sagacia dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (cfr. Mt 13,52) rimanendo assolutamente obbediente allo Spirito di verità che Cristo ha dato alla Chiesa come Guida divina. E la Chiesa compie questa delicata opera di discernimento attraverso il Magistero autentico (cfr. Lumen Gentium, 25)” ( Lettera di Giovanni Paolo II al Cardinale Joseph Ratzinger, Al Venerato Fratello Joseph Cardinale Ratzinger prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Osservatore romano 9 aprile 1988, pag.1).
Il magistero ordinario è sempre una riflessione che serve per raggiungere un’intelligenza più profonda della fede e ogni riflessione ha bisogno di un’interpretazione: fanno parte del magistero ordinario, per esempio, il catechismo di Trento, il catechismo di San Pio X, il Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato per ordine di Giovanni Paolo II, il Concilio Vaticano II e tutte le encicliche dei Papi.
Il magistero straordinario, a differenza del magistero ordinario, consiste in una definizione e, pertanto, è infallibile di per sé, cioè esclude da sé ogni dubbio, non ha bisogno di essere confrontato con le verità già possedute dalla Chiesa per essere correttamente interpretato, ma esso non serve tanto per riflettere quanto per evitare, in casi straordinari, errori gravi riguardanti la fede o la morale: il magistero si comporta come il pilota di una nave, ordinariamente il pilota conduce la nave sul mare, percorre una rotta e solo in casi speciali segnala un pericolo, solo in casi straordinari dà l’allarme o corregge un errore dell’equipaggio. Infatti non è possibile far crescere la comprensione soggettiva della parola di Dio solo con i si e con i no delle definizioni. Gesù stesso, nel Vangelo, non ha parlato solo tramite definizioni ma attraverso riflessioni e parabole che richiedevano una riflessione e una interpretazione
Se Dio assistesse la Chiesa solo con il magistero straordinario, essendo pochissime le definizioni, la Chiesa sarebbe, per quanto riguarda la maggior parte dei problemi di fede e di morale, praticamente rimasta senza assistenza dello Spirito Santo dalla morte di Gesù fino ad oggi: basta pensare a quasi tutta la dottrina sociale della Chiesa che è frutto del magistero ordinario.
Qual’è il criterio con cui si deve interpretare una riflessione del magistero ordinario?
Il solo criterio valido è quello della continuità ed è questo, propriamente, il giusto concetto di tradizione: dove non esiste continuità non c’è il Santo Spirito e non c’è la Chiesa. Nel magistero ordinario non si può assolutizzare né una frase né un paragrafo di un discorso ma essi devono essere letti in continuità e con tutto il contesto e con tutto il magistero precedente.
Il criterio è quello indicato da San Vincenzo di Lerino: quod ubique, quod semper, quod ab omnibus, e cioè bisogna aderire a ciò che nella Chiesa è stato detto dovunque, sempre e da parte di tutti. Il magistero ordinario è sempre una riflessione che serve per raggiungere un’intelligenza più profonda della fede e ogni riflessione ha bisogno di un’interpretazione corretta e, per poter dare una interpretazione corretta, le ulteriori spiegazioni del magistero ordinario devono essere confrontate con gli insegnamenti già posseduti dalla Chiesa perché hanno bisogno della loro approvazione.
Bisogna ripetere e sottolineare un concetto fondamentale: i nuovi approfondimenti della Parola di Dio devono essere letti sempre in continuità con gli insegnamenti già posseduti perché devono servire non per contraddirli ma per dare luogo ad una crescente comprensione. Quando il fedele legge e interpreta i nuovi approfondimenti della parola di Dio in continuità con gli insegnamenti già posseduti deve aderire ad essi con la volontà e l’intelligenza ( Lumen Gentium 25 ) perché l’assistenza dello Spirito Santo si manifesta nella continuità, nella fedele permanenza della Chiesa nella verità ricevuta.
Scrive Giovanni Paolo II a proposito della interpretazione autentica del Concilio Vaticano II che deve essere fatta: “(…) l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Concilio Vaticano II richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Ecclesia Dei, in L’Osservatore Romano, 3 luglio 1988, pag 2, n.5 p.b ).
Sempre sulla necessità di interpretare correttamente il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II spiega che: “(…) l’obbedienza allo Spirito Santo si esprime nell’autentica realizzazione dei compiti indicati dal Concilio, in pieno accordo con l’insegnamento in esso proposto (…) insegnamento integrale del Concilio” “integrale “, cioè inteso alla luce di tutta la santa Tradizione e sulla base del costante Magistero della Chiesa stessa “- ( Giovanni Paolo II, Radiomessaggio al Mondo del 17-10-1978, in L’Osservatore Romano del 18-10-1978 ).
Nella Chiesa esiste il deposito della verità: questo deposito è costituito dalla verità rivelata sostanziale ma la Rivelazione non è offerta già esplicitata e richiede uno sviluppo di conoscenze che non esime dalla ricerche e dalle fatiche umane.
La Rivelazione è la parola definitiva e completa di Dio ma questa parola è come un giacimento, una miniera inesauribile che contiene tutti i tesori della sapienza e della scienza i quali devono essere pazientemente conosciuti ed estratti: “- (…) anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata: toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli -“ ( Catechismo della Chiesa Cattolica n.66 )
Ogni comandamento, ad esempio, è una verità sostanziale di natura morale, una indicazione generale che racchiude al suo interno un numero infinito di verità morali e quindi razionali da conoscere e da approfondire. La comprensione soggettiva della Rivelazione è faticosa e si realizza attraverso un cammino fatto di parziali conquiste: flashes di luce che illuminano parti di un enorme giacimento.
Le realtà della fede che vengono conosciute non sono mai esaustive perché al di sopra e al di sotto di un aspetto del deposito della fede che vediamo, esistono altri aspetti che ancora non vediamo.
L’intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa con la riflessione e lo studio dei credenti: “le parole divine crescono insieme a chi le legge” (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n.94 ).
L’annuncio della fede, dice il Cardinale Joseph Ratzinger, è “(…) certamente “conservatore” nel senso che custodisce e conserva le “radici” dell’uomo. Proprio in questo, però, tale annuncio è al tempo stesso creativo perché così offre all’uomo la possibilità di crescere e di progredire, possibilità che non può darsi senza l’indicazione di una direzione in cui muoversi”. (Joseph Ratzinger, Collaboratori della verità, San Paolo, Torino 1994, traduzione di Annarita Torti pp.270-271 ).
Dunque non è possibile progredire senza conservare l’indicazione della strada verso cui si deve progredire.
Il progresso, nella Chiesa, non riguarda il deposito dove è custodita la verità sostanziale rivelata ma riguarda la comprensione soggettiva della verità contenuta nel deposito, nel senso che viene reso esplicito ciò che è implicito e viene dedotto ciò che è deducibile e le cose nuove che vengono comprese e spiegate non sono in antitesi con le antiche precedentemente spiegate ma sono in perfetta continuità e servono per approfondirle: l’intelligenza o comprensione, tanto della realtà quanto delle parole, contenute nel deposito della fede, progredisce nella vita della Chiesa. ( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n.94)
Gesù è una persona viva che ci assiste continuamente attraverso la Chiesa: molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” ( Gv 16,12-13 ).
Il Magistero della Chiesa, assistito dallo Spirito, serve per guidare alla verità tutta intera, cioè serve per approfondire il senso della Parola di Dio, la cui profondità è insondabile e il cui tesoro è inesauribile. Dice Giovanni Paolo II:- La verità rivelata (…) è stata affidata alla Chiesa una volta per tutte. Essa ha raggiunto il suo compimento in Cristo. Da qui il profondo significato dell’espressione Paolina ” deposito ” della fede ( cfr 1 Tm 6,20 ). Allo stesso tempo tale deposito merita un’ulteriore spiegazione e una crescente comprensione fintantoché la Chiesa sarà presente sulla terra (Giovanni Paolo II, Il magistero ordinario può essere autenticamente considerato come l’espressione usuale della infallibilità della Chiesa, udienza ai vescovi USA, L’Osservatore Romano, 10 novembe 1988, p.7, n.4, ed. settimanale n.45 ).
Alla luce di queste considerazioni, giustamente scrive il pensatore cattolico Gomez Davila che, nella Chiesa cattolica, ” per rinnovare non è necessario contraddire, basta approfondire.” (cfr Giovanni Cantoni, Gomez Davila il conservatore, Dizionario del pensiero forte, a cura dell’istituto per la dottrina e l’informazione sociale )