Il Corriere del Sud Mercoledì 22 Maggio 2017
Un’analisi storica e sociale del caos siriano. Un monito ai pericoli che corre l’Occidente
2011-2017… e ancora non si vede la fine. Neanche le due guerre mondiali del secolo scorso sono durate tanto, ma allora il nemico era evidente, adesso più sfumato e difficili le strategie.
Le Primavere arabe hanno elevato l’instabilità del Medio Oriente e delle nazioni africane che si affacciano sul Mediterraneo e la lezione libica ha impedito il ripetersi dello stesso errore in Siria, ma gli equilibri in campo sono molto complessi: politici, economici, religiosi ed etnici.
Il volume appena pubblicato dalla casa editrice D’Ettoris di Crotone ha un titolo significativo: Comprendere il caos siriano. Dalle rivoluzioni arabe al jihad mondiale (pp. 391, € 22,90) ed entra nella spinosa questione della tragedia siriana per capirla e cercarne di trovare una difficile via d’uscita. Scritto a quattro mani da Randa Kassis e Alexandre del Valle, la prima è una scrittrice (Le chaos syrien, 2014) e antropologa siriana, il secondo uno studioso di geopolitica che ha al suo attivo pubblicazioni sull’islam radicale e le questioni medio orientali.
Per capire cosa sta accadendo in Siria occorre avere chiara la storia e la sua posizione geografia di questa nazione ed è questo l’oggetto del primo capitolo del volume. La Siria è una delle nazioni più antiche e strategiche del panorama del Medio Oriente, definito dallo storico Fernand Braudel, il «cuore pericoloso del mondo», e al suo interno si intrecciano e si affrontano molteplici identità confessionali ed etniche. L’attenzione degli autori si concentra sull’analisi e la comprensione delle Primavere arabe (cap. 2) stato per stato entrando nel cuore delle varie rivolte fino alla terribile guerra civile siriana.
Ma il Medio Oriente è ricco di minoranze e solo comprendendo la loro realtà si può capire il conflitto siriano. Di questo si occupa il terzo capitolo che analizza le varie componenti confessionali ed etniche del mosaico siriano. Da questa analisi nasce quella che per i due autori è l’unica via d’uscita: il federalismo che, fra l’altro, è già praticamente in atto vista la divisione de facto del paese.
E i cristiani che fine faranno? Unica possibilità di sopravvivenza è la protezione, per loro come per le altre minoranze minacciate dall’islamismo, del clan alauita che costituisce il 12/14% della popolazione siriana e che sono concentrati nel nord-ovest del paese. Considerati impuri e infedeli dai sunniti sono sempre stati oggetto di persecuzioni e di particolare ferocia da parte degli islamisti tanto da far immaginare quale sarebbe la loro sorte in una Siria «liberata» dal regime alauita-baathista. Il partito Baath è al potere in Siria dagli anni 1960 e ha sancito la rivincita degli alauiti sugli odiati sunniti. Una storia che spiega una parte delle crisi attuali.
L’ultima parte del saggio è dedicata alle prospettive future per l’uscita dalla crisi, uscita che non potrà prescindere dal coinvolgimento di tutti gli attori in causa: la Russia, l’Iran, l’Irak e, ovviamente, gli Stati Uniti e la Turchia. Un vero e proprio coinvolgimento mondiale dove appare all’orizzonte anche la Cina, non completamente disinteressata per i problemi al suo interno.
Chiudono il volume alcune utili cartine geopolitiche per inquadrare la distribuzione delle minoranze, le prospettive dello stato islamico e la presenza russa.
Abbiamo parlato del libro e fatto alcune domande ad Alexandre del Valle.
Come nasce il suo interesse per la Siria e qual è il ruolo di quel paese negli equilibri medio orientali?
L’interesse per la Siria risale all’epoca della guerra del Libano, tra il 1987 e il 1990, quando mi interessai alla situazione d’inferiorità e di persecuzione delle minoranze cristiane e ebraiche in terra d’islam («Dhimmitudine»). In questo ambito mi recai parecchie volte a Beirut con amici cristiani dell’Ordine di Malta nell’ambito di missioni umanitarie di soccorso ai cristiani d’Oriente e poi nell’ambito di una mia tesi di Laurea in scienze politiche per la quale studiai la situazione dei Maroniti e dei cristiani in generale in Libano nel loro tentativo di difendersi di fronte agli attacchi dei musulmani palestinesi sunniti e poi di fronte all’invasione della vicina Siria e del movimento terrorista sciita Hezbollah che volevano loro usurpare il potere nazionale.
Questo mi ha permesso di allargare le mie ricerche al Medio e Prossimo Oriente in generale e m’interessa all’evoluzione della Siria degli Assad, padre e figlio. Poi, ben prima delle rivoluzioni arabe e dopo la sconfitta militare delle forze libanesi di fronte ai musulmani, incontrai un’oppositrice siriana molto interessante, Randa Kassis, la quale mi propose di scrivere un libro di fondo, non solamente sulla Siria e il «Caos siriano», ma sul mondo arabo in generale, partendo dalle rivoluzioni arabe, le «primavere arabe», che si trasformarono rapidamente in un «inverno islamista radicale».
Quali sono state le complicità occidentali che hanno portato a minimizzare per tanto tempo la tragedia siriana?
Nel libro, Randa Kassis, che fece parte dal Consiglio Nazionale Siriano e adesso presiede la sua propria organizzazione di opposizione «Movimento per la società pluralista», ed io, abbiamo voluto mostrare la complessità intrinseca di questo prossimo Oriente, e anche le contraddizioni e complicità di alcuni paesi occidentali che, in funzione pro-saudita, pro-qatari e pro-turca, hanno appoggiato come in Libia o altrove (Afghanistan, Bosnia, ecc) le forze dell’islamismo radicale politico contro il regime pro-russo e nazionalista baathista di Bashar al-Assad, regime controllato dalla minoranza sciita-eretica laica degli alauiti.
Secondo noi, benché la dittatura di Assad vada condannata, la strategia dell’Occidente atlantista che consiste nel facilitare l’obbiettivo di reislamizzazione concepito dai Fratelli musulmani e dalle potenze islamiche sunnite saudita-qatari-turca, è contrario all’interesse delle nostre società aperte e occidentali giudeo-cristiane, e soprattutto significherebbe la fine della presenza delle minoranze cristiane in medio e prossimo Oriente.
Nello stesso modo, il «regime change» e le «guerre democratiche» lanciate dagli anni 1990 dagli Stati Uniti e altri paesi della NATO contro i paesi alleati di Mosca (l’ex-Yugoslavia, l’Irak, la Libia, e magari la Siria ‒ non hanno potuto a causa dei Russi, ma volevano rovesciare Bashar al-Assad a beneficio dei Fratelli musulmani come in Libia, cioè a beneficio delle forze islamiche radicali sunnite) sono secondo noi suicide e stupide.
Mostriamo in questo saggio che con questi obbiettivi pro-islamici, col fatto di considerare «moderate» tutte le forze islamiste sunnite siriane fuori dell’ISIS, l’Occidente ha lavorato contro se stesso nel lungo termine. Poi, quest’Occidente, ancora profondamente anti-russo e influenzato da visioni strategiche-geopolitiche che risalgono alla Guerra Fredda, è secondo noi incapace di definire chiaramente il nemico principale: il Totalitarismo islamista legato ai nostri «strani amici sunniti» del Golfo. Da li nasce la lotta contro l’ISIS ma nello stesso tempo l’appoggio a tanti altri movimenti jihadisti sunniti siriani pericolosissimi come Ahrar al Sham, Nureddin al Zinki o le legioni di Fratelli musulmani combattenti e altri gruppi salafiti ribelli.
Infine, l’errore assoluto dell’Occidente sin dall’inizio del caos siriano è di aver umiliato e trascurato le posizioni di due grandi potenze che contano, l’Iran sciita e la Russia, che erano state escluse dai negoziati, quando l’Occidente voleva costruire una Siria nuova post-Assad con le sole forze islamiche sunnite e rifiutava in funzione ipocritamente moralista l’esigenze di Teheran, Mosca e Damasco di associare alla tavola dei negoziati lo stesso regime. Il regime di Assad faceva ovviamente parte del problema, ma anche della soluzione, visto che rimane una delle principali forze sul teatro di guerra aiutato dagli eserciti russi e iraniani senza dimenticare le milizie sciite irachene, iraniane e libanesi (Hezbollah). Quest’errore fu anche di rifiutare il realismo e di schierarsi solo con le forze sunnite escludendo quelle sciite-irano-russe.
Questa mancanza di realismo e questa demonizzazione del solo regime di Assad, accusato di essere l’unico colpevole della guerra civile e dei massacri, e la volontà di riconoscere come uniche forze ribelli d’opposizione i movimenti sunniti islamisti nemici di Teheran e Mosca, ha portato ad una reazione della Russia che ha permesso la sopravvivenza del regime di Assad e ha fatto capire all’Occidente che il mondo post-guerra fredda deve diventare più multipolare e che non può solo essere concepito a partire dai soli interessi dell’Occidente e dei suoi alleati sunniti del Golfo.
E’ la ragione per la quale Randa Kassis, ora membro di una delle poche delegazioni d’opposizione laica e anti-islamista, è molto appoggiata da Mosca, che teme una futura Siria sunnita islamista e vuole preparare al contrario le condizioni per una nuova Siria pluralista che garantisca la sicurezza delle minoranze non sunnite e non-arabe (cristiani, sciiti, alauiti, druzi e Kurdi, Armeni, ecc).
Come convivere con l’islam e ci saranno possibilità per i cristiani di continuare a vivere in medio oriente?
Sarà possibile se aiutiamo le forze nazionaliste laiche come il regime del presidente Al-Sisi in Egitto, il regime degli Emirati arabi uniti, alleato del primo e in guerra contro i Fratelli musulmani, un regime siriano laico magari senza Assad ma baathista e alauita che garantisca la protezione dei cristiani e delle minoranze, la Giordania del Re Abdallah che è molto tollerante con i cristiani e li protegge e sicuramente il vecchio e grande amico della Francia e dell’Italia che è il Libano, senza dimenticare le forze kurde in Siria e in Irak, e le tendenze più moderate in Irak, Libia.
Le minoranze cristiane hanno bisogno della nostra voce e di regimi laici o non islamisti, quindi, ciò che gli Americani hanno fatto dagli anni 1990 distruggendo il regime baathista di Saddam Hussein che proteggeva i cristiani iracheni e aiutava militarmente i cristiani del Libano, è stato l’esatto contrario di ciò che andava fatto… È tempo secondo noi di costruire un mondo multipolare con la Russia e di smettere di riprodurre la strategia della guerra fredda che consisteva nell’appoggiare e addestrare dappertutto le forze islamiche radicali anti-cristiane in funzione anti-russa.
Come vede il ruolo della Russia nel futuro della Siria e del Medio Oriente?
Questo ruolo è essenziale, non va trascurato, e il nostro errore fu di trascurarlo per troppi anni, invece di associare la Russia all’Occidente e all’Unione europea. Ricordiamo che Putin, appena arrivato al potere nel 2000, propose all’Occidente di bombardare l’Afghanistan dei Talebani e di Bin Laden. L’Occidente rifiutò questa grande alleanza “alter-occidentale” o “pan-occidentale” perché il suo scopo prioritario era di erodere progressivamente il territorio del “vicinato” russo come Afghanistan, Azerbaijan, Georgia, Ucraina, Mar Nero, e i nostri dirigenti hanno fatto anche il contrario di ciò che doveva essere fatto: hanno aggredito strategicamente e geopoliticamente Mosca sostenendo tutte le forze anti-russe in questa zona post-sovietica.
Ora, è necessaria un’alleanza-riconciliazione con la Russia. Bisogna che l’occidente smetta di minacciare il “vicino strategico russo”, e partecipi di più all’edificazione del mondo multipolare fondato sul rispetto delle sovranità di ogni zona geo-civilizzazionale