Abstract: sinistre in piazza a Roma con le bandiere dei terroristi islamici. Per capire come è potuta avvenire una simile “unione” bisogna leggere il comunista convertito alla Jihad e il dissidente sovietico che scrisse: “È guerra alla civiltà giudaico-cristiana”. oggi siamo all’atto finale di questa lunga guerra contro l’Occidente. Ha ragione Galli della Loggia: viviamo in un mondo irriconoscibile
Newsletter di Giulio Meotti 7 Ottobre 2024
Una mattina mi son svegliato,
oh inshallah inshallah inshallahllahllah
Per capire come siamo finiti con le bandiere dei terroristi a Roma bisogna leggere il comunista convertito alla Jihad e il dissidente sovietico che scrisse: “È guerra alla civiltà giudaico-cristiana”
di Giulio Meotti
Una manifestazione a Roma che inneggia a Hamas e Hezbollah. Vedere le bandiere col fucile e il Corano nella capitale fa una certa impressione.
Ma ancora di più queste strane ragazze vestite di rosa, che Hamas impalerebbe senza pensarci due volte come ha fatto alle israeliane il 7 ottobre, e che brandivano cartelli con scritto: “Il 7 ottobre non è terrorismo, ma resistenza”.
Chi era? Una studentessa universitaria? Una precaria della scuola? Una dei Cobas? Sembrava comunque uscita dall’ultima polemica del romanziere algerino Kamel Daoud: “Nella loro tragedia ai margini del mondo utile, le donne afghane non riproducono l’effetto dei decolonizzati, che vogliamo rivedere nella guerra tra Israele e Hamas. Le donne afghane non vengono velate dagli ebrei. Preferiamo il decolonizzato, i decolonizzatori, il decoloniale e le sue posizioni. In Occidente, il neofemminismo ha deciso e individuato quali saranno i suoi clienti elettorali. Da tempo è giunta alla conclusione che i ‘campi di cotone’ della sua comunità sono dalla parte dei musulmani e degli islamisti”.
Il quotidiano comunista il manifesto intanto ieri ha “celebrato” il ricordo del 7 ottobre così: “Vigilia di sangue”, osceno rovesciamento della realtà.
A Londra nelle stesse ore si marciava al grido di “Io amo Hezbollah”. E a Parigi la sinistra in Parlamento dichiara “Hezbollah una componente del popolo libanese”.
Ha ragione Ayaan Hirsi Ali, che su Unherd scrive: “L’islamismo sta conquistando l’Occidente dall’interno”. “Hamas non vuole una Palestina libera ma uno Stato della sharia” scrive il romanziere olandese Leon de Winter. “Prima tocca a Israele, poi all’Europa”.
E l’islamizzazione continua…
Il consiglio comunale di Preston, 122.000 abitanti in Inghilterra, ha appena concesso alla moschea Masjid-e-Salaam di utilizzare gli altoparlanti. La moschea emetterà tre chiamate alla preghiera, la prima alle 6 del mattino.
E non vale soltanto per i compagni di “Bella ciao” schierati con la Jihad, riguarda anche le preghiere islamiche: una mattina mi son svegliato, oh inshallah inshallah inshallahllahllah…a Duisburg, a Goteborg, a Colonia, a Wuppertal, a Barcellona, a Stoccolma, a Londra e East London, a Lione, a Birmingham, a Oslo, a Berlino, a Bradford, a Utrecht e ad Amsterdam.
Il celebre romanziere Michel Houellebecq è andato a una manifestazione filo-palestinese a Parigi per vedere con i suoi occhi se le immagini dei raduni che apparivano sui canali tv fossero rappresentative. Si aspettava di incontrare uomini barbuti, fondamentalisti della sharia, che non sopportano la vista di una donna senza velo. Invece c’erano solo “bobo”, borghesi-bohemien, i suoi amici di sinistra, progressisti, confessa l’autore di Sottomissione e Serotonina. Houellebecq non pensava di trovare gli “uomini di sinistra”, i suoi ex compagni al liceo e sui banchi dell’università, a sostenere Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. Houellebecq parla di “masochismo suicida occidentale” le cui cause profonde “sono da ricercare più nella parte di Freud che nella parte di Marx”.
Ma ci sbaglieremmo a pensare che sono una minoranza. Saranno la nuova maggioranza.
I giovani inglesi sono per Hamas dopo il massacro del 7 ottobre, secondo un nuovo sondaggio di YouGov. Il 16 per cento dei giovani inglesi ritiene che il massacro sia giustificato. E si arriva a oltre un quarto, il 28 per cento, dei britannici “molto di sinistra”.
La maggior parte dei giovani americani dice che Israele dovrebbe “essere abolito e dato ad Hamas”, secondo un sondaggio scioccante Harvard-Harris, che ha rilevato che il 51 per cento degli americani tra i 18 e i 24 anni ha affermato di credere all’“abolizione di Israele e la sua consegna ad Hamas”.
Sono percentuali pazzesche replicabili, a diverso grado, in tutti i paesi occidentali. Il professore della prestigiosa Cornell University che aveva definito il 7 ottobre “eccitante” è appena tornato al lavoro senza sanzioni.
Come ci siamo arrivati lo spiega Pascal Bruckner sull’ultimo City Journal: “L’Islam radicale è diventato l’ultima grande narrazione politica di sinistra, sostituendo il comunismo e il terzomondismo. Lo shaheed, il jihadista, il martire di Hamas o di al Qaida sostituisce il proletario, il guerrigliero, il bolscevico. Gli adepti della Mezzaluna porteranno la Rivoluzione”.
Si potrebbe parlare di loro, del corpo in cancrena della società occidentale che si mette in volto la bandiera di Hezbollah. Li si potrebbe liquidare con una battuta: “Dal Libano arriva la notizia che il prossimo leader di Hezbollah sarà scelto tra i manifestanti di Roma”.
Invece si dovrebbe parlare del loro padrino.
“Sono stato il primo straniero a unirsi alla lotta palestinese”.
Questo è il messaggio che Carlos lo Sciacallo consegna ai registi israeliani Danny Liber e Yaron Niski, autore di Enemies. Sono riusciti a fare una serie di interviste con Carlos dalla sua cella a Parigi, dove sconta l’ergastolo. Carlos è sì un narcisista maligno famoso per i suoi atti terroristici negli anni ’70 e ’80 al servizio della causa palestinese, iraniana e sovietica. Ma è anche l’emblema di un mutamento spaventoso nell’antropologia occidentale.
Nato nel 1949, Carlos racconta di essere cresciuto in una famiglia benestante di Caracas, in una villa con servitù e piscina. Suo padre era un avvocato di successo, ma era anche comunista.
In una parte del documentario si vedono i manifestanti marciare con un cartello che dice “Dal Vietnam alla Palestina, una guerra, molti fronti” e un commentatore sottolinea che, come i manifestanti universitari di oggi, volevano vedere uno stato palestinese che si estendesse dal fiume al mare, senza ebrei da nessuna parte. Studiando in un collegio di alto livello a Londra, Carlos era noto per essere un tipo elegante e suo padre, temendo che si stesse corrompendo, lo mandò a studiare a Mosca alla Patrice Lumumba University, la stessa dove il capo dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, ha scritto la sua tesi di dottorato negazionista sulla Shoah.
“Mi chiamo Ilich Ramírez Sánchez e i media mi chiamano Carlos lo Sciacallo. Credo in Allah, sono un musulmano sunnita. Credo nell’obiettivo della Palestina. Sono stato il primo non arabo a unirsi alla lotta palestinese. Ho ucciso almeno 83 persone io stesso e tra 1.500 e 2.000 sono state uccise su mio ordine. Il mio nome palestinese è Saleem Muhammad”.
E cosi’ verso la fine degli anni ’70, Carlos trova Allah e si mette al servizio (pagato) di Khomeini, creando una sua “cellula” con base a Parigi. Pubblica un libro intitolato Islam rivoluzionario, in cui esprime ammirazione sia per la Repubblica islamica dell’Iran che per Osama bin Laden e che avrebbe dovuto essere studiato da tutti i politologi se non fosse stato sottoposto a censura perché esprimeva chiaramente le velleità islamico-terroristiche condivise dai rossi.
Carlos esorta “tutti i rivoluzionari, compresi quelli di sinistra, anche gli atei” ad accettare la leadership degli islamisti perché essi rappresentano, dato il crollo dell’Unione Sovietica, l’unica “forza transnazionale in grado di opporsi all’asservimento delle nazioni”. E ancora: “La rivoluzione è oggi, prima di tutto, islamica. L’islam e il marxismo-leninismo sono le due scuole di pensiero in cui ho concentrato il meglio delle mie analisi”. Carlos ne fa anche una questione spirituale. “Gli ultimi europei, che hanno mantenuto l’orgoglio delle loro origini, coloro che sono ancora fedeli all’eredità dei loro padri, verranno ad abbracciare l’Islam”.
Ormai per vederli basta uscire di casa, a Piramide a Roma o in piazza San Babila a Milano o a Piccadilly Circus a Londra.
E nel Mondo Nuovo di Carlos in cui viviamo, le bandiere con il fucile e il Corano fanno il paio con le raggelanti immagini in Piazza dei Mirti, piazza centrale del popolare quartiere romano di Centocelle, dove maschi islamici pregano liberamente inginocchiati e le donne in un recinto, chiuso da teli che impediscono di guardare i familiari in preghiera.
La moglie di Carlos, Isabelle Coutant-Peyre, scomparsa lo scorso aprile, è l’avvocato difensore dell’estremista islamico Youssouf Fofana, il capo della “banda dei barbari” che nel 2006 ha rapito, torturato e ucciso il 23enne ebreo Ilan Halimi. Il corpo di Ilan venne ritrovato, nudo e straziato, bruciato in quasi tutto il corpo, a Bobigny, fuori Parigi. Peyre è stata anche l’avvocato, l’amica e la grande sostenitrice, del filosofo Roger Garaudy, il filosofo comunista, prima cattolico e poi islamico, devoto al khomeinismo, che tornò dal pellegrinaggio alla Mecca con il nome di “Ragaa Garaudy” e invitato alle parate militari per le strade di Teheran accanto a Khamenei.
Il socio di Coutant-Peyre è Jacques Vergès, il famoso avvocato, anche lui di Carlos, di Garaudy e di Georges Ibrahim Abdallah, capo della Frazione armata rivoluzionaria libanese (Farl) per l’Europa. Come Carlos, Vergès si è convertito all’Islam.
Per questi ideologi, la terzomondializzazione e islamizzazione dell’Europa offre occasioni storiche che possono condurre più rapidamente alla costruzione di una società senza identità e senza classi.
Siamo alla vertigine dell’islamogoscismo. Il livello di compromissione è tale che il comune di Bobigny, dove è stato rapito e ucciso Halimi, ha assunto Lynda Benakouche, la compagna di Jean-Christophe Soumbou, condannato a 18 anni di carcere per il rapimento e l’uccisione di Halimi. Il sindaco di Bobigny ha firmato un contratto di locazione per una delle tante moschea a 1 euro simbolico. In pratica hanno regalato la città agli islamisti. A Bobigny ha aperto la nuova Grande Moschea, perché quelle che c’erano non bastavano: il 30 per cento della popolazione già oggi è musulmana.
Ma per capire da dove vengono bisogna leggere quanto scriveva l’uomo che Carlos lo Sciacallo provò a uccidere.
Ion Mihai Pacepa aveva una taglia di quattro milioni di dollari sulla testa. All’inizio degli anni ’80, quando era braccato da Carlos, un pomeriggio gli agenti federali americani arrivarono a casa sua ad Annapolis e gli dissero che aveva mezzo’ra per fare le valigie e andarsene. Cambiò città, nome e scomparve. Da alto funzionario della Securitate, il servizio di intelligence rumeno, Pacepa era stato il funzionario di più alto rango comunista a disertare in Occidente.
Era sempre al fianco di Ceausescu, lo portava da Khrushchev, Mao e Castro. Ma a poco a poco, però, arrivò ad aborrire la crudeltà di un sistema comunista che aveva contribuito a costruire. Descriverà Ceausescu come un “macellaio” e un “vestito vuoto”.
Nel 1978, Pacepa fu inviato da Ceausescu nella Germania Ovest per consegnare una lettera al cancelliere Helmut Schmidt. Ma si diresse all’ambasciata americana a Bonn. All’ingresso disse al marine chi era e che intendeva disertare. Il marine, non avendo mai sentito parlare di lui, gli disse di mettersi in fondo alla fila. Quando arrivò il suo turno, Pacepa fu portato dall’ambasciatore, che si rese subito conto chi aveva di fronte. La defezione causò a Ceausescu un esaurimento nervoso. Quando atterrò alla base dell’aeronautica militare di Andrews pochi giorni dopo, Pacepa divenne uno dei funzionari più preziosi a fuggire dal blocco sovietico durante la Guerra Fredda.
In una lettera alla figlia Dana, Pacepa aveva spiegato le ragioni del tradimento: “Nel 1978 ricevetti l’ordine di uccidere Noel Bernard, il direttore del programma romeno di Radio Free Europe, perché aveva fatto infuriare Ceausescu. Decisi che se dovevo scegliere fra essere un buon padre o un criminale politico e conoscendoti, Dana, so che avresti preferito non avere alcun padre se fosse stato anche un assassino”. Ceausescu si vendicherà il 21 febbraio 1980, facendo saltare in aria la sede di Radio Free Europe a Monaco di Baviera durante una trasmissione in cui si trasmettevano notizie sulla fuga di Pacepa.
Pacepa racconterà tutta la disinformazione sovietica. Di come il Cremlino usasse i movimenti pacifisti europei cristiani per influenzare l’opinione pubblica in Occidente. A Praga il Kgb finanzia la nascita della Christian Peace Conference, “il cui scopo è diffondere la teologia della liberazione in America latina”. Poi è la volta del World Peace Council, che nel 1989 ammetterà il finanziamento da parte di Mosca. Pacepa dettaglia i finanziamenti sovietici alla “teologia della liberazione”, una alleanza fra guerriglia e “preti poveri”, devozione folcloristica e socialismo cristianeggiante.
“Nel 1959 sentii con le mie orecchie Nikita Kruscev dire che ‘la religione è l’oppio dei popoli, così diamo loro l’oppio’”. E ancora: “Nel febbraio 1960, Kruscev approvò un piano segreto per distruggere l’autorità morale del Vaticano nell’Europa occidentale”. Poi i Protocolli dei Savi anziani di Sion, il più grande falso antisemita della storia. Pacepa rivela che Yuri Andropov, capo del Kgb per quindici anni prima di diventare presidente dell’Unione sovietica, ordinò di inviare nel mondo arabo-islamico decine di migliaia di copie del celebre falso per sobillare le masse contro lo stato d’Israele. Nel 1972 Pacepa in persona ricevette la traduzione in arabo dei “Protocolli” dalle mani del Kgb. “Sotto il mio comando in Romania, ogni mese la polizia segreta disseminava migliaia di copie nella sua sfera di influenza nel mondo islamico”, scrive Pacepa nel libro. “Negli incontri con le mie controparti ungheresi e bulgare, scoprii che anche loro facevano lo stesso”.Scrive Pacepa che “secondo Andropov, il mondo islamico era un laboratorio in cui il Kgb poteva coltivare un virulento odio antiamericano e antisraeliano, cresciuto dal batterio del pensiero marxista-leninista”.
Scriverà Pacepa: “Fu una crociata contro la civiltà giudaico-cristiana”.
A Roma, l’organizzazione Setteottobre domenica ha organizzato una giornata importante. Di tutti gli interventi, quello che mi ha colpito di più è stato quello di Ernesto Galli della Loggia, intellettuale, storico ed editorialista del Corriere della Sera, che ha detto: “Il 7 ottobre ha mostrato la radicalità delle fratture nelle nostre vite. Vedevamo le crepe, ma non ne comprendevamo l’ampiezza. Prima del 7 ottobre pensavamo di essere la maggioranza, il senso comune, che i nostri valori e ricordi fossero quelli della nostra società, che i nostri ricordi fossero quelli dei nostri figli. Non è così. Siamo una minoranza. Cosa è successo? Che il passato delle democrazie era cambiato, che la data di inizio fissata per anni non era il 1945, quando l’Europa cominciò a capire che il suo futuro di libertà la obbligava alla lotta contro il totalitarismo e l’antisemitismo. Quella consapevolezza aveva fissato il nostro debito con l’ebraismo. Il 7 ottobre ci ha fatto capire che la nuova data di inizio è il Sessantotto, la data della rivolta contro quel passato e tutto quello che quel passato rappresentava quei valori liberali-borghesi. E di questo mutamento Israele e l’ebraismo ne fanno le spese, il Sessantotto cancella il rapporto con entrambi. La seconda frattura che ci porta a essere una minoranza è la fine del cristianesimo come dato religioso e che ha determinato l’antropologia europea, il modo di pensare occidentale. La cancellazione virtuale del protestantesimo, ormai inesistente, e la trasformazione della Chiesa cattolica in una ong progressista orientata al politicamente corretto. E così Gesù, da ebreo, è diventato palestinese. Oggi siamo tutti felicemente atei o agnostici e questo significa che svanisce il legame rappresentato nella nostra cultura dal retaggio giudaico-cristiano che a lungo, nel bene e nel male, ha rappresentato un dato vitale del nostro essere. Non abbiamo più alcun rapporto con il passato. Ci siamo disfatti della nostra storia, le società in cui abitiamo sembra che non sappia più cosa farsene, della storia e della religione. E rifiutano il realismo e il pessimismo che quella storia ci avevano insegnato, non c’è più il male e non ci sono più nemici. Così il 7 ottobre non è stato un pogrom ma una rivolta anticoloniale”.
Con il nuovo impressionante tracollo nell’islamogoscismo, le strade invase dal Corano e dal fucile, oggi siamo all’atto finale di questa lunga guerra contro l’Occidente. E ha ragione Galli della Loggia: dal 7 ottobre viviamo in un mondo irriconoscibile.
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