Epurazioni in vista per i credenti?
Un terzo degli aderenti al Pcc pratica regolarmente una religione. E Pechino studia contromisure…
di Gerolamo Fazzini
La fonte della Lavagnino era un recente articolo su Zhengming («Dibattiti»), autorevole rivista di Hong Kong che analizza i fatti socio-politici della madrepatria, una voce libera (la riprova è che in Cina continentale non è diffusa, solo certi quadri ad alto livello possono leggerla!). Basta una lettura veloce di quell’articolo (qui ne presentiamo ampi stralci) per capire i toni preoccupati della dirigenza comunista.
La notizia è che tra gli oltre 60 milioni di membri del Pcc, sono 20 milioni coloro che partecipano ad attività religiose, con una netta prevalenza di cristiani. Ecco perché il Comitato centrale del Pcc sta stringendo i tempi per un’«epurazione». Scrive Zhengming: «II 12 ottobre il Comitato centrale del Pcc ha approvato per la diffusione il “Documento riguardante le organizzazioni e i quadri del partito che sono coinvolti, aderiscono e partecipano ad attività religiose”».
A redigerlo sono stati la Commissione dell’ispezione disciplinare, il Dipartimento di propaganda e il Dipartimento dell’organizzazione, tutti organi del Comitato centrale del Partito comunista. Nel testo – nota Zhengming -si citano i discorsi sulle questioni religiose di Hu Jintao e di Zeng Qin-ghong, tenuti alle organizzazioni locali nel corso della quinta sessione del XVI Congresso del Pcc (le sessioni sono annuali e l’ultima si è tenuta nell’ottobre dello scorso anno -ndr), laddove si afferma che la corruzione esercitata sulle organizzazioni e i quadri di partito dall’ideologia religiosa, da sottile influenza, è ora diventata aperta minaccia.
«Essa – scrive Zhengming – cambierà l’ideologia dei quadri di partito e condurrà alla disgregazione del loro credo politico, lo spirito del partito tenderà a degenerare e creerà ogni tipo di crisi sociale e politica nel partito e nel Paese».
II documento del 12 ottobre indica una stralcia in cinque punti che Zhengming puntualmente elenca: «1) alle organizzazioni di partito di ogni livello non è permesso di organizzare e partecipare, con qualsiasi pretesto, ad attività di carattere religioso; 2) ai quadri di partito non è permesso di aderire ad organizzazioni religiose, comprese organizzazioni e attività religiose straniere (situazioni particolari devono essere esaminate e riportate dal comitato di partilo a livello provinciale): 3) coloro che già aderiscono ad organizzazioni religiose e partecipano ad attività religiose devono, dopo aver ricevuto la comunicazione, lasciarle immediatamente, sospendere le pratiche religiose e di propria iniziativa, presentare un rapporto; 4) a chiunque aderisca ad organizzazioni religiose se. dopo aver ricevuto la comunicazione, nasconde ancora la propria identità e continua a partecipare ad attività religiose, attraverso verifica verranno richieste le sue dimissioni dal partito oppure sarà espulso dal partito; 5) chiunque partecipi ad attività religiose illegali, sarà espulso dal partito e gli sarà precluso ogni incarico dentro e fuori il partito, se ci saranno condotte illegali queste saranno indagate in accordo alla legge».
Il Partito comunista, osserva Zhengming, mescola ancora in un unico calderone alcune superstizioni arretrate e pratiche religiose vere e proprie, al fine di coprire le sue azioni brutali contro la libertà di fede religiosa. Perciò in questo documentò viene contemporaneamente stabilita una clausola: «ai quadri di partito non sono permessi pretesti per cambiamenti di incarico, trasferimenti di residenza, procreazione, pratiche varie, e praticare pubblicamente attività superstiziose: coloro che provocheranno cattive influenze saranno radiati in base ai regolamenti disciplinari di partilo e amministrativi».
In base alle statistiche della segreteria generale del Pcc (scrive Zhengming). sono 12 milioni i quadri di partito delle aree cittadine che partecipano ad attività religiose, di questi 5 milioni sono regolari partecipanti. Sono 8 milioni i quadri di partito delle zone agricole che partecipano ad attività religiose, di questi, 4 milioni sono regolari partecipanti. Alcuni aderiscono con tutta la famiglia, altri partecipano insieme alle organizzazioni di partito, come ad esempio nel governo distrettuale di Qingyuan (nell’area di Baoding. provincia dello Hebei) ci sono molte organizzazioni di partito che collettivamente aderiscono alla Chiesa; e ancora nel distretto di Ruian nell’area di Wenzhou nella provincia del Zhejiang ci sono più di dieci leader di dipartimenti di partito che sono credenti cristiani.
Secondo un recente rapporto «interno» dell’Agenzia Nuova Cina, l’impatto che l’ideologia religiosa occupa negli animi di alcuni membri di partito sta aumentando. «A Shijiazhuang. nella provincia dello Hebei. migliaia di quadri dì partito ritengono che andare in chiesa a partecipare alla Messa costituisca una parte importante della vita – annota Zhengming – ; alcuni quadri di medio-alto livello hanno creato una “chiesa” in casa per evitare noie nell’uscire». Interessanti anche i dati relativi alla distribuzione geografica del fenomeno.
«Sono 11 le aree a livello provinciale in cui sono più numerosi i membri di partito che partecipano ad attività religiose». Tra queste: Hebei. Henan. Jiangsu, Zhejiang, Shandong, Fujian, Liaoning. Hubei, e la municipalità di Shanghai. Ben 32 sono i capoluoghi di provincia e altre città: Shijiazhuang. Baoding (roccaforte della cosiddetta Chiesa cattolica clandestina). Jinan, Luoyang, Xi’an (la diocesi guidata dal vescovo Li Du’an). Xinyang. Naniong. Chanssha. Nanjing. Hefei. Dalian, Wiihan. Yichang, Jinhua, Wenzhou, Shantou, Taizhou. Nanning, Shaoyang. Taiyuan, Qingdao, Fuzhou…
L’articolo di Zhengming si chiude con una considerazione politica: «Zeng Qinghong ha rivelato nel corso della recente riunione della segreteria del Comitato centrale che l’influenza e l’infiltrazione della religione sono maggiori, più profonde e resistenti della scala dei valori occidentali. In alcuni dipartimenti politici regionali la religione (…) influenza la società e i membri di partito». Stando a Zhengming il vicepresidente «ha, inoltre, dichiarato che alcuni quadri ad alto livello hanno proposto di permettere alla fede religiosa e al credo comunista di convivere all’interno del partito; alcune persone ritengono che la fede religiosa possa far sì che la società sia armoniosa, stabile e si possa sviluppare, perciò bisognerebbe permettere la diffusione della religione e lasciare che i membri del Pcc aderiscano alla religione».
Se l’articolo di attualità presenta dati interessanti e sorprendenti, anche il commento della testata di Hong Kong non è da meno. Vi si mette in luce l’inadeguatezza dei leader di Pechino in tema di libertà religiosa. «Marx ha detto che la religione è l’oppio dei popoli. Su questo si è basata la politica anti-religiosa del Pcc. Ma Engels – puntualizza polemicamente Zhengming – aveva anche dello che il miglior mezzo per aiutare la pro-pagazione della religione è quello di vietarla. Il Partito comunista cinese ha fatto orecchi da mercante riguardo l’ammonimento di Engels e ha sempre perseverato nella politica di ostilità nei confronti della religione. Tutte le personalità del mondo religioso possono esistere solo come strumenti al servizio del Fronte unito».
Le due identità, «credente» e «membro di partito», non possono essere tollerate contemporaneamente. Zhengming sottolinea, poi, che «fra le tre grandi religioni del mondo, quella che il Pcc più odia è il cristianesimo (cattolicesimo e protestantesimo), perché hanno più stretti contatti con la civiltà moderna e perciò sono quelle che subiscono i più gravi attacchi. Ma è proprio per questo che le radici del cristianesimo sono le più profonde negli animi dei credenti, e anche la loro influenza è sempre più estesa. Dopo alcune decine di anni, persino all’interno del Pcc ci sono 20 milioni di persone che partecipano a pratiche religiose; tra questi la maggior parte sono cristiani».
L’analisi di Zhengming si chiude con una premonizione severa: «Non c’è da stupirsi che i detentori del potere del Pcc siano spaventati da questo fenomeno; poiché esso è la premonizione che il loro dominio è sul punto di disgregarsi, e che quindi bisogna frenarlo e controllarlo severamente». Ma «queste misure oltre a far entrare nella clandestinità le attività religiose dei membri di partito, possono solo rafforzare la loro fede religiosa e far sì che sempre più numerosi membri di partito si avvicinino alla religione».
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L’articolo cui si fa riferimento è apparso sul numero 11/2005 di Zhengming (pp. 8-9). Si ringrazia Clara Bulfoni, docente di lingua cinese all’Università degli Studi di Milano, per la traduzione dall’originale.
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Per saperne di più
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Parla padre Angelo Lazzarotto
«Non c’è società armoniosa senza religione»
a cura di Gerolamo Fazzini
Quale valore dare alla notizia diffusa da Zhengming E come interpretare la reazione del Partito comunista cinese a fronte di un’adesione sempre più diffusa a pratiche religiose, segnatamente cristiane? L’abbiamo chiesto a padre Angelo Lazzarotto, missionario del Pime, a lungo attivo in Hong Kong, sinologo apprezzato e autore di molte pubblicazioni sul cristianesimo in Cina e la politica religiosa di Pechino.
Degli oltre 60 milioni di membri del Pcc, sono 20 milioni coloro che partecipano ad attività religiose. Sorpreso da questo dato?
Da tempo si sapeva che anche all’interno del Partito comunista cinese il fenomeno religioso riesce ormai a trovare degli spazi. Ma l’affermazione della rivista Zhengming – di cui è nota la serietà delle ricerche e l’attendibilità delle informazioni riguardanti la vita politica all’interno della Cina – non può non sorprendere. Va ricordato comunque che il documento citato del Comitato centrale del Pec non sembra avallare esplicitamente tale cifra, fornita dalla rivista nel suo commento editoriale. Il documento sembra concentrarsi piuttosto sulle misure adottate per combattere questa penetrazione ai vari livelli della struttura del partito.
Posto che i membri del partito siano in qualche modo «rappresentativi» dell’intera popolazione, è azzardato (o no) avanzare l’ipotesi che su 13 miliardi di cinesi 3-400 milioni facciano riferimento a qualche pratica religiosa?
Si sa che la tradizionale religiosità popolare in Cina assume espressioni molto varie, che vanno dalle più grossolane forme superstiziose al culto di specifiche divinità. Nella legislazione che il Partito comunista ha dato al Paese cinque sono le religioni ufficialmente riconosciute; quanto alla superstizione, il regime se ne è sempre detto contrario, ma non è mai riuscito ad estirparla.
Attualmente, in assenza di statistiche sul fenomeno religioso, non mancano analisti che parlano di oltre 300 milioni di aderenti. Le stesse pubblicazioni ufficiali cinesi già vari anni fa non esitavano a ipotizzare che i «credenti» in Cina potessero essere oltre cento milioni, riferendosi specialmente al buddhismo e alla religiosità popolare. Anche i protestanti di matrice evangelica che stanno facendo in Cina una vivace e decisa propaganda, danno credito a grosse cifre circa il numero dei cristiani.
Se le cifre sono esatte, si rivelano molto interessanti. «12 milioni i quadri di partito delle aree cittadine che partecipano ad attività religiose, di questi 5 milioni sono regolari partecipanti. Sono 8 milioni i quadri di partito delle zone agricole che partecipano ad attività religiose, di questi 4 milioni sono regolari partecipanti». In altre parole; le persone più «religiose» sarebbero più in città che in campagna, l’opposto di quanto accade oggi tra i cattolici…
Questo fatto rispecchia, a mio avviso, il fenomeno di urbanizzazione selvaggia che da anni ormai caratterizza la crescita economica della Cina, e la maggiore libertà che riescono a ritagliarsi le fasce più intraprendenti della popolazione. Probabilmente poi il commento di Zhengming si riferisce ad attività religiose con scadenze e ritualità riconosciute, differenti dalle forme di religiosità più vaga e generica delle masse rurali. C’è da tener presente che nell’ultimo decennio il Pcc ha incentivato l’ingresso di membri culturalmente meglio qualificati e più giovani ed è in città che ci sono maggiori opportunità di questo genere.
Scorrendo l’elenco delle città e delle aree dove il fenomeno in questione è più diffuso, quali considerazioni è possibile fare? Ci sono relazioni tra questo dato e la presenza e la vivacità delle Chiese cristiane locali?
Ovviamente sì, varie province e città di cui si parla sono quelle che hanno una notevole presenza di comunità cristiane, sia protestanti che cattoliche. Alcune di questa aree e di queste città ritornano frequentemente alla ribalta delle cronache in Occidente anche per episodi di violenza da parte delle forze di sicurezza contro comunità cristiane «clandestine», cioè non riconosciute dall’autorità.
Il documento emanato il 12 ottobre dal Comitato centrale del Pcc fissa i tempi dell’«epurazione» dei quadri che osano seguire una religione. Come giudicare la reazione del partito a questa «minaccia»?
Va notato che il documento del Comitato centrale parla di «corruzione» che l’ideologia religiosa, come la chiama, eserciterebbe sulle organizzazioni e sui quadri del partito. Essa intaccherebbe cioè la natura stessa dell’ideologia materialista che sui alla base del partito. Non per nulla, gli statuti del Pcc, mentre sono stati rinnovati in diversi punti nel corso dei decenni, fino a aprire la porta del partito proletario agli stessi imprenditori e capitalisti, sul fatto religioso sono sempre stati intransigenti.
L’incompatibilità fra l’adesione a una fede e il «privilegio» di appartenere all’apparato destinato a guidare il Paese sulla via della prosperità e della grandezza non è mai stata messa in discussione. I nostalgici della pu-rezza ideologica non esitano, quindi, a correre ai ripari e innalzare nuove barriere, ogni volta che si prospetta il pericolo di «infiltrazioni» capaci di snaturarne l’anima.
Già nel febbraio 2004 un regolamento interno al Pcc cercava di arginare tale «corruzione» interna e contenere l’esercizio di pratiche religiose dei membri. Evidentemente non ha funzionato…
E vero. Lo scorso anno è stata anche diffusa la notizia che un milione di membri del Pcc aveva riconsegnato la tessera, in dissonanza con le scelte riguardanti la repressione anche di aderenti al movimento spiritualista Falun Gong. Nelle misure prese in più occasioni per arginare la penetrazione attraverso Internet di idee o stili di vita considerali corrosivi dei valori socialisti, sono spesso nominate, insieme con pornografia e violenza, anche superstizione e religione (e il non aver mai voluto definire i confini tra le due lascia ampia discrezionalità alla polizia).
Oltre al regolamento da lei accennato, si sa di un documento segreto in otto punti, del 27 maggio 2004, concordato da vari enti dell’amministrazione centrale e coordinati dal Dipartimento della propaganda del Pcc, che raccomanda di intensificare la ricerca e la diffusione dell’ateismo marxista con tutti i mezzi, affermando che questo è necessario per rafforzare l’autorità del partito. Bisogna convenire che il moltiplicarsi di queste norme ne conferma la scarsa efficacia.
Il vicepresidente Zeng Qinghong avrebbe dichiarato che alcuni quadri ad alto livello hanno proposto di permettere alla fede religiosa e al credo comunista di convivere all’interno del partito; c’è chi ritiene che la fede religiosa può far si che la società sia armoniosa. Che significa? Esiste dunque una diversità di vedute circa il ruolo delle religioni persino dentro il sancta sanctorum del partito?
L’ammissione di Zeng Qinghong è significativa, in quanto mostra che anche tra i massimi dirigenti si osa ormai parlare di un’ipotesi che finora pareva improponibile. In realtà, il proposito ripetutamente affermato dal presidente Hu Jintao di voler privilegiare la costruzione di una «società armoniosa» in questa fase di tumultuosa crescita economica della società cinese non potrà realizzarsi se non si supera la patologica diffidenza verso il fatto religioso, che oggi da occasione a tante gratuite violenze.
Va ricordato che la Costituzione cinese all’art. 36 assicura a tutti i cittadini la «libertà di credenza religiosa». E il concedere anche ai membri del Pcc di godere di tutte le libertà costituzionali farebbe del partito al potere una guida più credibile per il popolo della Cina.