La Cnewa di Beirut lancia un appello per aiutare la Chiesa locale siriana ad affrontare una potenziale“catastrofe umanitaria” per le comunità cristiane di Aleppo
Marco Tosatti
In Siria ci sono comunità cristiane di diverse denominazioni; i greci ortodossi, la comunità più ampia, sono in genere situati a occidente, e a Damasco, cioè in aree controllate dal governo. I siriaci, al secondo posto come numero di aderenti, si concentrano a est dell’Eufrate. Vivono in una zona di terra fertile, confinante a nord con le zone curde della Turchia, e a est con il Kurdistan iracheno.
La maggior parte dei cattolici e degli armeni è concentrata nell’area centrale della Siria, e in particolare nella provincia di Aleppo, vicina al confine turco. L’area è stata infiltrata in maniera pesante dai ribelli e ha vissuto combattimenti intensi. Le Nazioni Unite hanno calcolato che circa 300mila siriani abbiano abbandonato il Paese, e un milione e mezzo siano sfollati all’interno della Siria. I cristiani hanno seguito lo stesso cammino, ma non si sono rifugiati nei campi allestiti in Turchia e il Giordania; hanno trovato ospitalità in Siria e Libano, ma la loro situazione diventa di giorno in giorno più drammatica.
Il quadro degli spostamenti dimostra una volontà di “pulizia religiosa” da parte dei ribelli islamici nei confronti dei cristiani. A Homs i ribelli hanno espulso il 90 per cento dei cristiani e confiscato le loro abitazioni con la forza. Fonti locali riportavano che i militanti passavano di porta in porta nei quartieri di Hamidya e di Bustan al-Diwan, obbligando i cristiani a fuggire, senza dar loro il tempo di prendere le loro cose. Circa 50mila cristiani si sono dovuti rifugiare nei villaggi, nella valle dei Cristiani, a Damasco e a Tartous.
A Qusayr, a 15 km da Homs, la popolazione cristiana (circa diecimila persone) è stata obbligata a fuggire, in seguito a un ultimatum del capo ribelle Abdel Salam Harba. Dai minareti delle moschee è statao rilanciato l’ultimatum: “I cristiani devono lasciare Qusayr in sei giorni, che spirano questo venerdì”.
Rableh, un piccolo villaggio circa 25 km a nord I Homs, vicino a Qusayr, era abitato da circa 7mila persone, greco-cattolici e maroniti. Cinquemila cristiani di Homs si sono rifugiati lì, stretti nella tenaglia di un assedio imposto dai ribelli e di un contro assedio organizzato dalle forze governative. Il villaggio è un campo di battaglia.
E anche a est, a Deir-ez-Zor, uno dei terminali del genocidio compiuto contro gli armeni dai turchi nel 1915, ci sono violenze contro i cristiani. Circa 500 famiglie cristiane hanno dovuto lasciare le loro case in seguito alle minacce dei militanti opposti al regime, e si sono rifugiati nella città di Al-Hasske, a maggioranza curda.
Ad Aleppo, teatro di violenti scontri e di saccheggi da parte dei ribelli, che hanno portato alla distruzione dello storico mercato coperto, il più grande del mondo, la situazione non è chiara. Ad Aleppo c’è una grande popolazione cristiana, e i combattimenti sono ancora in corso, rendendo impossibile stabilire un conteggio delle famiglie sfollate. Secondo la Cnewa “visto il livello di distruzione e violenza ci attendiamo di trovarci ben presto di fronte a una reale catastrofe umanitaria”.
La Cnewa di Beirut ha lanciato un appello per aiutare la Chiesa locale siriana ad affrontare questa emergenza. Da maggio 2012 ad oggi si è stati in grado di aiutare 1571 bambini, oltre 2300 famiglie, e mille studenti sfollati con la distribuzione di aiuti di vario genere, per un ammontare di circa 220mila dollari. Ma naturalmente le necessità sono in costante aumento, sia perché il numero degli sfollati è in aumento, sia a causa dell’approssimarsi dell’inverno, che renderà ancora più difficile la vita degli sfollati.