Se eliminiamo anche Dante dove arriveremo, ai roghi di libri?

Giulio Meotti Newsletter 24 maggio 2024

 In una scuola in Veneto esenzione ai musulmani: “La Divina Commedia li offende”. Da anni in Occidente lo censuriamo. Così chi non fece parlare Ratzinger alla Sapienza tace sugli imam all’università

di Giulio Meotti

L’atteggiamento dell’Islam verso la cultura è sempre rimasto quello del famoso Califfo che, quando gli chiesero cosa dovevano fare della grande biblioteca di Alessandria, da lui conquistata, rispose: “Se tutti quei libri dicono ciò che dice il Corano, sono inutili. Se dicono cose diverse, sono dannosi. Nell’uno o nell’altro caso, meglio bruciarli”.

Oggi la Divina Commedia non si potrebbe certo più scrivere: fino a quando potremo leggerla?

Ora gli studenti musulmani di una scuola media sono esentati dal seguire le lezioni sulla Divina Commedia. Accade a Treviso. Per loro, l’insegnante ha organizzato un “programma alternativo” dedicato a Boccaccio.

Nel 1990, il romanziere inglese Anthony Burgess disse che I Versetti satanici di Salman Rushdie, che gli erano valsi una condanna a morte, erano ben poca cosa paragonati alla Divina commedia dantesca. “Dinamite allo stato puro”, disse Burgess. Poi, dieci anni fa, ci fu la richiesta di “Gherush92”, organizzazione di ricercatori consulente delle Nazioni Unite, perché la Divina Commedia venisse tolta dai programmi scolastici per il suo razzismo e “islamofobia”.

La prestigiosa Yale University Press tolse una famosa riproduzione di Maometto all’Inferno di Gustave Doré. E una nuova traduzione olandese della Divina Commedia ha eliminato Maometto per non essere “inutilmenti offensivi”. Il traduttore ha rimosso le parole su Maometto. “In Dante, Maometto subisce un destino crudo e umiliante, solo perché è il precursore dell’Islam”, dice l’editore Myrthe Spiteri. Dante raffigurò Maometto nel girone degli scismatici come un fantoccio spaccato a metà. “Rotto dal mento infin dove si trulla”, vale a dire dal mento al deretano. E quella celebre terzina: “Tra le gambe pendevan le minugia, la corata pareva, e il tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia”. Davvero poco “inclusivo”, questo Dante. Alì, successore di Maometto, invece, ha la testa spaccata dal mento ai capelli.

Un anno fa parlando alla newsletter, il sociologo inglese Frank Furedi lo aveva presentito: “Dante sarà il prossimo obiettivo dei Talebani della cancel culture”.

E visto che in Italia ora inseriamo il Ramadan fra le festività in una scuola milanese, che nelle scuole di Biella si legge il Corano, che una scuola di Modena ha organizzato corsi di cultura islamica, che a Forlì una scuola ha annullato una lezione di musica per la presenza di musulmani, che le scuole di Carpi hanno esonerato le studentesse musulmane dalle lezioni di nuoto, che un liceo di Savona ha chiesto agli studenti di evitare “abiti troppo disinvolti” per non offendere i migranti, che a Venezia una scuola ha cancellato Gesù da una canzone natalizia e che una scuola di Terni ha tolto il crocifisso, cosa dobbiamo aspettarci? Di tutto.

Elimineremo il Dantedì? L’Italia è piena di statue dedicate al sommo “islamofobo”: che fare? Imbrattarle come a Milano hanno fatto le pseudo femministe con Indro Montanelli? Abbatterle come in America hanno fatto i woke a Colombo e Lincoln? E cosa fare con le scuole intitolate a Dante? Le intitoliamo a qualche pachistano, come ha fatto la scuola di Pioltello?

Nel 2008 i professoroni con i loro proclami sulla “laicità” e le “ingerenze” non fecero parlare Benedetto XVI alla Sapienza di Roma (fra cui i torinesi Gianni Vattimo, Angelo d’Orsi, Luigi Bobbio, Luciano Gallino e tanti altri). Un Papa nato nelle università e invitato alla Sorbona venne bandito dalla principale università italiana. Ratzinger avrebbe dovuto parlare agli studenti di Socrate, di coscienza e di tirannia: “Il pericolo del mondo occidentale è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità”.

Chi ha silenziato Ratzinger non avrebbe esitato a dar fiato e trombe a qualche imam in asservimento alla logica secondo la quale il nemico del mio nemico è mio amico. Così oggi i professoroni sembrano aver perso la lingua sull’imam invitato non a parlare, ma a pregare all’Università di Torino.

Dante ci aveva avvisato, quasi mille anni fa: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, non donna di province, ma bordello”

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