Il Mattino lunedì 14 settembre 2015
di Massimo Introvigne
L’assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi si tiene in Vaticano dal 4 al 25 ottobre sul tema della famiglia. Nei giorni scorsi abbiamo letto sui giornali notizie veramente straordinarie e titoli sparati in prima pagina su come il Sinodo si appresterebbe a rivoluzionare la dottrina della Chiesa in tema di famiglia, ammettendo il divorzio e aprendo perfino alle unioni omosessuali. Ma è proprio così?
Lo scopo vero del Sinodo, il Papa lo ripete ogni settimana, è riproporre la bellezza della famiglia a un mondo che sembra averla dimenticata. È vero che su alcuni temi esiste un dibattito su riforme da introdurre, con posizioni diverse tra i vescovi. Il tema più dibattuto è quello relativo ai divorziati risposati. Non è certo una novità che essi –su questo insisteva già Benedetto XVI – debbano essere accolti nelle comunità cristiane e invitati a partecipare alla vita parrocchiale.
In molte parrocchie nella pratica, come rivelano indagini sociologiche, i parroci non rifiutano loro la comunione, benché per la dottrina della Chiesa sia chiaro che il divorziato risposato non può essere ammesso all’eucarestia, a meno che si impegni a vivere la sua convivenza in castità.
Difronte a questa situazione alcuni, in occasione del Sinodo straordinario dell’ottobre 2014, convocato per preparare quello del 2015, si erano chiesti se non fosse opportuno enunciare principi chiari su quali limitate categorie di divorziati risposati potrebbero legittimamente essere ammesse all’eucarestia dopo un percorso penitenziale.
Si erano fatti esempi come quelli dell’uomo che, dopo una breve esperienza di matrimonio fallita, divorzia e si risposa civilmente con un’altra donna, da cui ha figli che educa in modo cristiano ed esemplare. Altri avevano obiettato che, anche in questi casi, ammettere i divorziati risposati alla comunione senza chiedere loro la castità renderebbe meno credibile la dottrina cattolica secondo cui il matrimonio è indissolubile.
Questa discussione seria è stata ridotta su alcuni media alla tesi, caricaturale, secondo cui la Chiesa si appresterebbe ad «ammettere il divorzio». Il Sinodo lavorerà su una traccia inviata da Papa Francesco ai vescovi nello scorso giugno, chiamata Instrumentum laboris. In questo testo è sottolineata con vigore la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio «indissolubile».
In tema di teoria del gender, si ricordano le critiche di Papa Francesco e si ricorda che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. Totale è la chiusura all’aborto. Il documento riprende l’invito ad accogliere i divorziati risposati nella comunità cristiana, di cui sono parte integrante. Ma questa accoglienza comporta l’accesso alla comunione sacramentale?
Il testo è cautissimo. Si dice che alcuni collegano un «itinerario di riconciliazione o via penitenziale» alla possibilità di accedere alla sola «comunione spirituale», quella di chi rimane seduto al suo banco e si comunica solo con la mente e con il cuore, che è cosa diversa dalla comunione sacramentale.
Si riferisce l’opinione di altri secondo cui si potrebbero concedere eccezioni in casi particolari, lasciando fermo il principio generale. Ma non si traggono conclusioni. La materia dell’omosessualità è limitata a due brevi paragrafi, che ribadiscono sia l’invito all’accoglienza delle persone omosessuali, sia la chiusura totale al «“matrimonio” fra persone dello stesso sesso» e alle adozioni.
Naturalmente è vero che al Sinodo si confronteranno posizioni diverse, in particolare sulle ipotesi dell’eucarestia cui ammettere certe categorie di divorziati risposati. Sarà un Sinodo moderno, dove prima ancora dell’apertura dei lavori chi ha opinioni più ferme sull’apertura o sulla chiusura a queste ipotesi si esprime attraverso i media, rilasciando interviste.
È di questi giorni una intervista «aperturista» ma cauta alla Civiltà Cattolica dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Schönborn, mentre vescovi africani – che sono meno conosciuti, ma sono numerosi, e al Sinodo conteranno – e anche italiani esprimono posizioni opposte. Alla fine, non deciderà il Sinodo ma il Papa, che pubblicherà nel 2016 una esortazione apostolica post-sinodale.
Attenzione, però. La questione dell’eucaristia da concedere o negare a certe categorie di divorziati risposati è importante, ma non è l’unica di cui si occuperanno il Sinodo e il Papa e neppure la prima. Il vero scopo del Sinodo è rilanciare il matrimonio e la famiglia in un momento in cui statistiche impietose mostrano che i matrimoni religiosi, e anche quelli civili, sono sempre meno frequenti, sostituiti da convivenze più o meno durature, e in molti Paesi più della metà dei matrimoni finisce in divorzio.
A coloro che sono tentati di dividersi in tifoserie e ridurre tutto al solito scontro nella Chiesa fra progressisti e conservatori mi sentirei di dire: non fatelo, rovinereste un Sinodo il cui vero scopo è riproporre la bellezza della famiglia alla Chiesa e al mondo