La Nuova Bussola quotidiana 27 Maggio 2017
di Marco Respinti
Due ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, Shmuel Pietrokovski e Moran Gershoni, hanno reso pubblici i risultati di un importante studio genetico nato come indagine sulle cause della sterilità umana. Ne emerge che ben 6500 geni si attivano in modo diverso nei maschi e nelle femmine, anche in reazione ai farmaci, poiché, a seconda che appunto appartengano a un maschio o a una femmina, quei geni sintetizzano diversamente le proteine. Per la scienza si tratta di un’acquisizione tanto sorprendente quanto importante.
Ovvio, infatti, che il dimorfismo sessuale tra maschio e femmina umani, o certe caratteristiche tipiche dell’uno e dell’altra, siano dovute a un modo diverso di esprimersi di geni uguali, ma i risultati ottenuti dalla ricerca del Weizmann Institute si spingono più in là. Si parla infatti di differenze importanti, talora decisive, nel determinare il modo di essere fisico, e appunto persino l’insorgere di talune patologie con la conseguente responsività relativa ai farmaci atti a curarle, del maschio e della femmina, identici nel loro essere umani diversi l’uno dall’altra.
Tracciando dunque una mappa dettagliata di questi geni i due ricercatori israeliani hanno dovuto arrendersi ad alcune evidenze che non obbediscono affatto a certe presunzioni correnti. Per esempio quelle legate all’ipotesi evoluzionista, oggi data per scontata ma che evidentemente così scontata non è così come si è scoperto al Weizmann Institute. Constata infatti Gershoni che «più un gene è specifico a un sesso e meno su quel gene è visibile la selezione». Tradotto, significa che l’azione della selezione naturale debitamente “spiegata” negli schemi intellettuali evoluzionistici come motore della speciazione per mutazione genetica non viene invece riscontrata dall’osservazione scientifica degli esseri viventi.
Di più: più si ha a che fare con individui concreti, tanto unici quanto irripetibili proprio nella loro individualità (ben denotata, per esempio, dalla sessualità: un maschio è sempre un maschio, e non è interscambiabile ad libitum con una femmina, e viceversa, con buona pace dell’ideologia di gender), più l’effetto della selezione naturale come motore di speciazione per mutazione genetica non è attestato.
Un interessante servizio su questa scoperta trasmesso lunedì 8 maggio da TGR Leonardo evidenzia bene l’impasse. La diversa reattività mostrata dai geni a seconda del sesso, dice la giornalista Cinzia di Cianni, «[…] dimostra che le differenze tra i sessi vanno ben oltre quelle più appariscenti, fino a delineare una storia evolutiva interconnessa ma distinta». Due punti: primo, le differenze tra maschio e femmina sono intrinseche alla loro natura specifica di maschio e di femmina, tanto che persino la loro natura biologica ugualmente umana è (parzialmente) diversa a seconda del sesso.
Secondo, l’“evoluzione” dell’essere umano è un enigma enorme, tanto che bisogna postularne non una bensì due, una per i maschi e l’altra per le femmine, evoluzioni in qualche modo “parallele” eppure distinte. Conclusione: l’evoluzione è un’astrazione cui la realtà si ribella e che va dunque continuamente rimodulata, ma ogni rimodulazione equivale a una smentita. Tant’è che alla fine è costretta ad affermarlo la giornalista stessa, la quale, sintetizzando la ricerca del Weizmann Institute, dice: «Dal punto di vista evolutivo, la cosa non ha senso. Ogni mutazione che provoca la riduzione della prole minacciando la sopravvivenza della specie dovrebbe essere eliminata dalla selezione naturale, ma lo studio mostra invece che più grandi sono le differenze di espressione di un gene tra uomini e donne, minore è la selezione sul quel gene, e questo vale soprattutto per gli uomini. Ecco perché, ad esempio, le mutazioni che ostacolano la formazione dello sperma» ? la ricerca è stata avviata appunto per indagare le cause della sterilità umana «non scompaiono come ci si aspetterebbe».
Insomma, il postulato secondo cui l’evoluzione avanzerebbe per effetto di una selezione naturale che a livello genetico premierebbe le caratteristiche più adatte alla sopravvivenza costringendo quelle meno adatte all’estinzione si comporta invece in modo contrario. Colpo al cuore del dogma evoluzionista centrale. In natura l’evoluzione non si comporta affatto come sta scritto nei libri degli evoluzionisti. Lo afferma la scienza “evoluzionista”. Dal punto di vista evolutivo, la cosa non ha senso: lo afferma la RAI.