di Luca Pesenti
A cosa serve la Chiesa nel mondo? Si può rispondere «a salvare le coscienze dei cristiani», e allora non resta che relegarla nel privato, tra le mura sacre, dentro le preghiere dette a mezza voce. Fuori, non si può. Non si può appendere crocefissi, far presepi nelle scuole, parlare di Maria in prima serata Tv, fare appelli alle coscienze sui temi moralmente sensibili. La Chiesa, se c’è, non c’entra. Si può però rispondere in un altro modo. La Chiesa serve a salvaguardare l’io, a riconnettere il cuore di ogni uomo con l’origine delle cose, a tenere desto il desiderio, a mostrare la vera Bellezza. Se fai fuori la Chiesa, fai fuori anche te.
Per questo, secondo Giorgio Vittadini, la Chiesa pone continuamente al centro «il problema del rapporto tra cuore e ragione, rimettendo nella realtà quell’aspetto di apertura all’infinito che sembra essere il punto senza il quale tutti i problemi vengono affrontati saltando un aspetto». Basta guardare a come di questi tempi viene affrontato il problema della crisi.
Da un lato, lo Stato, dall’altro, il mercato: basterebbe oliare i meccanismi e si risolverebbero i problemi. Ma questa è soltanto un’illusione, come dimostrano i fatti: «Né il culto statalista per la politica né quello liberista per il mercato -spiega Vittadini – mettono in gioco qual è il problema della conoscenza dell’uomo in rapporto al reale: come se le cose si risolvessero in termini di meccanismi, negando il soggetto del rapporto con esse.
Allora la politica si riduce a problema di coalizioni e di alternanza; la medicina a problema di meccanismi per salvaguardare la vita; il senso della vita a semplice psicologia; le relazioni umane a sociologismi in cui sparisce la specificità dell’uomo; il benessere a meccanismi economici in cui sparisce il soggetto. Quel che manca è la libertà dell’io, cioè la sua capacità di stabilire un nesso con il reale, recuperando quell’impeto creativo che trova la soluzione ai problemi anche al di là di ogni previsione».
Novità culturali
Ecco allora come rispondere alla domanda iniziale: la Chiesa pone il tema dell’apertura dell’uomo rispetto all’infinito. Gli esempi sono tanti. Vittadini ne mette in fila alcuni: «La battaglia sulla vita che ha posto al centro il tema dell’uomo come soggetto unico e irripetibile; il tema del soggetto dentro l’economia capace di generare novità grazie alla propria intelligenza creativa e fantasia, tematizzato più di altri oggi da Alberto Quadrio Curzio, preside della facoltà di Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano; il tema caro alla scuola sociologica bolognese di Pierpaolo Donati, di un uomo che deve sempre essere osservato nell’ambito delle sue relazioni costitutive; il tema politico della centralità dei contenuti rispetto agli schieramenti e della moralità dei comportamenti».
E una Chiesa capace di generare novità culturale partendo da un’evidenza quasi banale, ma fin troppo negata nella storia: se non cambia il soggetto, se non lo si educa continuamente, non potrà mai cambiare la struttura della società. Per questo il cambiamento dell’io, la sua educazione, non sono semplicemente un fatto privato, ma fattore centrale del cambiamento nella storia. Ma amaramente Vittadini osserva: «A guardarsi indietro, i fallimenti delle utopie dovrebbero aver chiarito tutto, eppure sembra ancora che il cambiamento dell’io sia un problema del tutto inincidente dentro la storia».
Esempi generalizzabili
Per questo, allora, c’è cosi tanto bisogno di una Chiesa capace dì dialogare sui grandi temi e di dare esempi concreti di quel che afferma. Con un’avvertenza metodologica: «Se è vero che non bastano i discorsi e gli appelli morali – conclude Vittadini -, è anche vero che i fatti debbono essere letti come esempi generalizzabili: perché l’esperienza della nostra amica Rose a Rampala (Uganda), di Avsi a Salvador de Bahia (Brasile), l’idea di impresa dì un Michelin, sono testimonianze universali di un modo diverso di affronto di tutti i problemi». Se non ci fosse la Chiesa, non esisterebbe nulla di così umano.
BENEDETTOXVI
II tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo allora capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita “come se Dio ci fosse”. E il consiglio che vorremmo dare anche oggi a chi non crede. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno.
(da Fare la verità nella carità, intervista a cura di Giuseppe De Carli, Ares 2005)
La fondamentale liberazione che la Chiesa può darci è lo stare nell’orizzonte dell’Eterno, è l’uscir fuori dai limiti del nostro sapere e del nostro potere. La fede stessa, in tutta la sua grandezza e ampiezza, è perciò sempre nuovamente la riforma essenziale di cui noi abbiamo bisogno; a partire da essa noi dobbiamo sempre di nuovo mettere alla prova quelle istituzioni che nella Chiesa noi stessi abbiamo fatto. Ciò significa che la Chiesa deve essere il ponte della fede e che essa non può divenire fine a se stessa.
(da La bellezza, la Chiesa, Itaca libri, 2005)