Versione completa e originale dell’articolo pubblicato su l’Indipendente Giornale d’opinione dal Nord, Milano 18 Maggio 2015 con il titolo: “Crisi dell’Occidente/2 – No, solo il cristianesimo ci dice chi siamo”.
I socialisti utopisti e romantici dell’Ottocento, e i guevaristi della domenica della seconda metà del secolo XX, amavano definire Gesù “il primo rivoluzionario della storia”. Poi Karl Marx ha spazzato via tutto con la scientifizzazione del socialismo e i suoi attuatori hanno sbattuto nel Gulag gli ultimi epigoni di quell’antica scempiaggine.
Da allora paragonare Gesù a Marx è come paragonare Adolf Hitler a un rabbino. Basta un giro nei cimiteri dei troppi Paesi schiantati dal totalitarismo comunista per sincerarsene, ma non farlo porta a quei gravi scompensi del pensiero che immaginano un cristianesimo nichilista fondato su un annullamento di sé para buddista e su un pauperismo da chiliasmo ereticale d’antan.
Sono tesi peraltro vecchie. Ci hanno già fatto carriera Friedrich Nietzsche, Julius Evola e l’intera compagnia del GRECE di Alain deBenoist. La vecchia tiritera sul cristianesimo che avrebbe debosciato e poi piegato la virtuosa civiltà greco-romana incanta infatti solo quelli con gli scaffali della biblioteca li tengono vuoti.
A parte il fatto che i virtuosi greco-romani, oltre a regalarci cose eccelse come la metafisica dell’essere e il diritto, ogni tanto se lo mettevano volentieri nel sette proprio come amava fare un buon numero di nazionalsocialisti, la qualcosa cristiani o non cristiani non è mai una bella cosa, forse bisognerebbe ripassare la storia dei ceti senatoriali, dell’esercito e della crème della società romana che restarono affascinati subito dal cristianesimo, e come, dice bene lo storico francese Jean Dumont (1923-2001), più che altro rafforzarono quel che ancora c’era da rafforzare nel mondo antico invece di ucciderlo.
Rileggere dunque Gustave Bardy (1881-1955) o Marta Sordi (1925-2009),Rodney Stark o Ilaria Ramelli.
Pensiamo alla Legione tebea, ai tanti santi militari, all’indefessa fedeltà dei cristiani verso l’impero salvo la bestemmia, ovvero quando gl’imperatori, facendo torto a se stessi e al meglio della latinitas, imposero l’assurda e orientale adorazione divina di sé. Quella cioè che manda in sollucchero i nietzscheani e gli evoliani amanti delle satrapie orientali; che,secondo la lezione di Karl A. Wittfogel, alligna nel DNA dell’utopia autocratica del socialcomunismo ieri e nella pulsioni autoritarie della Russia odierna; è che è pure alla base del sogno del califfato universale. Il contrario esatto, insomma, dell’ideale della monarchia univeralis cristiana.
Perché il cristianesimo ha dato, a noi e al mondo, tutto: dalla partita doppia inventata in un convento francescano (si studi Oreste Bazzicchi) agli occhiali con cui si leggeva nel Medioevo, dai mulini che hanno estinto la schiavitù ai vertici più raffinati del pensiero. Tant’è che i suoi avversari sono sempre antioccidentalisti smaccati.
Non è una tesi noialtri originale nemmeno questa. Giuliano Ferrara, ai tempi d’oro de Il Foglio, parlò di stanchezza dell’Occidente. Vero, verissimo. Una stanchezza che è figlia del suo ventre molle, la democrazia, quel mito incapacitante che oggi ci ammutolisce, ostaggi della tolleranza e del garantismo davanti ai vari al Qaeda o ISIS. Suona neocon? Menomale. La stanchezza dell’Occidente democratico è però roba illuminista, eresia sporca del cristianesimo. Non del cristianesimo.
Non sappiamo (più) reagire perché del cristianesimo abbiamo preso solo l’eresia, non la verità. E l’eresia non è una devianza, è il capovolgimento della dottrina. In vetta non c’è più Cristo ma Voltaire. Altrimenti avremmo ancora i crociati, i vandeani, i maroniti libanesi. Quel che fa ben sperare sono gli assiri cristiani che rispondono colpo su colpo al nemico mentre noialtri neoilluministi facciamo gli occhioni dolci all’ONU.
Del resto l’islamismo non è imbattibile. La teologia cristiana fondata sulla metafisica greca ne è un solvente potente. La risposta militare, quando serve, a una teologia che è aggressiva sin dal secolo VII pure. Ma soprattutto è il nichilismo, questo sì, insito nelle frange più estremiste e assetate di morte dell’islam a consumarlo inesorabilmente da dentro.
I molti sussulti estremistici che da secoli lo attraversano sono stati tutti sempre e inesorabilmente riassorbiti dalle masse musulmane stesse, umane sin troppo umane pure esse. È un falso mito caro alla mentalità superomista e un po’ antisemita (quella che punta l’indice contro “il socialismo ebraico”) degli antioccidentalisti di professione l’idea che l’islam sia puro e imbattibile.
Anche l’islamismo si smorza, con i petrodollari e l’acqua di fuoco. Infatti la recrudescenza del terrorismo islamico dal 2000 in qua è principalmente una guerra civile intraislamica, una guerra civile che va avanti da che islam è islam. L’Occidente? Ha già dato prova sufficiente di antinichilismo con la Reconquista nella Penisola iberica. Appena smetterà di piangersi illuministicamente addosso e di commiserare la propria depressione giacobina tornerà a smagliare e a guidare il mondo come faro di civiltà.
Gli sproni esterni servono. La prima volta che gli europei si sono riconosciuti e sono stati riconosciuti come tali fu alla battaglia di Poitiers con Carlo Martello, per contrasto a quelli che, musulmani, un nome-identità già l’avevano. Erano i cristiani, quelli interi, non le mammolette che si contrabbandano per tali.
Viva dunque, se il Direttore me lo permette, l’Occidente, cristiano, anche quando in ginocchio e flaccido. L’uomo non è mai stato un problema, ma sempre la soluzione. Accadrà anche stavolta; ci siamo solo impigriti un attimo per colpa di Voltaire.