La Croce quotidiano 29 settembre 2016
La Cassazione tenta di “sdoganare” la prostituzione con una recente sentenza, che definisce l’attività di meretricio assimilabile al «lavoro autonomo se svolta in forma abituale». Ancora una volta la giurisprudenza “supera” le leggi ma, secondo molti, tassare significa abbandonare la donna a sé stessa. La libertà e la dignità, però, continuano a nostro parere a non avere prezzo. E la Chiesa la pensa allo stesso modo
di Giuseppe Brienza
«Il traffico di esseri umani, di organi, il lavoro forzato, la prostituzione sono schiavitù moderne e crimini contro l’umanità». Questo lo dice Papa Francesco in un tweet pubblicato nell’ultima “Giornata per la Commemorazione della tratta degli schiavi e della sua abolizione” (scorso 23 agosto). Per la Cassazione italiana, invece, l’attività di meretricio «è assimilabile al lavoro autonomo se svolta in forma abituale, ovvero rientra nella categoria dei “redditi diversi” se svolta, sempre autonomamente, ma in forma occasionale». Ancora una volta la Magistratura ha “superato” le leggi dello Stato, perché, evidentemente, è orami “oltre” la democrazia parlamentare.
La Corte di Cassazione, dunque, o meglio la sua Sezione Quinta, con la sentenza n. 15596 del 27 luglio scorso, ha tentato di “sdoganare” la prostituzione, guarda caso nello stesso momento storico nel quale, a livello parlamentare, sono state depositate diverse proposte volte a “legalizzare” il meretricio.
Attualmente, secondo i dati della “Walk Free Foundation”, sono circa 36 milioni gli esseri umani in tutto il mondo vittime della tratta o che vivono in condizioni di schiavitù, compresa la prostituzione. Secondo dati dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (Ilo), tale fenomeno procura agli sfruttatori un profitto di 150 miliardi di dollari all’anno. Proprio per queste entità del fenomeno Papa Bergoglio in diverse occasioni ha denunciato questa piaga della società contemporaneo arrivando a convocare nel 2015, in Vaticano, autorevoli esponenti di varie religioni e di altre confessioni cristiane per la firma di una dichiarazione congiunta contro ogni «moderna forma di schiavitù», in primo luogo prostituzione, lavoro forzato e traffico di organi.
Nei fori giudiziari nostrani, però, la sanno più lunga del Pontefice e di tutti gli esponenti religiosi del mondo e, alla Guardia di Finanza che ha eseguito una verifica fiscale nei confronti di una donna priva di dichiarazione dei redditi ma intestataria di numerose autovetture di lusso e appartamenti, ha risposto nella sentenza sopra citata che «la natura reddituale attribuita ex lege ai proventi delle attività illecite, con la conseguente tassabilità quali “redditi diversi”, comporta, a maggior ragione, che venga riconosciuta natura reddituale all’attività di prostituzione, di per sé priva di profili di illiceità (costituendo invece illecito penale ogni attività di favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione altrui a norma dell’art.3 della legge 20.2.1958 n.75)».
La compravendita del corpo umano, quindi, secondo la Cassazione, si configura addirittura come «attività parzialmente tutelata dallo stesso ordinamento civile che comprende la prestazione sessuale dietro corrispettivo nella categoria della obbligazione naturale, la quale, se non consente il diritto di azione, attribuisce alla persona che ha svolto l’attività di meretricio il diritto di ritenere legittimamente le somme ricevute in pagamento della prestazione (art.2035 cod.civ.)». A questo ha portato la “legge Merlin” che, negli anni Cinquanta, ponendo fine alle “case chiuse” ha di fatto depenalizzato l’esercizio della prostituzione (la legge che porta il nome della senatrice socialista è la n. 75 del 20 febbraio 1958). Con gli esiti sulla tratta e sulla riduzione in schiavitù che tutti conosciamo. Già don Oreste Benzi, fondatore profetico dell’Associazione-Comunità Papa Giovanni XXIII, ci ha messo in guardia contro ogni pretesa “libertà di prostituirsi” e contro presunte lavoratrici del sesso (sex workers). La schiera di operatori e volontari formati dal sacerdote riminese che ancora oggi è impegnata tanto del recupero delle prostitute quanto nella collaborazione con le autorità per stroncare i traffici internazionali, stanno a testimoniarci che «nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare» (don Oreste Benzi).
I dati dell’ultimo rapporto Unicef sui minori migranti, raccolti anche sulla base delle testimonianze dirette di operatori sociali italiani, ci raccontano per esempio di ragazze «aggredite sessualmente e costrette a prostituirsi mentre erano in Libia» prima della loro partenza, e poi regolarmente costrette al meretricio una volta arrivate in Europa (cit. in Minori non accompagnati. Allarme Unicef: “In Italia oltre 7mila”, in agenzia “Zenit”, 16 giugno 2016).
Non si tratta dunque di tassare i proventi dell’attività di prostituzione, quanto di porre fine del tutto a questo crimine. Peraltro, come di solito accade, la tassabilità del meretricio, che è propedeutica alla sua legalizzazione, è stata avallata a livello comunitario dalla Corte di giustizia delle Comunità Europee con una sentenza del 20 novembre del 2001, nella quale è gravemente affermato che «la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita la quale rientra nella nozione di attività economiche» (causa C-268/99).
La donna, come ha recentemente riconosciuto Miriam Rocca, docente di filosofia e Autrice del saggio “Rivestita di bellezza divina” (Tau Editrice 2016), può in effetti scegliere sì, ma solo nel senso di «dare verità al mondo o privarlo di essa. L’uomo dal canto suo è chiamato a trattare la donna come suo corpo, deve avere la consapevolezza che ella è sua controparte femminile, quindi con la sua stessa dignità. Femminicidi; mercificazione di uteri; nuove forme di sfruttamento; prostituzione, ecc., offendono non solo la donna, ma quello che è il progetto di Dio per l’uomo e per l’umanità intera» (cit. in Egidio Chiarella, La donna nel Mistero di Dio, in agenzia “Zenit”, 8 marzo 2016).
È quanto ci ha mostrato Santa Teresa di Calcutta, che nella sua prima casa di Calcutta accolse soprattutto giovani schiavi delle nuove dipendenze e prostitute, quasi tutte liberate dal giogo della schiavitù, spirituale e sociale. Un episodio significativo sulla concreta possibilità di redenzione di queste donne è stato rievocato di recente in occasione del convegno internazionale sul “Sacerdote, uomo di Misericordia”, organizzato 4 e 5 luglio 2016 nel Santuario di Lourdes per il giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. È la testimonianza di mons. Dominique Marie Jean You, vescovo di una diocesi brasiliana, che ha raccontato della visita di un suo parroco a delle prostitute di una “casa chiusa” della sua parrocchia.
Durante la festa domenicale, ha riferito il vescovo brasiliano, «alcune di quelle donne si sono recate in chiesa, tra lo sconcerto generale. Nel portare un’offerta simbolica, hanno spiegato: “Noi siamo state visitate come delle figlie, dunque siamo figlie di questa parrocchia e, come tali, vogliamo dare anche noi il nostro piccolo contributo per il bene della comunità”».
Nel ricordare quest’esempio, Monsignor You ha fatto un parallelo tra la condizione di queste donne e Bernadette Soubirous, la giovinetta francese alla quale la Vergine Maria apparve ben 17 volte in una grotta del suo paese natale nei Pirenei, tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858. Il parroco brasiliano di oggi ha saputo accogliere nella comunità le ragazze più dimenticate e emarginate della società, che gli hanno mostrato un segno di ravvedimento. Cercare di liberarle, invece che abbandonarle a sé stesse (persino tassandole…), non risponde all’atteggiamento della Madre di Dio che, nella Grotta di Massabielle, consegnò il suo Messaggio a quella che, per tutti, nel suo paesino non era considerata altro giovinetta “poco di buono”, la “petite merdeuse”, come la chiamavano. Dio ragiona così.