Pubblicata in Italia l’opera di Karl Binding e Alfred Hoche
di Lucetta Scaraffia
E’ stato tradotto in italiano, finalmente, il libro di Karl Binding e Alfred Hoche Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens («La liberalizzazione della soppressione della vita senza valore»), uscito in Germania nel 1920 (Precursori dello sterminio, Verona, Ombre Corte, 2012). Dico finalmente perché si tratta di un testo che segna uno spartiacque, suscitando molte e importanti riflessioni, solo in parte esplicitate dalla introduzione — molto concentrata sul piano giuridico — dei due curatori, Ernesto De Cristo-faro e Carlo Saletti, sulla storia del XX secolo.
Il libro rivela, infatti, con la fortuna goduta nella Germania della prima metà del Novecento — al momento dell’ascesa del nazismo la definizione di eutanasia della celebre enciclopedia Brockhaus si ispirava alla loro opera e li citava — che il pensiero eugenetico portato ai suoi esiti estremi era diffuso e condiviso anche prima dell’avvento al potere dei nazisti. E grazie a studiosi che nazisti non erano: il giurista Binding morì infatti nel 1920, e lo psichiatra Hoche (allievo di Ernst Haeckel, che portò in Germania l’evoluzionismo darwiniano) diede addirittura le dimissioni dall’università al momento della presa del potere da parte del nazismo.
Quindi, anche se i nazisti fecero poi un grande uso di questo testo diffondendone le tesi di base, si trattava di idee germinate in una cultura precedente: il darwinismo eugenista, molto in voga in quegli anni in Europa.
L’opera può essere letta come un testo irrimediabilmente superato, e legato all’ideologia nazista, se si sottolinea il tema, sviluppato soprattutto da Binding, del potere dello Stato sulle vite umane. Infatti, l’idea di popolo tedesco — concepito come unità etnologicamente omogenea, costituita da individui forti e in buona salute — assurge a soggetto potente a cui l’interesse d’ogni singola vita deve essere subordinato.
Ma è anche un testo molto attuale: nei saggi dei due autori lo strapotere dello Stato sull’individuo, senza dubbio presente, costituisce solo un tassello, ormai obsoleto, del ragionamento. Nei motivi addotti per giustificare — anzi, auspicare — l’eliminazione delle persone malate gravemente o affette da disturbi psichici ritroviamo idee e vocaboli in uso ancora oggi presso i fautori dell’eutanasia o della selezione dei feti.
Binding e Hoche, infatti, sostengono che non si può considerare vita in senso pieno quella di chi, a causa della malattia, è esposto a un’agonia dolorosa e senza speranza, o quella degli idioti incurabili, che trascinano esistenze senza scopo e utilità, imponendo alla comunità oneri di sostegno pesanti e inutili.
A proposito di queste persone, i due studiosi inventano una nuova definizione, che go-drà un grande successo anche ben oltre la sconfitta del nazismo: «vite non degne di essere vissute». Una definizione che spiana la strada all’eliminazione dei malati e degli inabili, permettendo che questi omicidi vengano giustificati con una motivazione moralmente apprezzabile: essi parlano infatti di «morte caritatevole» (Gnadentod).
Si tratta delle stesse parole che ritornano negli scritti di molti bioeticisti contemporanei, e di molti politici che sostengono proposte legislative di tipo eutanasico. Come scrivono i curatori nell’introduzione, «la nozione di vita come bene degno di tutela viene d’ora in avanti disancorata da qualunque postulato metafisico, da qualunque dogma giusnaturalistico, e condotta verso una semantica della concretezza e dell’immanenza: la vita ha valore in quanto essa procura piacere e si sottrae al dolore».
Questo libro, proprio per i suoi caratteri sinistramente attuali, dovrebbe dunque imbarazzare fortemente coloro che sostengono l’eutanasia pensando di non avere niente a che fare con il nazismo.
Hoche si rivela anche un rappresentante di quell’atteggiamento scientista — ancora oggi vivo — secondo il quale la scienza non sbaglia mai ed è quindi degna di fede come un dogma. Egli, infatti, proponendo l’eliminazione dei malati mentali, sostiene che la scienza medica del tempo è perfettamente in grado di stabilire, senza margine di errore, se un malato psichico è incurabile o no.
Disprezzo della vita umana imperfetta, sopravvalutazione delle capacità della scienza: ecco due atteggiamenti ancora fortemente presenti nel nostro tempo, a dimostrare che l’eugenetica è ancora viva, e non è stata liquidata insieme al passato nazista. Anche perché con quest’ultimo si identificava solo in parte. Come prova il libro di Binding e Hoche.