Nello sconvolgente film di Romuald Karmakar le prediche islamiste della moschea tedesca dove il commando terrorista dell’11 settembre si addestrava all’odio. Nel cuore dell’Europa
di Vito Punzi
L’opera propone, secondo un metodo documentaristico caro al regista, la lettura in studio (il film dura più di due ore) da parte dell’attore Manfred Zapatka di due prediche intrise d’odio verso l’Occidente pronunciate nel gennaio 2000 da Mohammed al Fazazi, imam della moschea al Quds di Amburgo.
Di quei sermoni registrati clandestinamente da una persona rimasta comprensibilmente ignota e poi tradotti dall’arabo, Karmakar ha voluto diffondere il contenuto. Un contenuto sconvolgente, non solo per l’odio che gronda da quelle parole, ma anche perché, come sottolinea lo stesso regista, quelle dichiarazioni di guerra all’Occidente risalgono a ben prima degli attentati dell’11 settembre.
Tanto più che – come si è saputo in seguito – tre dei quattro attentatori delle Torri gemelle (Mohammed Atta, Ziad Samir al Jarra e Marwan al Shehhi) erano regolari frequentatori della citata moschea amburghese, con frequenti contatti personali con al Fazizi, esponente di primo piano del salafismo.
Rifugiatosi in Marocco, l’imam ha subito successivamente una condanna a 30 anni quale artefice spirituale degli attentati del maggio 2003 a Casablanca.
Il film di Karmakar, per quanto costituito di solo parlato, rappresenta un’efficace testimonianza della paranoica propaganda d’odio di cui certo islam è capace. Eppure, come detto, nella stessa Germania il film è stato richiesto da pochissime sale. Qualche domanda è arrivata dalla Francia, mentre in Italia non sembra esserci un distributore disposto a promuoverlo.
Lo stesso atteggiamento tenuto da molti organi di stampa, come testimonia lo stesso regista, sembra volerlo in qualche modo censurare. «Alcuni media – racconta Karmakar – sostengono che, riproducendo prediche risalenti al 2000, il film non risulta portatore di novità, come se in tema di terrorismo islamico si dovesse rincorrere l’ultima notizia.
Un argomento, questo, che se l’oggetto fosse il nazionalsocialismo certo non reggerebbe. Di fatto, se si leggono poi i testi di Sayyid Qutb, risalenti agli anni Cinquanta, ci si rende conto facilmente di quante analogie vi siano. I testi dei fondamentalisti islamici si rimandano continuamente l’un l’altro. Dunque questi testi non invecchiano. Un altro errore diffuso nell’opinione pubblica è quello di pensare che l’islam terroristico non possegga un retroterra».
Intorno a questo inquietante film-documentario si sta registrando un diffuso disinteresse. In Germania ci sono state proiezioni in anteprima in cinque grandi città e la stessa reazione del pubblico è stata contraddittoria.
«Tra coloro che l’hanno visto, da alcuni è stato percepito come qualcosa che rischia di porsi come ostacolo al dialogo con l’islam», afferma ancora Karmakar. «Come se, come mi ha raccontato una spettatrice, prendere atto e rifiutare questo fondamentalismo significasse essere considerati come oppositori al dialogo. Eppure si tratta di un documento, di un contesto preciso, di un certo islam ben identificabile. Si concederà almeno che attraverso questo film non ho voluto lanciare generiche accuse ad alcuno».
(A.C. Valdera)