di Carlo Bellieni
Mtv, la televisione di tendenza liberal seguita dai ragazzi per i video musicali, ma anche trasgressiva e sbarazzina, ha colto di sorpresa, piacevolmente: con il fiorire di telefilm e fiction sulla maternità adolescente. Non si tratta dei possibili scontati discorsi di sapore enciclopedico su pillole e anticoncezionali: c’è anche quello, ma il fatto nuovo è che si raccontano storie di teenager che restano incinte e non abortiscono.
C’è anche il seguito: Teen Mom che fa raccontare dalle ragazze il mondo delle puerpere giovanissime.E nel telefilm Vita segreta di una teenager americana, Amy, una quindicenne intelligente e di talento, rimane incinta dopo una sola notte con Ricky, ragazzo difficile della scuola che, dopo un iniziale rifiuto, decide di aiutare la protagonista.
Mamme per caso, special trasmesso il 15 maggio, è forse il più emblematico: l’espressione «per caso» indica forse la superficialità del rapporto sessuale, ma soprattutto la normalità dell’accettazione del bambino «non programmato». E commuove. Una bella diciannovenne dice: «Tra cambiare tutta la tua vita e dire “abortisco” ho scelto la prima strada. Era più semplice: l’aborto è sbagliato, è un trauma. Il panico era dirlo ai miei». Le fa eco un’altra: «Sono un po’ più grossa, ma non si vede. E non mi dà problema».
E così via, parlando di vita, aborto, anticoncezionali, ginecologi, ecografie: finalmente qualcuno dice che l’arrivo di un figlio non è una tragedia; è un imprevisto, una fatica, un grosso cambiamento, ma è un dato di fatto. Le protagoniste dei programmi di Mtv hanno preso atto di questa realtà e hanno dato una svolta positiva alla loro vita: «Se uno non voleva tenersi il bambino per andare a ballare, è una persona stupida!».
Vengono in mente gli spot pubblicitari di automobili con lo slogan: «Tutto il resto può aspettare» riferito alla famiglia, dove una ragazza preferisce un paio di scarpe viste in vetrina all’idea di avere un figlio o dove un uomo abbraccia la maestra, mentre tutti gli altri si sobbarcano i figli all’uscita da scuola: che abisso di prospettiva.
E non sono programmi su ragazze religiose: molte di loro restano single o convivono; ma forse è proprio qui la forza: le protagoniste disegnano infatti una normalità — che non è solo quella di chi crede — in cui dicono: «Quanto sono fortunata a non aver interrotto la gravidanza!».
Questi programmi intaccano una fobia modernista: la paura di fare figli. Tutto il sesso che si vuole ma niente figli è l’imperativo di oggi: bloccano la carriera, il divertimento. In Italia le ragazze, a detta dell’Istat, progettano una famiglia con tanti figli, ma poi si riducono ad averne uno, massimo due, perché tutto nella società impedisce loro questo sogno.
I programmi in questione non invogliano a rapporti precoci, non inducono alla superficialità, anzi spiegano la durezza di diventare mamme a 18 anni, oggi, e di diventarlo senza una famiglia. Ma vedere questi ventenni padri e madri è toccante perché riporta a una normalità che non esiste più: fare figli e mettere su famiglia da giovani, nel tempo dettato dall’orologio biologico, è oggi in Italia, come in altri Paesi, un’eccezione. Anche per la difficoltà a trovare lavoro, certo, ma soprattutto per un motivo culturale che presenta figli e famiglia solo come un ostacolo alla vita «vera».
I programmi di Mtv sono fatti bene, mentre il rischio di altri che vogliono essere per forza edificanti è che se ne sente talvolta la forzatura: si cerca il lieto fine a tutti i costi o si evitano certi argomenti, e invece il dramma oggi è che di aborto e maternità non si parla proprio. Si parla di leggi, di «metodi», di diritti, ma nessuno racconta in modo reale cosa sia abortire, cos’è un bimbo, come è dura e bella la famiglia. Racconta una ragazza: «È normale che un bimbo ti cambi la vita. Un giovane si vuole divertire e ora sto più a casa. Certo. Ma ora sono diventata mamma. Sono più dolce, con lui e con gli altri».
D’altra parte non si nascondono le difficoltà: «L’azienda non ti prende se sei incinta»; oppure: «Lavoro in un call center, quattro ore al giorno: è tutto quello che ho». Con un forte implicito richiamo alla responsabilità di chi detiene le chiavi del lavoro che, quando manca, non favorisce la famiglia nell’età più propizia. «A questo mondo a tutto c’è rimedio» dice nel programma una neo-nonna.
Sarebbe bello che non ci fosse solo «rimedio» ma strade spianate per chi vuole avere figli da giovane, almeno come quelle che si trova davanti chi pensa di abortire; ma la differenza è abissale. Le ragazze che hanno tenuto il bambino sorridono, raccontano, talvolta diventano tristi, ma continuano a raccontare e sembrano guardare i telespettatori come si guarda chi non ha capito un grande segreto.
Non si pretende da questi programmi un secco no all’aborto; per creare una cultura diversa è sufficiente mostrare, raccontare: la forza della vita si afferma da sé. Basta non censurarla.