Le staminali embrionali, che comportano l’uccisione di embrioni, possono dare luogo a rigetto, infezioni e tumori. Invece quelle adulte, il cui uso è eticamente ineccepibile, hanno già conseguito più di 70 risultati terapeutici. Ma i media ingannano.
di padre Giorgio Maria Carbone
A mo’ di premessa ricordo che le cellule staminali sono cellule in tutto o in parte non specializzate, che conservano la capacità attiva di differenziarsi in altre linee cellulari e che si distinguono in base alla fonte da cui sono prelevate: saranno cellule staminali embrionali se sono ricavate dai tessuti di un vivente allo stadio embrionale, in particolare allo stadio di blastocisti, cioè intorno al sesto-settimo giorno dal concepimento; oppure saranno cellule staminali adulte se sono estratte da tessuti che hanno già compiuto almeno in parte una certa specializzazione.
Che le cellule staminali embrionali siano altamente instabili, possano facilmente espandersi in modo indifferenziato e, quindi, generare forme di tumori, continua ad essere documentato scientificamente in questi ultimi mesi da molteplici studi condotti nei laboratori di varie parti del mondo. Così come continuano le conferme che le staminali embrionali, trasferite in altri soggetti, danno luogo a infezioni e crisi di rigetto.
Tuttavia, la grande stampa italiana persevera nel tacere queste informazioni che, invece, sono divulgate all’opinione pubblica degli altri Paesi. Visti gli insuccessi, anzi i fallimenti delle ricerche e delle applicazioni che fanno uso di staminali embrionali, molti ricercatori hanno concentrato le proprie indagini sulle staminali adulte. Per cui in questo settore si stanno moltiplicando non solo le pubblicazioni di carattere scientifico, ma anche le sperimentazioni su modelli animali e le applicazioni terapeutiche sull’uomo. Particolarmente promettenti sono le cellule staminali adulte estratte dal tessuto mesenchimale.
Questo tessuto è caratterizzato dal fatto che le sue cellule non sono a contatto tra di loro, ma sono sempre separate da una sostanza intercellulare più o meno abbondante prodotta dalle cellule stesse. Dalla differenziazione del mesenchima prendono origine vari tipi di tessuto connettivo: tessuti mucosi, tra cui gelatina di Wharton (quella contenuta nel cordone ombelicale) e la polpa dentaria, tessuti elastici, reticolari, cartilagini, tessuto osseo, sangue, linfa, i tessuti emapoietici mieloidi e linfoidi, tessuto adiposo.
In questo campo di ricerca l’Italia sta diventando un paese leader, nonostante che i fondi pubblici stanziati per la ricerca scientifica siano stati drasticamente tagliati. L’equipe bolognese del prof. Carlo Ventura, ordinario di biologia molecolare, ha isolato nella placenta successiva al parto cellule staminali umane, le ha coltivate in un terreno di coltura con molecole sintetizzate artificialmente, la cui proprietà è di orientare la differenziazione delle staminali mesenchimali in cellule miocardiche e vascolari e di generare fattori capaci di salvare il tessuto cardiaco da un’estensione dell’infarto.
Queste cellule umane, così coltivate, sono state trapiantate nel cuore di topi, cui era stato provocato l’infarto. Il risultato: nessuna crisi di rigetto e un recupero del 90% della funzionalità cardiaca dei topi. Inoltre, si noti che pur trattandosi di uno xenotrapianto, non è stato necessario somministrare ai topi degli immunosoppressori. Le staminali adulte mesenchimali umane sono state tollerate in modo ottimo dal sistema immunitario ricevente senza alcun segno di rigetto. In questi giorni l’equipe bolognese sta iniziando la sperimentazione sull’uomo.
Un altro studio leader è quello condotto da Antonio Uccelli e Gianluigi Mancardi, che hanno usato staminali mesenchimali per curare la sclerosi multipla. Questa è una malattia autoimmune, nella quale il sistema immunitario attacca se stesso, aggredendo il rivestimento di mielina delle fibre nervose, provocandone una degenerazione e un conseguente deficit nella loro funzione. L’esperimento è stato condotto su topi affetti da encefalomielite sperimentale autoimmune, i quali hanno ricevuto per endovena cellule staminali mesenchimali prelevate dal midollo osseo di topi sani.
La prospettiva che ci si augurava era duplice: 1) bloccare l’attacco del sistema immunitario alla mielina delle fibre nervose, perché le staminali mesenchimali abitualmente inibiscono la proliferazione dei linfociti, cioè delle cellule responsabili della risposta immunitaria; 2) differenziare le staminali in neuroni.
I risultati sono stati:
1) i linfociti T e B hanno cessato di aggredire la mielina. Quindi la progressione della sclerosi si è arrestata;
2) non si è verificata la differenziazione delle staminali in neuroni;
3) si è verificata un’attività protettiva nei confronti delle strutture nervose con minore sofferenza a danno dei neuroni.
Questi sono già risultati incoraggianti: si blocca la progressione della malattia degenerativa, soprattutto nelle forme meno avanzate. A Genova, è partito lo studio pre-clinico su un numero esiguo di pazienti in fase avanzata della malattia. Insomma, fino ad oggi le patologie curabili con staminali adulte sono ben 72, mentre le staminali embrionali non hanno dato luogo a nessuna prospettiva di terapia.
Un altro studio particolarmente incoraggiante è quello condotto dal ricercatore giapponese Shinya Yamanaka il quale è riuscito a individuare il metodo per riprogrammare le cellule adulte. Innanzitutto nelle sperimentazioni sui topi ha identificato i quattro geni che presiedono alla riprogrammazione delle cellule adulte ed è riuscito a innescare il processo di ringiovanimento delle cellule. Poi, ha applicato la stessa tecnica a cellule somatiche umane, queste si sono riprogrammate e sono giunte a un livello di pluripotenza simile a quello delle staminali embrionali.
Il punto dolente per ora resta che per trasferire i quattro geni riprogrammatori sono usati dei retrovirus, i quali entrano all’interno della struttura cromosomica e spesso originano patologie come il cancro. Quindi, la ricerca si sta orientando per trovare un mezzo di trasferimento dei geni alternativo ai retrovirus. Infine, questa scoperta dimostra ancora una volta come sia possibile ottenere staminali pluripotenti senza sacrificare esseri umani di vita embrionale e queste staminali, appartenendo allo stesso paziente, non danno luogo al rischio del rigetto.
Perché questo risultato, 72 a zero, non viene gridato dai grandi mezzi di comunicazione?
In primo luogo per un motivo ideologico: alcuni gruppi vogliono continuare a trattare l’essere umano allo stadio embrionale alla stregua di una cosa, manipolabile e sopprimibile a piacimento. In secondo luogo per un motivo economico: per decenni sono stati investiti miliardi di dollari per mettere a punto tecniche e molecole per l’uso e la coltivazione delle staminali embrionali, e queste tecniche e molecole sono protette da brevetti registrati a livello internazionale.
Se la ricerca scientifica abbandonerà, come è verosimile ed eticamente auspicabile, la pista delle staminali embrionali, questi brevetti diventeranno carta straccia. Per questi due motivi quelle lobbies, che hanno investito e registrato brevetti sulle staminali embrionali, continuano a far pressione sull’opinione pubblica promettendo la guarigione da malattie terribili: promesse false che illudono le speranze di tanti malati, promesse gridate sui media di tutto il mondo e poi smentite con trafiletti invisibili, annunci che hanno lo scopo di dirottare dalle staminali adulte a quelle embrionali, non solo l’attenzione dei media, ma anche ingenti somme di finanziamenti pubblici e privati.
Bibliografia
Aldo Mazzoni (ed.), Staminali. Possibilità terapeutiche – rapporti tra scienza ed etica, ESD, 2007 (saggio molto aggiornato nel quale compaiono anche due capitoli del prof. Carlo Ventura e il censimento delle malattie oggi curabili mediante le staminali adulte).
Sergio Zaninelli, Scienza, tecnica e rispetto dell’uomo. Il caso delle cellule staminali, Vita e pensiero, 2001
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