Il Battesimo, un dono da riscoprire in parrocchia. Ma battezzare non basta: la comunità deve continuare a prendersi cura di loro. La storia di una famiglia cinese
Da Treviso Francesco Dal Mas
Incontriamo i cinesi Ianhua Xie, 37 anni, sua moglie Qinel, 39 anni, e il loro figlio Aniello di 13 all’uscita dal Duomo di Treviso dopo la solenne Messa dell’Epifania, presieduta dal vescovo Andrea Bruno Mazzocato.
Li accompagniamo in corteo, insieme a vietnamiti, latino-americani, ghanesi, nigeriani, ucraine, filippini, bambini in costume dello Sri Lanka accompagnati dai genitori verso la «Festa dei popoli» organizzata dalla Fondazione Migrantes. Ieri, dunque, l’Epifania; oggi, la festa del Battesimo del Signore. Una solennità che invita ciascun credente e l’intera comunità a riflettere sul dono e la responsabilità del sacramento.
Nuova vita a Treviso
Gli Xie, marito e moglie, hanno ricevuto il Battesimo la scorsa Pasqua, in cattedrale a Treviso; la domenica successiva il loro figlio, in parrocchia a Fossalta di Piave. Domenica scorsa padre Pietro Iian – il parroco dei cinesi in diocesi di Treviso – è stato a Fossalta, insieme a don Francesco Pavin, animatore da anni della comunità asiatica, e al diacono Franco Filibutti che ha sostenuto il catecumenato della famiglia per rinnovare le promesse battesimali del gruppo, davanti alla comunità parrocchiale.
«È importante che i convertiti o comunque i battezzati siano seguiti anche dopo aver ricevuto i sacramenti – spiega Filibutti – perché si constata che, in caso contrario, un terzo abbandona la frequenza alla Chiesa. Non solo, la fede va comunque rinforzata». Lo conferma anche il sacerdote cinese, che infatti celebra ogni quindici giorni la Messa in lingua, svolge molteplici attività pastorali e soprattutto ha frequenti incontri con i suoi parrocchiani. «Nell’ultimo anno – fa sapere con soddisfazione – abbiamo portato al fonte battesimale sei cinesi, di età diverse; l’ultimo nei giorni scorsi qui a Treviso, nella parrocchia di don Bonomo».
«Viviamo il Battesimo come un grande dono – testimoniano Ianhua e sua moglie Qinel – . Ci sentiamo di appartenere ad una grande famiglia, la Chiesa, che ci accoglie come figli e dove abbiamo modo di incontrare molti fratelli che ci vogliono bene. Veniamo infatti da una terra dove le relazioni non sono coltivate, perché regna solo il sospetto. Ci portiamo dietro, di buono, l’amore per i nostri vecchi. Apprezziamo di più il valore della vita. Abbiamo tre figli, ma nelle nostre condizioni si trovano numerose altre coppie di connazionali, che arrivano, in taluni casi, anche a cinque o sei figli».
Gli Xie fanno frequentare al loro figlio l’ora di religione a scuola. «È un bell’esempio – riconosce il vescovo Andrea Bruno Mazzocato -; so che si comportano allo stesso modo la maggior parte delle famiglie cattoliche straniere. Vorrei che tutti i genitori acconsentissero all’insegnamento della religione ai loro figli». Un invito formale in tal senso è stato diffuso anche dall’Ufficio scuola della diocesi veneta. Il Battesimo è il primo passo per far parte della vita della Chiesa.
Ed ecco un altro appello del vescovo Mazzocato: «Mi piacerebbe che anche le famiglie cristiane tra gli immigrati entrassero attivamente nella vita della diocesi», partecipando anche ad attività pastorali e ai vari organismi ecclesiali.