Com’è possibile che gruppi e movimentini le cui idee sono state sconfitte dalla storia possano ancora riscuotere dei consensi – seppur minimi – dal punto di vista elettorale? Semplice: continuano ad essere beneficiari del “soccorso rosso” sono sempre presenti nelle trasmissioni e sui media. E intanto mentre dall’assemblea del 24 novembre molti si aspettano lo scioglimento di Liberi e Uguali, Roberto Speranza annuncia la nascita il 16 dicembre a Roma di una “nuova forza rosso-verde”
di Mauro Rotellini
Ringraziamo il Linkiesta che ci ha fatto la storia de “Le mirabolanti scissioni della sinistra” (9 ottobre 2018). Dà divertimento rivedere tutti gruppetti, gruppettini, gruppuscoli che nascono a sinistra e si affastellano uno sull’altro rivendicando chissà quali novità interpretative o soluzioni innovative.
Dà divertimento, ma fa scorrere anche un brivido sulla schiena perché pone il problema del funzionamento della democrazia. Com’è possibile che persone le cui idee sono sconfitte dalla storia e che non hanno mai portato alcun vantaggio alla Nazione possano ancora riscuotere dei consensi – seppur minimi – dal punto di vista elettorale?
Se il ruolo che questi partiti hanno svolto nell’agone politico-parlamentare è stato solo quello di una perpetua opposizione, di una continua guerriglia contro le idee che i vari esponenti al governo hanno cercato di realizzare, per quale motivo qualcuno gli accorda il proprio voto?
Se – come dice Stefano Fassina – abbiamo dovuto aspettare un governo giallo-verde per trovare in una manovra misure che lui avrebbe sempre voluto sostenere, perché quando questi partiti hanno avuto la possibilità di influenzare le cose queste misure non ci sono state?
Ma ecco il perché questi gruppuscoli hanno ancora così tanto spazio nella vita politica italiana: continuano ad essere presenti nelle trasmissioni e trovano spazio nei media. Si dirà che il loro punto di vista fornisce almeno un che di non assonante col Pensiero unico che si è diffuso negli ultimi decenni. Ma un pensiero dissonante che non ha contatti con il reale non è utile, è uno schermo che però non modifica le carte in tavola. E questo sembra essere proprio il carattere di tutti questi partiti. Il loro progressivo alienarsi dalla realtà.
Il legarsi sempre più stretto ad un’ideologia che non ha possibilità di diventare fatto, che si scontra con le necessità e i desideri delle persone. E da qui anche lo scontro perenne con l’anima maggioritaria della sinistra. Non c’è peggior nemico infatti (oggi) per questi gruppetti che il Partito Democratico. Chi ha un po’ di memoria si ricorderà come fu dalla scissione del PSI nel 1921 a Livorno che nacque il PCI. Poi abbiamo avuto la nascita del PSDI, del PSIUP, di Alternativa Socialista, del Partito di Unità Proletaria, di Rifondazione Comunista, di Comunisti Unitari, di Democrazia Proletaria, del PDS, dei DS, dei Comunisti Italiani, della Rosa nel Pugno, del Partito Democratico, di Sinistra Democratica, di SEL, del Partito Comunista di Rizzo, di Sinistra Italiana, di Possibile di Civati, di Liberi e Uguali e di Potere al Popolo.
Ma il pezzo di Linkiesta ci aggiorna dicendo che anche il movimento di Viola Carofalo si è scisso. In quattro diverse formazioni, “battendo ogni precedente record della sinistra italiana”.
Ora anche Liberi e Uguali pare si stia sciogliendo. A meno di un anno dalla sua costituzione il partito è evaporato. Abbiamo letto che il problema è stato la collocazione del partito, con il nucleo dei bersaniani che voleva riconnettersi col PD e gli ex Sinistra Italiana che non volevano saperne di riavvicinarsi al PD, un partito che considerano troppo centrista e quindi politicamente inavvicinabile. I suoi dirigenti preferiscono stringere alleanze a sinistra, per esempio con il Movimento “Dema” che sta elaborando da tempo il sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
Fughe ripetute avevano caratterizzato i primi vagiti del partito di Pietro Grasso, con Civati, Boldrini (non prima di essersi fatta rieleggere in parlamento, però…) e Fassina che avevano subito salutato. Il 24 novembre ci sarà un’Assemblea che dovrebbe decidere il futuro di LeU. Il partito ci arriva sulla scorta di un indirizzo di saluto del proprio leader Pietro Grasso, che ha pubblicato sul sito una lettera ai Comitati in cui dopo aver dato atto delle profonde divisioni interne relative alla collocazione europea e alla conseguente scelta per le prossime elezioni, rimanda ad un indefinito futuro la discussione sulla soluzione di queste questioni, preferendo far riferimento e dare rappresentanza “a quel mondo che esiste e che marcia per la pace, per l’accoglienza, per l’integrazione, per la solidarietà; a quel mondo che manifesta per il diritto universale allo studio; a quel mondo assolutamente plurale che sostiene Mediterranea; a quel mondo che si impegna al fianco dei sindacati per i diritti dei lavoratori che ci sono e per quelli che ci saranno; a quel mondo che vive la questione ambientale come una necessità e un’opportunità di crescita e sviluppo”.
La domanda che si pone è: se ci sono leader che vogliono rappresentare questo mondo e sostenitori che vorrebbero appoggiare queste idee, perché il tutto non riesce mai a tradursi in un progetto politico credibile? Una piccola carrellata sulle pagine Facebook di Enrico Rossi, Pierluigi Bersani, Laura Boldrini e Roberto Speranza, rileva che non hanno inserito alcun riferimento alla sorte di Liberi e Uguali; Speranza e Bersani hanno ancora il simbolo in apertura; forse per loro il partito è solo uno strumento?
Intanto sul fronte del PD la confusione regna sovrana. Ci sono 6, o forse 7 candidati alla segreteria del partito: Zingaretti, Boccia, Richetti, Damiano, Corallo, Minniti e forse Martina. Nessuno sa cosa farà Renzi. La consigliera regionale Tarasconi ha detto chiaro e tondo all’Assemblea a tutti questi leader: “Ritiratevi tutti. Liberate il PD”. Eppure tutta questa masnada politica occupa ancora uno spazio enorme sui nostri media e non si sa perché.