Il Giornale nuovo 4 novembre 1982
In Usa impazziscono per i Van Halen, feroci cultori dell’eccesso. Il loro leader è David Lee Roth, diavolo in pelle di pitone Blasfemi e maleducati in scena, nel «privato» sono ancor peggio Alberghi distrutti e folli orge notturne con «fans» scatenate
Silvia Kramar
New York, 3 novembre.
Il nome può suonare mellifluo, ingannevolmente gentile, melodico, ma a conoscerlo bene il complesso dei Van Halen è senza dubbio la banda musicale più feroce della storia americana del rock.
In questo momento di netto recesso della popolarità del loro genere musicale i Van Halen, unici negli Stati Uniti, hanno deciso di intraprendere una tournée musicale attraverso 80 città americane. Di arena in arena, da un palcoscenico «outdoor» ad un night club piuttosto privé, i quattro musicisti hanno trovata una clamorosa accoglienza di pubblico accorso in parte per la loro musica ma soprattutto per la sensazionale atmosfera offerta dallo show dei Van Halen, un magico rituale dell’eccesso, della violenza, dell’aggressività.
Il capobanda, David Lee Roth, un angelo biondo con il viso michelangiolesco incorniciato da una lunghissima massa di capelli frisé, si trasforma sul palcosenico in un demoniaco predicatore del male, un lurido bestemmiatore del kitsch canoro.
A Detroit, durante una recente serata, davanti a 1200 spettatori Roth, le mani occupate da un microfono e da una bottiglia semivuota di «Jack Daniels», si è fatto letteralmente assalire da una fan che nella furia è riuscita a strappare di dosso al cantante la calzamaglia in finta pelle di pitone, segno distintivo del suo personaggio. Personaggio che per tutta risposta, dopo avere baciato la sua ammiratrice prima che questa venisse strappata a forza dalle guardie del corpo, si è rivolto al pubblico ricordando che «erano riuniti in questa speciale occasione per festeggiare sesso, droga e rock and roll».
Lo seguono a brevissima distanza in questa follia musicale gli altri membri del complesso. Michael Anthony il bassista ed il batterista Alex Van Halen fanno del loro meglio per propinare al pubblico suoni e frastuoni musicali degni della loro cattiva fama. Il 25enne Eddie Van Halen, il più giovane del gruppo, è stato recentemente soprannominato il principe regnante della chitarra elettrica dal guru pop Frank Zappa.
A sentirli, la loro fortunata carriera è nata grazie all’idea di proporre un complesso maleducato, blasfemo, dal pessimo comportamento di scena.
Fuor di metafora, un complesso cafone, burino, disgustoso. David Roth, in questo senso il peggiore dei Van Halen, possiede un innato talento per la distruzione. Non vi è albergo, motel o ristorante alcuno i cui gestori non siano costretti ad inseguire i musicisti attraverso gli Sfati Uniti con salati conti per danni che variano da porte scardinate e ridotte ad infinitesimali listerelle di legno, a lampadari fulminati, cibo avariato lasciato per giorni interi sotto letti o divani, tappezzerie strappate.
Quando il gruppo Van Halen — un circo clownesco composto di quasi 60 tecnici del suono e delle luci, segretari e gorilla e 10 guardie del corpo nane — invade un albergo viene immediatamente ordinato il coprifuoco: a nessuno è permesso entrare nelle loro stanze fino a nuovo ordine.
«Ci piace trasformare le nostre case ambulanti in esotiche libagioni e paradisi del perverso», ha confessato Van Halen, il quale seleziona personalmente il pubblico femminile a cui verrà concesso di invadere, alla fine dello show, i camerini dei cantanti. Dai camerini ai corridoi dell’albergo il passo è corto. Avviene così che verso le prime ore del mattino decine di fans in minigonna, jeans attillatissimi, scollature vertiginose e tacchi alti, invadano le stanze delle quattro star per dare vita al vero show che ha reso famoso il gruppo dei Van Halen.