Corrispondenza Romana n.1085 del 28 marzo 2009
Riportiamo l’articolo del Prof. Roberto de Mattei pubblicato su “Radici Cristiane” n. 43, aprile 2009.
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Nella storia della Chiesa uno dei secoli più terribili fu il quarto, il secolo dell’arianesimo. L’Editto di Costantino del 313 aveva concesso libertà al Cristianesimo che rifioriva in tutte le regioni dell’Impero, quando esplose la prima grave crisi interna alla Chiesa, promossa dal presbitero Ario.
Ario minava alla radice il dogma centrale della nostra fede, affermando che il Verbo, seconda Persona della Santissima Trinità, non era uguale al Padre, ma creato da Lui, come termine medio tra Dio e l’uomo. Il Concilio di Nicea, riunitosi nel 325, condannò l’arianesimo, affermando che il Figlio di Dio, il Verbo, era “consustanziale” al Padre, uguale a Dio per sostanza e natura. L’arianesimo si diffuse però progressivamente e le tenebre dell’eresia calarono sul IV secolo. La fiaccola dell’ortodossia e della fedeltà alla Chiesa fu rappresentata da sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, che con la sua indomita resistenza all’arianesimo preservò dalla dissoluzione l’unità e l’integrità della fede cristiana.
Tra il “partito romano” di sant’Atanasio e quello degli ariani si fece strada però un “terzo partito”, quello dei “semi-ariani” che riconoscevano una certa analogia tra il Padre e il Figlio ma negavano che egli fosse «generato, non creato, della stessa sostanza del Padre», come affermava con chiarezza il credo di Nicea che ancora oggi recitiamo nelle nostre chiese. I semi-ariani accusavano i “niceni” di voler rinchiudere il Cristianesimo in formule troppo rigide, come quella del “consustanziale”, e accusavano sant’Atanasio di fanatismo e di intolleranza, oggi diremmo di mancanza di “spirito di dialogo” verso gli ariani.
San’Atanasio fu duramente perseguitato dai suoi stessi confratelli e per ben cinque volte, tra il 336 e il 366, fu costretto ad abbandonare la città di cui era vescovo, passando lunghi anni di esilio e di strenue lotte in difesa della fede. Papa Benedetto XVI, il 24 luglio 2007, ha affermato che la situazione della Chiesa dopo il concilio di Nicea era quella di un caos totale, ricordando le parole di san Basilio, che paragona quest’epoca a una battaglia navale nella notte, dove nessuno conosce più l’altro, ma tutti sono contro tutti. Spuntò finalmente l’alba e i cristiani riconobbero come dogma di fede la divinità del Figlio di Dio, in tutta la sua pienezza. Il semi-arianesimo scomparve come dottrina teologica, ma sopravvisse come atteggiamento psicologico di compromesso e di “negoziazione” con i nemici della Chiesa.
Di fronte alla Rivoluzione Francese, il Cattolicesimo si divise in due fronti: gli “intransigenti”, sostenuti dai Sommi Pontefici del XIX secolo, come il Beato Pio IX, affermarono l’incompatibilità tra i principi della Chiesa e quelli della Rivoluzione; i “liberali”, o “moderati” accettarono come un fatto irreversibile le dottrine contrarie, sognando la “conciliazione” tra la Chiesa e il mondo moderno nato dalla Rivoluzione.
La tattica era quella della “scomposizione” del pensiero avversario, rifiutandone una parte, ma accettando il veleno dell’altra. Così i “semi-ariani” dell’Ottocento distinguevano tra due Rivoluzioni, quella “liberale” del 1789 e quella “giacobina” del 1793, affermando che non con la seconda, ma con la prima, il Cattolicesimo avrebbe potuto trovare l’accordo.
Lo stesso accadde nel secolo successivo di fronte al marxismo. Accanto ai cattolici anticomunisti che lo combattevano a viso aperto, si formò il partito dei “semi-ariani” che si proponevano di realizzare uno storico “compromesso” tra la Chiesa e il comunismo, distinguendo tra la filosofia materialistica di Marx, che rifiutavano, e la sua analisi socio-politica, che giudicavano conciliabile con il Cristianesimo. Oggi semi-ariani sono, ad esempio, i cattolici filo-evoluzionisti, che cercano di conciliare il Cristianesimo con la teoria dell’evoluzione, utilizzando la solita tattica della “scomposizione”.
L’evoluzionismo è un insieme composto da una ipotesi scientifica, conosciuta come “teoria dell’evoluzione” e da un sistema filosofico, che possiamo definire evoluzionismo in senso stretto, per distinguerlo dalla teoria dell’evoluzione.
La teoria scientifica si riferisce alla serie di trasformazioni che avrebbero portato la vita dell’universo da strutture primordiali a strutture sempre più complesse: l’evoluzione delle specie attraverso la selezione naturale teorizzata da Darwin e dai suoi seguaci. La teoria filosofica è quella materialistica di un universo materiale in perenne mutamento secondo la formula della “trasformazione della quantità in qualità” elaborata da Friedrich Engels nella sua Dialettica della natura (1883). Teoria scientifica e teoria filosofica formano due aspetti distinti di un unico complesso, che hanno bisogno l’uno dell’altro per sopravvivere, e si sorreggono a vicenda.
L’ipotesi scientifica, che non è mai stata dimostrata, si nutre del sistema filosofico; la tesi filosofica, per giustificarsi, si fonda a sua volta sulla presunta teoria scientifica. Malgrado molti evoluzionisti ammettano il fallimento del darwinismo, non mancano i cattolici che accettano come scientifica la teoria dell’evoluzione, pur respingendone le implicazioni filosofiche materialistiche. I semi-ariani del IV secolo negoziavano con l’Imperatore Romano di Oriente; i semi-ariani dei nostri giorni negoziano con il potere politico e mediatico contemporaneo.
Benedetto XVI, nel discorso citato del 24 luglio 2007, ha paragonato i tempi successivi al Concilio Vaticano II a quelli posteriori al Concilio di Nicea: una dura battaglia nella notte. Non a caso, l’ultimo libro del cardinale Carlo Maria Martini, scritto a “quattro mani” con padre Georg Sporschill è intitolato Conversazioni notturne a Gerusalemme (Milano, 2008): si tratta di un manifesto semi-ariano, dal punto di vista teologico e morale, in cui si tenta di conciliare l’inconciliabile e della notte si fa l’apologia affermando che essa «è un momento di oscurità, di immaginazione», in cui «i sensi si affinano».
Oggi come ieri, la Chiesa ha bisogno di figure fulgide come sant’Atanasio che illuminino la notte e riconducano verso il porto sicuro dell’ortodossia la navicella di Pietro in balia delle onde e dei colpi che le provengono dall’interno più ancora che dal suo esterno.