Le ragazze inglesi vogliono tempi più stretti per abortire di meno
Le inglesi possono fare tutto, programmare tutto, perfino farsi contare, per centosettantanove sterline, gli ovuli ancora disponibili in corpo per i successivi due anni, in modo da sapere con esattezza quante possibilità restano per diventare mamme, e se è il caso di sbrigarsi oppure c’è ancora tempo.
Possono abortire fino alla ventiquattresima settimana, che significa fine del quinto mese, pantaloni che non si chiudono già da un po’, calcetti che si sentono e sembrano farfalle nella pancia, sesso che si conosce da almeno un mese e mezzo, bambino che si mette il dito in bocca e sbadiglia e sorride, sono cose che sanno tutti, almeno da quando esiste l’ecografia. Ma le ragazze inglesi non vogliono farlo più, e stanno chiedendo a Tony Blair di cambiare la legge.
Attraverso un grande sondaggio commissionato dall’Observer, il domenicale di sinistra che appartiene allo stesso gruppo del Guardian: il risultato è formidabile, poiché il quarantasette per cento delle donne intervistate ritiene che il limite di tempo legale per abortire vada ristretto, e un altro dieci per cento chiede addirittura che la pratica venga messa “completamente” fuori legge.
Ragazze tra i sedici e i sessantaquattro anni. Solo una persona su tre è d’accordo sul mantenimento del limite alla ventiquattresima settimana, e in questo caso la maggioranza è maschile. Poi c’è un due per cento di donne che invece vorrebbe diminuire ulteriormente il limite, cioè aborti al settimo mese (e il cinque per cento degli uomini è d’accordo).
Il sondaggio ha fatto velocemente il giro del paese, e il cardinale Murphy O’Connor, leader dei più di quattro di milioni cattolici inglesi, è andato immediatamente dai politici per sottolineare l’evidenza di quei dati, ha spiegato che “C’è stato un risveglio morale negli ultimi anni riguardo all’aborto: l’opinione pubblica inglese si è immersa nella realtà, e ha cancellato l’idea dell’interruzione di gravidanza come semplice diritto femminile”.
Soprattutto è ormai noto che, grazie ai progressi della scienza, un bambino di ventiquattro settimane può quasi tranquillamente sopravvivere fuori dal corpo della madre, e quindi è difficile parlare ancora di interruzione di gravidanza.
E’ almeno dall’anno scorso che si riparla di aborto in Inghilterra, da quando Michael Howard, ex capo dei conservatori, disse che, se avesse vinto le elezioni, avrebbe abbassato il limite massimo a venti settimane. Adesso il suo successore, David Cameron, propone che si fissi invece un momento tra la ventesima e la ventiduesima settimana.
E anche Tony Blair ha detto che il governo deve prepararsi a rivedere i limiti della legge sull’aborto: ma il ministro della Salute, Patricia Hewitt, ha spiegato sabato di essere contraria a ogni restrizione: “E’ molto difficile per una donna meditare sul momento finale, hanno invece bisogno di consigli e aiuto”, ha detto.
Tony Belfield, dell’Associazione di pianificazione familiare, ha spiegato che è assurdo pensare di ridurre i tempi, una donna potrebbe non rendersi nemmeno conto, fino alla diciannovesima settimana (quarto mese inoltrato) di essere incinta, o vivere una relazione burrascosa che non le dà modo di decidere in fretta.
All’inizio, nel 1967, anno dell’Abortion Act che per la prima volta rese legale l’aborto in Inghilterra, le settimane erano ventotto, settimo mese, fino a quel momento il feto non era ritenuto “vitale”. Il limite è stato abbassato soltanto nel 1990. Duecentomila donne abortiscono ogni anno in Inghilterra, più o meno come negli anni Settanta, ma quasi il novanta per cento lo fa entro le dodici settimane. Vorrebbero, forse, che fosse legge. Significa che la controtendenza è cominciata, ed è cominciata dalle ragazze inglesi. (ab)