I guasti del totalitarismo pedagogico
di Camillo Langone
Il ministro francese dell’educazione nazionale, che già basta la definizione per ricordarsi di Orwell, se non proprio di Mussolini o Stalin, ha dichiarato: «Farò tornare la morale a scuola». Detta cosi può sembrare una cosa giusta, sarebbe stato più immediatamente preoccupante se avesse affermato di voler diffondere tra i banchi l’immoralità.
Ma il diavolo come sempre si annida nei dettagli: «Poco importa il metodo, purché il professore trasmetta un certo numero di valori». A parte l’indifferenza tìpicamente machiavellica nei confronti dei mezzi, a colpire è la confusione sui fini Quali saranno mai questi benedetti valori in una società fieramente laica ergo atea come quella francese? Se non sono ricavati dal Decalogo, da quale testo verranno estratti? All’uopo si organizzeranno sondaggi, consultazioni, comitati? E si deciderà a maggioranza? E i valori della minoranza che fine faranno?
Tempo addietro proprio un francese, anzi il massimo scrittore francese (Michel Houellebecq), ha definito «valori superiori, la cui scomparsa costituirebbe una tragedia» l’altruismo, l’amore, la compassione, la fedeltà, la dolcezza: una bella panoramica su cui tutti o quasi tutti, francesi e pure italiani, si direbbero d’accordo. Molti però cambierebbero idea qualora si precisasse il significato delle parole.
Non credo proprio, ad esempio, che l’altruismo sia compatibile con l’aborto: nessuno, neanche Emma Bonino, può spingersi a definire l’uccisione dì un feto un grande atto di generosità. L’aborto ha tante ragioni, tante motivazioni: l’altruismo però no.
E la fedeltà? In una repubblica il cui presidente ha avuto tre mogli? L’ultima della quali si chiama Carla Bruni, sì, proprio lei, l’avvenente teorica della coppia aperta, apertissima, spalancata: «La fedeltà è una forma di pazzia».
Ecco, se fossi in quel ministro, e ci tenessi alla poltrona, lascerei perdere anche il valore-fedeltà. Se la pedagogia pubblica francese risulta poco chiara, quella svizzera lo è anche troppo. A partire dal nuovo anno scolastico, ai bambini degli asili di Basilea verranno impartite lezioni con una Sex Box, una scatola del sesso piena di oggettini erotici, affinchè imparino quanto sia piacevole toccarsi. No, non è uno scherzo di cattivo gusto e anche qui c’è in ballo un ministro dell’educazione che però stavolta non è nazionale, è cantonale.
Che dopo le reazioni furibonde dei genitori abbia intuito di aver preso una cantonata? Manco per idea: «Ci atterremo al nostro obiettivo: far capire ai bambini che la sessualità è qualcosa di naturale». Nessuna possibilità di esenzione, magari l’educazione religiosa è facoltativa ma quella sessuale è obbligatoria. Io piuttosto renderei obbligatorio (ma non per i bambini, per gli insegnanti) Io studio dell’opera di Milosz, lo scrittore polacco Nobel per la letteratura che aveva capito tutto: «L’abbattimento di ogni barriera in questa nostra società permissiva si riduce essenzialmente al dominio del sesso».
Grazie alla magica scatoletta, inno alla masturbazione precoce, i bambini di Basilea già a cinque anni verranno consegnati al dominio dei propri istinti sessuali mentre i genitori verranno confinati in una totale, umiliante impotenza educativa. Potranno solo pregare affinchè si realizzi il Vangelo di Marco: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare».
A Basilea il mare non c’è ma fa lo stesso, anche il fiume Reno è abbastanza profondo.